Bolzano – Mario Vinci: “il Varese è più squadra”

Bolzano – Mario Vinci: “il Varese è più squadra”

di Marco Depaoli

Intervista a Mario Vinci, dirigente da tanti anni dell’Hockey Club Bolzano, registrata venerdì 18 febbraio 2005 durante “Spazio Hockey”, Radio Padania Libera. In studio Edoardo Tin, Fabio Dragoni, Stefano Sala e Marco Depaoli.

Iniziamo subito con un piccolo giallo, segnalatoci proprio adesso da Andrea Confalonieri, giornalista de “La Padania”: nel pomeriggio il giornalista de “Il Giorno” Ambrogi, in una telefonata a Renzo Stenico, ha scoperto del tutto casualmente che anche la terna arbitrale di domani, comunicata oggi in via ufficiale con un comunicato stampa, verrà sostituita con quella di Colcuc, che già arbitrò gara 1. A Varese sono nati dei sospetti e dei veleni, a Bolzano cosa vi risulta?
«No, noi abbiamo ricevuto come tutte le società il comunicato che portava Stella come capoarbitro. Nessuno ci ha comunicato questo cambio, come non ci avevano comunicato il cambio della terna di ieri a Bolzano. Domani quando arriveremo negli spogliatoi vedremo… sorpresa… Vorrei solo specificare che Bolzano, come altre nove società, ha chiesto alla federazione arbitri stranieri per i play-off. E non è stata concretizzata… a voi le conclusioni. Per me può arbitrare uno o arbitrare l’altro, ma se nove società si sono espresse (nove perché mancava l’Alleghe in quella riunione) in questi termini, vuol dire che più o meno tutti avevamo le stesse opinioni. Quindi una terna vale l’altra».

Secondo lei sarebbe veramente un vantaggio un arbitraggio straniero nei play-off. Forse i nostri giocatori, più che gli stranieri, non riuscirebbero a seguire tale linea, mi riferisco soprattutto a sgambetti e trattenute che da noi vengono fischiati molto meno.
«Ma sarebbe ora. Abbiamo elevato il livello dell’hockey in Italia, artificialmente, questo si sa, ci sono questi giocatori Nhl, c’è possibilità di spettacolo… Io penso che sia opportuno applicare le regole della Iihf che vigono in tutta Europa, che puniscono le trattenute, i falli che di solito nei campi italiani non vengono fischiati. Anche perché noi vediamo che quando le nostre nazionali vanno all’estero sono regolarmente punite, e giocano gran parte della partita in quattro. Ci sono degli arbitri che stanno facendo abbastanza bene, anche se non hanno esperienze estere. Io dico che si è alzato talmente il livello quest’anno in Italia, che nei play-off, per garantire a tutte le squadre di avere pari opportunità, l’arbitro straniero ci sembrava indicato. Poi non è stato possibile da parte della Federazione accontentare le società, ne prendiamo atto, e a questo punto si ritorna con le solite terne arbitrali. Io ho stima per Stella, per Colcuc… grandi problemi spero che non ce ne siano. Serve che un arbitro abbia il coraggio di prendere le decisioni che deve prendere, e di non farsi condizionare dall’ambiente, o di Bolzano o di Varese. Cercare di tenere in piedi una partita e di non farla andare in rissa, se è possibile».

Passando all’hockey più prettamente giocato, a questa serie entusiasmante tra Bolzano e Varese, incerta fino all’ultimo; Bolzano, contro quasi tutte le aspettative, è passata sotto di un 2-0 nella serie. Ieri è riuscita a recuperare andando sul 2-1. Quali sono secondo lei le cause di questa doppia sconfitta, forse un problema legato alle dimissioni di Fuhrer alla vigilia di play-off o qualcos’altro, oltre ai meriti di un Varese che sta giocando molto bene?
«Dall’analisi che abbiamo fatto sulle prime due partite, Varese ha giocato come una squadra, ha fatto il lavoro che doveva fare nei play-off, s’è sacrificato molto, ha dato poco allo spettacolo e molto alla concretezza. Il Bolzano ha, se mi permettete il termine, gigioneggiato: le prime due partite le ha interpretate molto alla larga, ha lasciato grossi spazi esponendosi al contropiede, cosa che non si è verificata nella terza partita, in cui la squadra ha tenuto un comportamento difensivo maggiore. Quindi secondo me la chiave di volta è che il Bolzano non può prendere sotto gamba l’impegno come ha fatto all’inizio perché Varese s’è dimostrata un’ottima squadra che sa dove vuole arrivare e come fare ad ottenere al risultato. Pertanto il Bolzano se vuole superare questa fase del campionato dovrà impegnarsi al massimo, rispettando gli avversari e sapendo che sono pericolosissimi».

In gara tre mancava quella che poteva essere la vostra punta di diamante, Belanger; quanto può avere inciso questo fatto? Mi spiego, può succedere a volte che anche un grandissimo giocatore, messo magari in una determinata situazione, non riesca a rendere al meglio…
«Il fatto di non poter schierare Belanger può essere stata una consapevolezza per la squadra di dover mettere in campo altre armi. Forse ci siamo fidati troppo della classe di questo giocatore che quando è in vena, quando ha voglia, quando vuole può anche decidere da solo una partita. Ne ha decisa più di una da solo e la squadra stavolta invece ha dovuto contare sulle proprie forze, credere di più nella disciplina tattica, ottenendo un risultato migliore. Adesso se hanno imparato la lezione, domani dovranno metterla in pratica quando, pur potendo schierare Belanger, dovranno ripetere una partita molto attenta sulla fase difensiva. Il fatto che si abbia un Belanger non autorizza nessuno a dire “va beh, tanto abbiamo questo Schaefer o questo Belanger che possono risolvere la partita…”. Tutta la squadra deve responsabilizzarsi e cercare di capire che senza l’aiuto di tutti non si va da nessuna parte».

Quindi ci sottolinea ancora una volta il concetto che nelle prime due partite il problema è stato proprio il non essere squadra rispetto a Varese.
«Certo, questa è una disamina che abbiamo fatto noi a Bolzano, ognuno poi può giudicare le cose come meglio crede. A mio modo di vedere tecnicamente, forse come classe, il Bolzano ha qualcosa di più. Varese è più squadra e adesso lo scontro si giocherà sotto questo aspetto. Varese ha dimostrato di avere un gran gruppo, oltre che ottimi giocatori, nessuno vuole toglier loro meriti: Sisca come dicevate, lo stesso Chimera…, tanti ottimi giocatori. Ma forse qualitativamente lo Schaefer o il Quint hanno qualcosa in più. Tuttavia questo non vuol dire che con questi giocatori si possa fare la differenza, se il resto della squadra non partecipa attivamente».

Questo forse è un problema creatosi dalla non continuità in spogliatoio e soprattutto dal rapporto difficile tra i giocatori e Fuhrer, secondo la sensazione che si provava leggendo giornali e siti internet e anche secondo quanto si sentiva in Svizzera, di questo allenatore che anche nelle sue passate esperienze non ha mai lasciato ricordi positivi in spogliatoio e non ha mai saputo trarre il meglio dal materiale a sua disposizione non trovando mai questo concetto di gruppo che deve saper esprimere una squadra. Facendo poi un passo indietro, mai come quest’estate il Bolzano s’è mosso sul mercato in anticipo, e già poche settimane dopo la fine della stagione 2003/2004 ha cominciato a mettere le prime basi per il nuovo anno: con l’arrivo di Zarrillo come direttore sportivo sono arrivati diversi giocatori ma quello che hanno ipotizzato in tanti durante questa stagione riguardo al “male” che ha portato i biancorossi a non giocare secondo le attese, è che forse il Bolzano ha sbagliato nel costruire prima la squadra a pensare dopo all’allenatore.
«Sono d’accordo. Non solo probabilmente è stato un problema di valutazione da parte della società di aver fatto la squadra, e solo dopo scelto l’allenatore, ma, visto che la squadra è improntata chiaramente su canadesi, la scelta sarebbe dovuta cadere su un allenatore canadese. Tante volte questi aspetti vengono sottovalutati e poi magari con l’andare avanti della stagione queste situazioni vengono alla luce. Voi dovete sempre però tenere presente un discorso: Bolzano ha fatto una scelta, che poi è abbastanza logica per la situazione storica di Bolzano; di cercare di fondere giocatori italiani, possibilmente altoatesini, con giocatori esteri, possibilmente bravi. Varese ha una squadra impostata su un certo numero di transfer card. Il Bolzano invece è la classica squadra semiprofessionista in cui deve convivere una situazione abbastanza difficile, nel senso che non abbiamo giocatori professionisti, abbiamo gente che lavora, gente che studia. È pertanto più difficile per un allenatore ottenere il massimo della squadra, cosa che chiaramente si potrebbe ottenere magari con una squadra in cui ci sono magari 18/19 giocatori professionisti che fanno hockey a tempo pieno, ai quali si può chiedere anche di più. Da noi è un po’ più difficile gestire questo gruppo e Fuhrer, che è abituato a un hockey svizzero professionale, ha cozzato contro questa difficoltà di semiprofessionismo, pretendendo magari delle cose alle quali i giocatori non erano abituati, sia mentalmente che nelle loro reali possibilità».

E Lundmark, l’Nhler partito a stagione in corso, è uno sbaglio della società o dell’allenatore?
«Diciamo che Zarrillo ha fatto il suo esordio come direttore sportivo della società, ha fatto delle scelte e non tutte le scelte sono risultate azzeccate. Però poi nel corso della stagione, come tutte le squadre con lo stop dell’Nhl, abbiamo potuto sopperire ad alcune scelte sbagliate di partenza, e alla fine la squadra, secondo me, ha assunto una connotazione abbastanza valida».

Scelta azzeccata invece quella di Fernholm. Forse è la prima volta che in Italia arriva un giovane di così ottime prospettive. Però si dice che purtroppo il Djurgardens l’abbia richiamato perché qui giocava troppo.
«No, no. Il Djurgardens ci ha prestato il giocatore per un mese. C’era la possibilità di poterlo eventualmente trattenere ove il Djurgardens ritenesse la cosa fattibile. Il timore che avevano gli svedesi è che riaprisse l’Nhl e partissero questi giocatori di cui si erano nel frattempo riforniti. Le loro informazioni erano su una possibilità concreta che l’Nhl ripartisse e hanno richiamato il giocatore. Ce l’hanno riofferto successivamente quando si sono resi conto che difficilmente l’Nhl sarebbe ripartita, ma purtroppo questo si è verificato dopo il termine stabilito dalla federazione per ritesserare il giocatore. E non è stato più possibile riaverlo con noi».

Si ringrazia Mario Vinci e l’HC Bolzano.

Ultime notizie
error: Content is protected !!