Peter Stimpfl racconta dei due titoli conquistati in “A2”

Peter Stimpfl racconta dei due titoli conquistati in “A2”

(dal sito dell’Ora SC) – Abbiamo parlato con Peter Stimpfl, un giocatore cresciuto nelle nostre giovanili, di  pensieri e emozioni provate in questi ultimi anni disputati nel campionato di A2.
Peter ha dedicato molto tempo e ci ha raccontato molto accuratamente delle sue stagioni passate.

Peter, hai vinto 2 titoli di fila. Come li confronteresti? 

È sempre molto difficile confrontare 2 titoli avendoli vinti con 2 squadre diverse. Direi che è sempre molto particolare vincere un campionato. Ci si investe un anno intero e comporta anche sacrifici nel confronto della famiglia e dei propri amici. Quindi è sempre una sensazione stupenda sapere che il duro lavoro ha portato a un grande risultato, vincere il campionato.

Come hai vissuto la tua esperienza a Milano in confronto di Appiano?

Milano per me è stata un’esperienza particolare. Era il mio primo anno lontano da casa e quindi dovevo cavarmela da solo. Ho avuto fortuna, conoscendo già con chi sarebbe stato il mio futuro coinquilino Peter Wunderer. Avevamo giocato insieme nella stagione 2008/2009. Questo fattore di sicuro mi ha facilitato le cose. Devo dire che la società HC Milano è molto professionale, anche se per motivi economici milita in serie A2 l’organizzazione è di una squadra di A1. Inoltre il 95% dei giocatori sono professionisti e quindi non hanno un lavoro secondario, quindi non avevamo mai problemi per gli allenamenti e potevamo farne anche 2 al giorno. Avevamo accompagnatori che si occupavano dell´attrezzatura e del lavaggio del materiale, uno staff medico molto competente e un fisioterapista che ci seguiva anche in trasferta. Tutto ciò è importante, ma non serve a nulla se non c’è un forte collettivo di squadra. In squadra c’erano 6 altoatesini che andavano molto d’accordo tra di loro e con il resto della squadra. Il gruppo era molto unito e forte ed ha contribuito all’andamento positivo del campionato. Alla fine posso dire che è stata un’esperienza molto importante per me e non la dimenticherò mai.

Cosa c’era di diverso tra l´Appiano ed il Milano?

Da Milano ad Appiano… Per me significava passare da una metropoli mondiale ad un paesino. Ho affrontato il trasferimento con sensazioni diverse, anche perché non sapevo cosa mi aspettava. Proprio per questo mi sono meravigliato in positivo di cosa ho trovato ad Appiano. Ero già a conoscenza della buona organizzazione della società sia per la prima squadra che per le giovanili. Quello che mi ha colpito di più era il fatto che tutto lo staff e i collaboratori svolgevano i loro compiti gratis e solo per passione per la società. Questi dopo aver svolto il loro lavoro erano ancora così motivati e sacrificavano il loro tempo libero per dedicarlo alla squadra. Questo era una motivazione in più per dare il massimo e raggiungere grandi obiettivi.
Un’altra differenza tra Milano ed Appiano è sicuramente lo spirito di squadra. Se già a Milano c’era molto affiatamento tra compagni, ad Appiano il gruppo era ancora più unito. Era come una grande famiglia, sia sul ghiaccio che fuori dal campo. Spesso ci si incontrava prima di una partita per pranzare insieme o si passava insieme la serata prima. Tutti erano ben accetti anche se non sempre tutti avevano il tempo di esserci. Tutti questi fattori hanno sempre più unito la squadra rendendola un gruppo molto forte. Sicuramente non eravamo la squadra più talentuosa del campionato ma di sicuro avevamo la volontà più grande di vincere il campionato.

Quale titolo è stato quello più importante e difficile?

Penso che non si possano mettere a confronto 2 titoli. Sono sempre emozioni uniche vincere un campionato ed io ho ha avuto il privilegio di vincerne 2 consecutivi. Tutte e 2 le volte è stato molto avvincente.
Nel 2012 siamo arrivati fino al secondo overtime, ciò significa che avevamo giocato già per 80 minuti prima che un gol ci coronasse campioni. Nel 2013 invece tutte la serie finale di partite contro il Vipiteno era molto avvincente. Pochissimi gol e quindi quasi tutte le partite si vincevano o perdevano per 1 gol di scarto. Quindi la nostra difesa era stata impegnata molto, soprattutto il nostro portiere Mark Demetz è cresciuto di partita in partita ed è riuscito a tenere inviolata la nostra porta per tutta la serie finale. Sportivamente parlando il titolo con l’Appiano forse è stato più bello per il semplice motivo che non avevamo i giocatori singoli, ma si è vinto come gruppo e nella fase dei play off siamo cresciuto molto. Nell’ultimo minuto della partita finale ero fermo alla balaustra e guardando l´orologio i secondi sembravano non passare mai, sembravano minuti. Il parziale era di 1 a 0 per noi ma come si sa, nell’hockey in pochi secondi può cambiare tutto. La tensione era altissima, quasi insopportabile. -10 secondi… Eravamo in possesso del disco, e io mi guardavo attorno – 9 … Tutti i miei compagni stavano pensando alla stessa cosa -8 … Non commettere un errore proprio adesso -7… Il disco volò oltre la linea blu -6… Bene, niente icing -5… si iniziano a vedere i primi volti rilassati -4.. alcuni giocatori cominciarono a sorridere -3.. un’altra boccata d’aria -2… Con una gamba oltre la balaustra -1.. tutto lo stadio trattiene il fiato 0… CAMPIONI
Quando senti suonare quella sirena, l’intera pressione accumulatasi durante le ultime settimane svanisce e da posto ad una forte sensazione di soddisfazione. Tutti si abbracciano. I tanti tifosi accorsi sono fuori di se. Ormai è finita. Tutte le ore di duro allenamento sul ghiaccio, a secco, le analisi delle partite, le trasferte, gli allenamenti di sabato e di domenica e tanto altro ancora. Tutti questi sacrifici vengono ripagati dall’emozione che ti da il momento in cui senti suonare quella sirena e sei campione.

Storie come solo lo sport può scrivere.
N.B.  Dopo la sirena ci sono stati grandi festeggiamenti. Ma questa è un’altra storia.

Nella prossima stagione 2013/2014 giocherò ancora per l’Appiano nella INL. Tutta via quest’anno non sarà come gli anni passati perché purtroppo è venuto a mancare un amico. Io lo vedevo come un mentore, al quale potevo chiedere qualsiasi cosa anche se non aveva a che fare con l’hockey. Aveva sempre una risposta o una battuta pronta. Ma soprattutto è stato lui al epoca a dirmi di cercare una nuova sfida personale e cosi a permettermi di fare nuove esperienze. Senza di lui oggi non potrei raccontarvi questa storia. Grazie Tobi

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