Armin Hofer, una leggenda del Val Pusteria, dice addio all’Hockey giocato.

Armin Hofer, una leggenda del Val Pusteria, dice addio all’Hockey giocato.

(MG) Sono trascorsi pochi giorni, dalla comunicazione ufficiale del ritiro dall’hockey giocato di Armin Hofer, una vera a propria “leggenda sportiva” del Val Pusteria e della Nazionale Italiana.

Con la sua uscita di scena, che segue di pochi anni quelle di Armin Helfer e Patrick Bona, si chiude – è proprio il caso di dire – una pagina della storia della società giallonera ed anche per questa ragione, ci è sembrato doveroso contattarlo per capire – “a caldo” – le sue impressioni legate alla decisione di appendere i pattini al chiodo.

Armin è già stato difficile per me vederti giocare con una maglia diversa da quella giallonera e lo scorso anno quando – per scrivere di AHL – salivo a Collalbo, il vederti con quella “trikot” rossoblu, mi faceva una certa impressione. Adesso pensare saperti “pensionato” mi pare ancora più strano, anche perché, a meno di una assenza per squalifica, non ho ricordi che tu abbia mai saltato una partita nei tanti anni trascorsi a giocare sulle rive della Rienza. Tu come ti immagini a vedere l’hockey alla TV?

L’hockey è sempre stato la mia passione e lo rimarrà anche in futuro. Mi piace seguire vari campionati e lo sviluppo di giocatori, soprattutto di quelli che ho conosciuto e visto in campo durante la mia carriera. Sono curioso di vedere come mi sentirò a casa sul divano oppure sugli spalti degli stadi quando seguirò questo sport da un punto di vista diverso.

Cosa si prova ad essere entrati nella storia dell’hockey brunicense? Ad essere considerati un esempio per l’attaccamento ai colori sociali e per il comportamento sportivo tenuto nei tanti anni di carriera? Hai in mente di trasmettere questi valori e questo esempio ai più giovani?

Sono molto grato di aver potuto praticare l’hockey a Brunico per tantissimi anni. Per me è sempre stato un privilegio poter giocare per la squadra della città nella quale sono cresciuto. Sapere che c’è gente che apprezza il mio comportamento in e fuori campo è sempre stato uno stimolo a dare il meglio. Mi piacerebbe trasmettere quello che ho imparato ad altri giocatori, ma ad ora non ho piani concreti.

Nelle oltre 1700 partite incluse quelle dei settori giovanili, disputate dal 1994 ad oggi, sei stato la bandiera e, per alcuni anni, anche capitano dei Lupi. Quali sono stati i momenti più felici e quelli che vorresti tenere chiusi per sempre dentro un cassetto?

Ho vissuto tanti momenti bellissimi in campo, ma la cosa più bella per me sono le amicizie che ho fatto nel corso della mia carriera. Nel settore giovanile il gruppo della mia età era un gruppo fantastico e appassionato con il quale ho imparato a giocare a hockey divertendomi ogni giorno. Durante la carriera nella prima squadra e in nazionale la pressione ovviamente è diventata più alta, ma ho sempre incontrato dei compagni di squadra che mi hanno fatto considerare lo stadio, l’autobus e gli alberghi dei posti nei quali ci si diverte e ci si passa il tempo con veri amici.

Vogliamo concludere questa intervista con un ringraziamento – al giocatore ed alla persona – che per la sua serietà sulla pista ghiacciata e fuori ha contribuito ad avvicinare (incluso chi scrive) tante persone a questo meraviglioso gioco che si chiama Hockey su ghiaccio.

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