Intervista a Pat Cortina e Stefan Mair

Intervista a Pat Cortina e Stefan Mair

Di Alessandro R.

QUEBEC CITY – Negli scampoli finali del secondo tempo del match contro la Russia, abbiamo intervistato Pat Cortina, ex allenatore azzurro, e Stefan Mair, neo coach dei Lupi di Brunico.

HT: Una Russia troppo forte per gli azzurri: dopo la prima partita dell’Italia quali sono le sue impressioni?

PC: Come hai detto te la Russia è troppo forte, l’Italia ha tenuto bene il primo tempo poi i russi nel secondo hanno alzato il ritmo e non siamo stati in grado di tenere il passo. Dobbiamo tutti ricordarci però che non sono queste le partite da vincere per l’Italia; l’importante è non uscirne distrutti moralmente.
SM: E’ ovvio che il divario tecnico è notevole, basta vedere i nomi: Ovechkin, Fedorov, Semin…Sono fortissimi, ma ho visto troppo rispetto da parte nostra. Le cose positive sono la verve di Scandella, un Chitarroni ancora molto in forma, Borgatello che sta lottando come un leone. E’ ovvio che bisogna cercare di limitare i danni contro squadre del genere, è normale, ma non bisogna partire troppo timorosi.

HT: La Danimarca contro la Rep.Ceca ha dato l’impressione di provarci: non poteva osare qualcosa di più l’Italia?
PC: La Danimarca gioca un hockey molto veloce, pattinano molto e creano gioco; magari la Repubblica Ceca ha concesso un po’ troppo. Ma l’Italia deve difendersi, quindi ha cercato di fare questo finchè ha potuto.
SM: Appunto, come dicevo prima, siamo stati troppo passivi; la Russia è fortissima, ma dimentichiamoci che l’anno scorso li abbiamo impensieriti non poco, costringendoli a fare molta più fatica…

HT: Se fosse al posto di Goulet cosa direbbe ai ragazzi per ripartire dopo una gran batosta come questa?
PC: Bisogna dimenticare il risultato! Il risultato non era la cosa importante, fondamentale prima della partita e non deve diventarlo adesso che il bilancio è negativo è pesante. Adesso è importante giocare degli ultimi 20 minuti semplici e tranquilli che aiutino a preparare al meglio la partita contro la Danimarca, che è quella importante. Ora bisogna cercare di fare quello che sappiamo fare per preparare la prossima, questa difficilmente si rimedia, ed anche rendendo meno pesante il passivo bisogna comunque vincere la prossima.
SM: La squadra ha abbastanza esperienza per capire quali sono le priorità e per capire quali sono le partite da vincere. Dopo una sconfitta del genere bisogna cercare di far capire che possiamo fare meglio, più aggressivi e fare meno errori, perchè abbiamo regalato troppi dischi. Tutte cose, insomma, che l’Italia può e deve fare meglio.

HT: La prossima partita contro la Danimarca rappresenta la vera “finale” per l’Italia: secondo lei abbiamo buone possibilità o il relegation round sarà difficile da evitare?
PC: No, no; abbiamo bisogno, come dicevo, di un buon terzo tempo per acquisire fiducia nei nostri mezzi e nel nostro modo di giocare. L’Italia le “finali” negli ultimi anni le finali difficilmente le sbaglia; basti vedere quello che è successo l’anno scorso e quello precedente…
SM: Quando ci sono le partite che contano, quelle da vincere l’Italia ha sempre fatto la sua partita, riuscendo a tirare fuori di più di quanto ci si aspetti.

HT: Ci racconti qualcosa della sua impresa sportiva alla guida dell’Ungheria… E inolte, quali sono i punti di forza della sua squadra e le prospettive, ai prossimi mondiali ed in ottica futura?
PC: E’ la prima volta dopo 70 anni che l’Ungheria partecipa ai mondiali gruppo A; l’umiltà di chi vuole emergere e l’orgoglio su tutti. Abbiamo provato a giocare un hockey semplice adatto alle nostre qualità. Da quattro o cinque anni a questa parte la realtà ungherese sta crescendo molto, però abbiamo 16 palazzi del ghiaccio in tutto il paese e 2000 tesserati, 1000 dei quali di più di 25-30 anni di età: piano piano si può crescere, l’importante ora è svegliare l’interesse e l’attenzione sul movimento. Vedendo la Russia stasera mi spavento a pensare che l’anno prossimo toccherà a noi… l’importante è partecipare, e questo sta calamitando attenzione in tutto il paese.

HT: Un’ultima domanda: l’anno prossimo dove la vedremo? A lungo l’abbiamo sentita dai “rumors” molto vicino a diverse squadre di serie A…
PC: Rimango in Germania, non è ancora ora di tornare in Italia.

HT: Facciamo un passo indietro e diamo un’occhiata alla stagione passata: come è riuscito a trasformare una squadra di bassa classifica in una quasi finalista? C’è mancato davvero poco per vedervi lottare per il titolo…
SM: E’ sempre un insieme di cose. Siamo stati fortunati a scegliere degli stranieri forti e secondo me il nostro punto di forza era il pattinaggio: avevamo una squadra che pattinava veloce e forte, che riusciva a fare delle rapide transizioni, questo è stato secondo me il nostro marchio di fabbrica.

HT: E’ di questi giorni la notizia che la vedrà sedersi sulla panchina del Brunico la prossima stagione: dopo le voci che la volevano sulla panchina del Lugano come Assistent-coach, cosa l’ha spinta a firmare per la squadra pusterese?
SM: Diciamo che è stata una scelta difficile, molto difficile: Brunico è stata la prima società a contattarmi ed è stata quella ad insistere di più. Già da due mesi mi hanno chiamato ed è stata una scelta dura perchè in val di Fassa mi sono trovato molto bene. E’ stato un insieme di cose a far pendere l’ago della bilancia: Brunico vuole intraprendere un lavoro a lungo termine e vorrebbe che rimanessi lì per più di una stagione. E’ stato firmato solo un pre-contratto, ed i dettagli sono ancora tutti da definire, ma vorrebbero impostare un progetto a lunga scadenza, che includa anche il progetto di portare il Dobbiaco in a2 come farm-team fra qualche anno. C’è un grosso entusiasmo intorno alla squadra: per darvi un’idea quest’anno sono arrivati a chiudere le iscrizioni dei bambini, perchè con 42 nuovi arrivati tutti i posti disponibili sono stati esauriti! Una cosa che in Italia non avevo mai sentito: Brunico in questo senso è davvero un’isola felice nel nostro panorama hockeystico. Mi ha influenzato anche il fatto di aver giocato lì tre anni: conosco l’ambiente e la squadra. Con il Lugano c’è stato un contatto, ho sentito Slettvoll, che avevo conosciuto nella sua breve esperienza di Bolzano; ho sentito anche il Renon e lo stesso Bolzano e diverse altre squadre.

HT: Un bell’attestato di stima per un allenatore giovane…
SM: L’importante per me è stare con i piedi per terra e continuare a lavorare duro come sempre. Un allenatore è giudicato dai risultati: e l’unica strada per arrivare a dei buoni risultati è il lavoro duro e la capacità (e la fortuna) di creare la giusta amalgama tra giocatori e coach.

Si ringraziano Pat Cortina e Stefan Mair per la disponibilità.

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