Le avversarie dell’Italia: Kazakistan e Canada

Le avversarie dell’Italia: Kazakistan e Canada

Dopo la vittoria ai mondiali casalinghi del 2019, il Kazakistan torna in Top Division dopo 3 anni con una squadra che appare più solida che in passato e promette di dare filo da torcere agli avversari, candidandosi al ruolo di possibile sorpresa. Parlare di nazionale kazaka è come parlare del Barys Nur-Sultan: la squadra della capitale, portabandiera del paese in KHL, fornisce infatti la quasi totalità degli elementi, staff tecnico compreso, alla rappresentativa nazionale.  Attraverso il Barys passano anche le naturalizzazioni degli stranieri che in numero sempre crescente ottengono la cittadinanza del paese asiatico. Dai primi “pionieri”, i nordamericani Dustin Boyd, Brendon Bochenski e Kevin Dalmann, si è arrivati oggi a ben sei naturalizzati. L’ultimo arrivato, che debutterà proprio al mondiale lettone, il difensore svedese Victor Svedberg. Nonostante l’indubbio apporto dei “nuovi kazaki”, nel paese cominciano ad esserci voci contrarie a questi passaporti facili. Se giocatori come il portiere Henrik Karlsson o il difensore canadese Darren Dietz, quest’ultimo addirittura capitano della squadra, si sono guadagnati il rispetto dei tifosi dimostrando un sincero attaccamento alla maglia del loro nuovo paese, esprimendosi correntemente in russo e partecipando alla vita sociale e culturale del Kazakistan, altri sono stati accusati di aver accettato la cittadinanza solo per denaro. In particolare, l’attaccante Nigel Dawes, dal 2016 cittadino kazako, ha declinato le convocazioni in nazionale dal 2018, con la motivazione di dover recuperare dalla lunga stagione KHL e non ci sarà nemmeno a Riga, scatenando le ire dei tifosi che hanno chiesto provvedimenti da parte della Federazione.

LA SQUADRA: con una pausa forzata di due anni, in cui la nazionale ha giocato appena alcune amichevoli estive contro la Corea del Sud ed un torneo casalingo lo scorso febbraio, vinto contro Bielorussia e Russia B, è difficile dire quale sia oggi lo stato di forma e la forza del Kazakistan. Basandosi sulla performance del Barys in KHL, si può dire che sia stata un’annata non troppo positiva: la squadra ha concluso la regular season al sesto posto nella Eastern Conference ed è subito uscita al primo turno dei playoffs contro il Metallurg Magnitogorsk, con Darren Dietz miglior marcatore della squadra, con 36 punti (17+19). Roman Starchenko e Nikita Mikhailis sono gli unici altri giocatori presenti nelle parti alte della classifica marcatori della lega. Henrik Karlsson si è alternato con il finlandese Jani Ortio a guardia della gabbia, chiudendo con un buon 0.927%, tuttavia, seppur convocato come portiere titolare, ha deciso all’ultimo giorno prima di volare a Riga, di abbandonare il ritiro dopo non aver trovato un accordo salariale per il rinnovo del contratto col Barys, anche se ufficialmente la Federazione ha parlato di motivi famigliari. Karlsson ha poi dichiarato che non avrebbe giocato i Mondiali in quanto, essendo senza contratto, non voleva correre il rischio di infortunarsi in una fase di ricerca di una nuova squadra. Al suo posto è stato convocato Demid Eremeev del HK Temirtau.

Quest’anno le squadre kazake che normalmente prendono parte alla seconda lega russa: Saryarka Karaganda, Torpedo Ust-Kamenogorsk e Nomad Nur-Sultan, non hanno potuto partecipare a causa delle restrizioni Covid, concentrandosi sul campionato nazionale, ma con budget ben ridotti. Ha vinto il Saryarka, che fornisce alla nazionale appena il portiere di riserva Nikita Boyarkin. Gli altri sei giocatori non KHL vengono tutti della Torpedo Ust-Kamenogorsk, tranne il difensore del Beybarys Atyrau Ivan Stepanenko.

Il gioco del Kazakistan si basa sulle solide coppie difensive formate tutte da uno “straniero” e da un kazako:  Darren Dietz e Alexei Maklyukov, Jesse Blacker e Yegor Shalapov e Viktor Svedberg e Samat Daniyar, quest’ultimo interessante giovane al suo primo anno in KHL. In attacco la linea migliore è quella Rymarev – Shin – Starchenko, ma attenzione alla velocità di Kirill Panyukov che potrebbe essere la carta a sorpresa in questo mondiale.

LA STELLA: detto di Darren Dietz, il miglior giocatore di questa squadra è certamente Nikita Mikhailis. Attaccante 25enne, figlio del coach Yuri, è cresciuto nel Barys, dove è esploso nel 2018  e da allora si mantiene su livelli elevati. Veloce e dotato di una tecnica fuori dal comune, avrebbe potuto tentare l’avventura in Nord America, ma il fatto di essere considerato da sempre il gioiello del club ha finito per intrappolarlo nel ruolo di bandiera. E’ uno di quei giocatori che uniscono il senso del gol all’intelligenza tattica, come dimostrano le sue statistiche in cui quasi sempre reti ed assists si equivalgono

Il COACH: Yuri Mikhailis, 52enne di Karaganda, è un altro prodotto del sistema Barys. Chiusa la carriera da giocatore, è entrato nello staff tecnico del Barys, facendo tutta la trafila, dalle giovanile al farm team Nomad, che ha guidato al titolo kazako nel 2017 e alle final four di Continental Cup. Da quest’anno è capo allenatore del Barys e della nazionale, di cui era già assistant coach. Pratica un gioco piuttosto classico, di derivazione russa, con grande attenzione alla difesa, in cui la disciplina è l’elemento cardine.

 

Alzi la mano chi avrebbe potuto immaginarsi un Canada a zero punti dopo 3 partite del mondiale, di cui due contro avversari “normali” come Lettonia e Germania. C’è un dato che da solo spiega bene l’eccezionalità di questo evento: l’ultima e unica volta che accadde era il 1920: un’altra epoca e un altro sport. La vittoria con la Norvegia – qualsiasi altro risultato sarebbe stata una catastrofe – e quelle molto probabili con Kazakistan e il Blue Team potrebbero non bastare per la qualificazione, tenendo conto di un ultimo duro impegno con la Finlandia. Un’eliminazione che rappresenterebbe un’onta incancellabile sulla carriera di coach Gerard Gallant, ma anche una macchia sul curriculum di molti dei protagonisti sul ghiaccio. Se il mondo ha assistito a bocca aperta alle sconfitte con lettoni, prima in assoluto nella storia, e tedeschi, la stampa canadese aveva in realtà già manifestato molti dubbi sulle scelte del GM di Hockey Canada Roberto Luongo e di Gallant, accusati di aver costruito un roster di poca esperienza, con troppi giocatori dallo scarso curriculum, sia in NHL che a livello internazionale. Una scommessa con vista sul futuro probabilmente azzardata da parte del management che rischia però ora di bruciare alcuni dei talenti visti nell’ultimo mondiale Under 20 ed il prossimo “crack” del draft, il difensore di Michigan University Owen Power. Dopo la sonora sconfitta 5-1 con gli americani, una sfida che nessun canadese vorrebbe mai perdere, la reazione dei media è stata ancora più pessimistica di quella dopo la sconfitta contro la Lettonia, quando molti avevano sottolineato comunque la grande prova del portiere di casa. “Facciamo finta che anche quest’anno il campionato non si sia giocato”, “Una squadra troppo imbarazzante per essere chiamata Team Canada”: questi alcuni dei commenti dei giornalisti delle maggiori testate. E mancava ancora la terza sconfitta con la Germania, che ha fatto precipitare il Canada in fondo alle statistiche di “scoring efficency”, con la miseria di due gol segnati in 3 gare, prima dei quattro segnati ai norvegesi, capaci comunque di rimontare dallo 0-2.

Che cosa succede al Canada dunque? Probabilmente la spiegazione più plausibile è quella della non eccelsa qualità del roster: quello in pista a Riga è un Canada B o forse addirittura C: con gli NHlers presenti – Dillon Dubé e Andrew Mangiapane dei Calgary Flames, Jacob Bernard-Docker, Connor Brown e Nick Paul degli Ottawa Senators, Cole Perfetti dei Winnipeg Jets e Michael DiPietro dei Vancouver Canucks – che nelle loro squadre non sono certo le stelle più luminose. Aggiungendo che tra questi il solo portiere DiPietro aveva già giocato in un mondiale, peraltro nemmeno da titolare, si può capire come fossero legittime le preoccupazioni di tifosi e giornalisti, ancora prima che il campionato iniziasse. Al di là dei demeriti o della poca qualità dei canadesi, va sottolineata anche la crescita degli avversari: oggi un giocatore di KHL o i migliori della DEL valgono un NHLer di terza o quarta linea (come nel caso dei canadesi). E’ quindi tutto da buttare? La tentazione di rispondere affermativamente è forte e onestamente sarà molto difficile vedere qualcuno dei 25 del roster presenti a Riga in un futuro Team Canada a Beijing, prossimo appuntamento da non fallire per gli uomini con la foglia d’acero sul petto.

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