Franz Sinn – “Andiamo a parlare alle società, per venire incontro a tutti”

Franz Sinn – “Andiamo a parlare alle società, per venire incontro a tutti”

di Marco Depaoli

Dalle frequenze di Radio Padania, durante Spazio Hockey (in studio Marco Depaoli, Stefano Sala ed Edoardo Tin) venerdì 29 aprile, a colloquio con il nuovo Consigliere federale Settore Hockey, Franz Sinn, già giornalista del quotidiano “Dolomiten” e del bimestrale “Top Hockey”, nonché caporedattore del settimanale di lingua tedesca “Zett” e autore in passato degli almanacchi sull’hockey ghiaccio pubblicati nel 1995, 1996 e 1998.

SH: Sono vere le indiscrezioni che vorrebbero la federazione in procinto di vincolare per il prossimo anno la presenza di almeno 10 italiani a referto per ogni incontro di hockey?

FS: «Attualmente stiamo trattando facendo il giro nelle sedi delle società per vedere quali sono le esigenze. Noi sicuramente vorremmo dimezzare le spese che hanno le società, perché tutti hanno debiti fin sopra i capelli visto che chiaramente questo sport, praticato come lo è stato praticato negli ultimi anni, è troppo caro. Tutti si sono indebitati e noi dobbiamo da una parte salvaguardare le società e dall’altra parte guardare gli impegni della nazionale, grossissimi impegni in febbraio del 2006: le Olimpiadi e dal 6 maggio in poi il mondiale di gruppo A a Riga».

SH: Con quali squadre avete già parlato?

FS: «Abbiamo fin adesso fatto due giri: il 26 aprile ci siamo incontrati con Milano, Torino e Varese; proprio ieri eravamo nella sede del Comitato regionale veneto a Feltre e abbiamo parlato con Cortina, Asiago e Alleghe. Quando dico abbiamo parlato mi riferisco alla presenza anche del consigliere di specialità Mario Lievore e il nuovo coordinatore per la parte hockeistica, un personaggio molto noto nell’ambiente hockeistico, che è Karl Linter. Lui faceva già parte dello scorso consiglio, ma avendo un uomo della sua esperienza abbiamo pensato di impegnarlo come coordinatore pagato a cachet».

SH: Avendo già parlato con Milano, Varese, Torino e Cortina, società che in tutti questi anni hanno puntato a un mercato più libero, siete ottimisti sulla possibilità di trovare un accordo sugli stranieri?

FS: «Il Cortina proprio ieri ci ha fatto sapere che è orientato sulla liberalizzazione dei giocatori stranieri, ma ci viene incontro un regolamento che l’anno prossimo adotterà il Coni, che prevede che almeno il 50% dei giocatori sul roster (non è ancora deciso se sono i giocatori tesserati o i giocatori presenti sul foglio di arbitraggio) deve essere italiano a tutti gli effetti. Noi nell’hockey italiano non dobbiamo inventare l’acqua calda perché già qualcuno prima di noi l’ha inventata, basta semplicemente vedere come fanno dalle altri parti del mondo. In Svizzera è un problema a parte perché gli svizzeri sono fieri dei loro giocatori. Noi siamo orientati sulla via della Germania, per esempio, che anni fa aveva 16-18 stranieri e anche lì pian pianino hanno capito che l’hockey era diventato troppo caro. Noi (questo è il mio obiettivo) punterei a limitare gli stranieri con cervello e cuore. Logicamente non si può tagliare da un giorno all’altro tutto quello che è stato comprato perché ci sono squadre che hanno esigenze diverse da altre».

SH: L’idea quindi è quella di arrivare ad avere un 50% di giocatori italiani, ma non a partire dalla prossima stagione?

FS: «L’orientamento è quello di andare oltre a questo 50% perché noi siamo la federazione “italiana”, e dico italiana sport ghiaccio e dobbiamo salvaguardare prima di tutto i giocatori italiani. Se no possiamo togliere la I della sigla FISG e possiamo fare la federazione sport del ghiaccio, così può giocare chiunque, facciamo insomma una lega professionistica. Penso invece che la federazione italiana sport ghiaccio debba svolgere una funzione sociale prima di tutto. Dobbiamo anticipare il regolamento del Coni e sono sicuro che riusciremo a farlo. Ho riscontrato la massima disponibilità da parte del Milano, che pensavo fosse più inflessibile sulle limitazioni degli stranieri. Invece devo dire tanto di cappello per la disponibilità dimostrata dal Milano, forse anche loro sentono questa necessità. Noi non possiamo più permetterci un campionato che è così caro; abbiamo visto l’anno scorso giocatori che andavano e venivano come un porto di mare: le squadre viste all’inizio non erano più le stesse con l’andare del tempo. Prendo come esempio il Bolzano: all’inizio del campionato aveva un certa fisionomia e a fine campionato era tutta un’altra squadra. Dobbiamo anche dare l’opportunità al tifoso di identificarsi un attimo con la squadra del cuore. L’ultima stagione è stata un po’ anomala, per via dello sciopero dell’Nhl. Da quanto si sente in giro probabilmente anche l’anno prossimo ci saranno gli stessi problemi, il che sarebbe una tragedia per l’hockey italiano ma non solo, direi addirittura europeo. Teniamo presente ad esempio che la Russia, che produce giocatori a palate, ha preso Jaromir Jagr…».

SH: E’ importante definire il concetto di “italiani”. Abbiamo parlato dell’importanza di avere un certo numero di italiani a roster… ma gli oriundi ad esempio, come verranno qualificati? Saranno parificati ai nativi?

FS: «Noi abbiamo delle leggi ben precise. La federazione internazione dice che chi ha maturato 24 mesi di gioco in un Paese, del quale ha un passaporto, i cosiddetti oriundi, è un cittadino di quel determinato Paese a tutti gli effetti. Giocatori come Chitarroni per esempio che hanno giocato in nazionale sono italiani a tutti gli effetti. Sono diritti acquisiti, non possiamo mica togliere dei diritti sacrosanti a dei giocatori che hanno vestito la maglia azzurra. E per tutti gli altri, ad esempio Drew Omicioli o Tony Tuzzolino, coloro che hanno appena maturato i 24 mesi stabili in Italia, sono italiani a tutti gli effetti, di modo che possano poi giocare in nazionale, secondo quanto dice anche la federazione internazionale».

SH: Pertanto si esclude la presenza alle Olimpiadi degli ultimi oriundi come Di Maio e Savoia

FS: «Esatto, non avendo maturato i 24 mesi. Come del resto non può giocare con la Germania Olaf Kölzig, che pur avendo passaporto tedesco ha giocato la maggior parte della sua vita in Nhl, ma mai in Germania. Savoia sicuramente nel campionato del mondo 2008 potrà giocare in nazionale se giocherà ancora da noi il prossimo anno, come italiano a tutti gli effetti».

SH: L’anno scorso la Iihf fece un duro diktat alle nazioni come Italia e Francia che ancora non possiedono una propria federazione specifica per l’hockey ghiaccio. Come vi state muovendo per venire incontro al volere internazionale? Avremo una Federazione Hockey Ghiaccio?

FS: «Nei prossimi giorni al Congresso della Federazione Internazionale di Vienna, che inizierà il 12 di maggio e si protrarrà fino al 15, ci sarà la proposta della Iihf e del presidente Fasel di togliere all’Italia il diritto di voto e il diritto di organizzare campionati mondiali e quant’altro. Ovviamente la federazione italiana ha prevenuto un attimo perché ha cambiato lo statuto facendo risultare i responsabili di settore delle 5 specialità affiliate (sport stock, curling, pattinaggio artistico, hockey e velocità) come anche “vicepresidenti Fisg” e “presidenti” della stessa specialità. Adesso bisogna vedere come la federazione italiana e i suoi rappresentanti siano abili a cercare di evitare questa “retrocessione” in termini sportivi- politici, perché il primo luglio del 2005 dovrebbe già entrare in vigore questa “penalizzazione”. Io punto anche moltissimo sull’amicizia personale che ho con il presidente della Iihf, ed evitare questa catastrofe, perché tale sarebbe».

SH: Non sarebbe però il caso di venire incontro a quanto desiderato dalla Iihf seguendo il diktat “alla lettera”? Sembra una maniera tipica all’”italiana”, quella di cercare sempre una scappatoia.

FS: «Ma non è la federazione Sport Ghiaccio che potrà decidere se dividersi o meno: è sottomessa alle decisioni del Coni. Solo il Coni può dare o vietare la scissione. In questo periodo sicuramente il Coni non permetterà mai che la Federazione italiana sport del ghiaccio si scinda in varie federazioni, anche perché poi la velocità per esempio potrebbe chiedere la propria autonomia, come è negli altri Paesi».

SH: Come lo vede il futuro della nostra nazionale e del nostro movimento?

FS: «Ero in Olanda e ho visto giocare la Nazionale (purtroppo per la verità una partita sola perché per impegni di lavoro ma anche di “hockey ghiaccio” non ho potuto seguire più di tanto): ho visto una squadra motivata, un grande Goulet che ha in mano questi ragazzi. Sicuramente ha le basi per andare avanti. Il grosso problema dell’hockey italiano attualmente è quello del portiere. Purtroppo abbiamo Jason Muzzatti che ha 36 anni e logicamente sarà difficile che possa continuare a giocare a lungo. Le olimpiadi sono 3 o 4 partite ma un campionato mondiale come quello che troveremo il prossimo anno a Riga sarà lunghissimo e ci vogliono almeno due portieri alla stessa altezza. Purtroppo non ci sono più gli anni in cui avevamo i Jim Corsi, i Nick Sanza e i David Delfino, giocatori che attualmente non ci sono più. Dobbiamo cercare di tenerci stretto Muzzatti, che attualmente non ha un contratto per il prossimo anno».

SH: C’è l’intenzione di porre rimedio a delle falle organizzative emerse quest’anno, come squalifiche tardive, prove televisive, arbitraggi..

FS: «Fin’adesso quando la Federazione ha parlato con le società, queste erano attorno a un tavolo e tutte si parlavano contro. Quest’anno abbiamo voluto cambiare, andando noi direttamente dalle società e sentire quali sono i loro problemi. Abbiamo avuto incontri davvero interessanti e magari più avanti tirando le somme verranno al pettine anche questi nodi. La buona volontà c’è, noi abbiamo l’intenzione di cambiare, ma cambiare nel meglio non nel peggio. Io seguo questo sport dal 1971, dal mondiale di Galati, in Romania (era un Gruppo C). Penso che non ci sia nulla di affascinante come l’hockey ghiaccio, ma questi problemi li ho sempre visti».

SH: Il Vipiteno ha vinto la serie cadetta ma non vuole salire in serie A, per Torino sarebbe il terzo ripescaggio e a fine stagione dichiarò che sarebbe più consona una A2, Bolzano ha minacciato di autoretrocedersi… A questo punto la domanda non può che nascere: chi ci sarà il prossimo anno in serie A?

FS: «Logicamente sarebbe poco opportuno dirlo, abbiamo ancora l’ultimo giro il 2 di maggio con le società altoatesine, il Fassa e le due società di A2. Effettivamente se n’è parlato molto in giro ma le cose concrete sarebbe opportuno chiederle ai rappresentanti di queste società. Potrei raccontare delle voci che magari non corrispondono alla verità. Io conto di ottenere un campionato di 10 squadre in serie A, 10 in serie B e poi altrettanto in serie C. Dobbiamo darci un aspetto ben preciso sperando di trovare la disponibilità delle società. Bolzano ha minacciato ma lo ha fatto avendo certi traguardi. Vogliono anche loro risparmiare e non commettere gli errori dell’anno scorso, ma gli errori li hanno fatti loro e non la Federazione».

SH: Sono già state fissate delle date?

FS: «Spero di riuscire a stipulare un calendario addirittura entro la fine di maggio. E’ un po’ difficile perché c’è in mezzo questo congresso (quello internazionale della Iihf n.d.r.) e dobbiamo batterci per i motivi detti prima. Purtroppo non sono ancora pensionato come il Presidente: per gran parte della settimana devo svolgere il mio lavoro extrafederale. Spero di avere un calendario nel più breve tempo possibile perché le società devono prepararsi. Noi pretendiamo una certa professionalità da parte delle società, e siamo disponibili a darla. L’inizio del campionato dovrebbe aggirarsi verso la fine di settembre, 28 o 29; poi ci saranno due soste di carattere internazionale (il Test Event e in dicembre un altro torneo). Il girone di doppia andata e ritorno dovrebbe concludersi verso il 3 o 4 febbraio. Successivamente inizierà la preparazione per le olimpiadi: la prima partita il 15 febbraio e via via fino alla fine del torneo quando riprenderemo con i quarti di finale del campionato. I play-off dovrebbero protrarsi fino al 20 aprile, perché il mondiale a Riga inizia il 6 maggio. Siamo stati fortunati nel centrare la promozione ad Eindhoven, altrimenti il campionato di prima divisione sarebbe iniziato molto prima».

SH: Appena arrivato, centrata la promozione: Sinn ha portato fortuna alla nazionale.

FS: «Già, anche se non ho nessun merito per questo visto che sono stati altri dirigenti ad aver preparato molto bene tutto quanto. In tutti questi anni ne ho viste di cotte e di crude: ho visto l’Italia vincere contro gli Usa nel 1982 a Tampere, ho visto segnare Michael Mair, all’epoca capitano del Bolzano, che in tutto il campionato ha toccato il disco una sola volta, segnando. Una percentuale praticamente del 100%, dopo di che non ha più rivisto il disco. Questo è uno degli episodi che non dimenticherò mai. Sono queste piccole cose la ragione che mi fa affascinare di questo sport: ho visto perdere la nazionale juniores a Katovice per 38-0 contro la Finlandia, ma ho anche visto vincere l’Italia partite incredibili».

SH: L’Italia ha sempre sbagliato l’approccio con i giovani, abbandonati forse troppe volte a se stessi, giocando poche partite rispetto a nazioni dell’élite dell’hockey europeo e mondiale. Quando magari si dà un’occhiata all’elenco dei draft, si vede nel terzo o quarto giro dei nomi di giocatori di certo non superiori ai nostri ragazzi che però non vengono draftati. Ad esempio abbiamo visto sul ghiaccio Armin Helfer, che è nettamente superiore a Lauri Kinos… eppure non è stato draftato.

FS: «Questo anche perché l’Italia internazionalmente parlando non viene considerata come paese hockeistico. Noi purtroppo ogni anno perdiamo addirittura 100 giovani che non trovano spazio nelle squadre. Dobbiamo salvaguardare i nostri giocatori che non sono da meno rispetto agli altri. Abbiamo anche avuto un po’ di sfortuna con l’under 18 retrocessa in Polonia, ma veramente per pochissimo. Se in queste categorie siamo alla pari con il vincitore, perdendo con un gol di scarto (Italia – Norvegia 2-3 n.d.r.), mi rende ancora più triste pensare che c’è la possibilità di inserire questi giovani nelle squadre di serie A, ma raramente viene fatto. Direi quasi che è stato il campionato di A2 quello per i nostri giovani. Il Merano ad esempio ha messo in mostra ragazzi molto promettenti. Noi cercheremo senz’altro di portare avanti questo discorso. Oggi (venerdì n.d.r.) per esempio abbiamo fatto un consiglio federale a Verona durato tutto pomeriggio e candideremo l’Italia al prossimo Consiglio internazionale per avere l’organizzazione di un mondiale o per l’under 20 o per l’under 18, dando così l’opportunità a questi ragazzi di giocare un mondiale in casa, di modo da, ne sono convinto, motivarli e farli crescere. Come ho detto prima noi non dobbiamo ogni anno inventare la ruota. Dobbiamo guardare come fanno gli altri Paesi. Mi ricordo anni fa quando l’Austria ha partecipato all’Alpenliga: noi li deridevamo. Oggi l’Austria ha 7 giocatori che giocano nell’American Hockey League, nella Western Hockey League, ecc… Questo è il traguardo che dobbiamo raggiungere. Non possiamo mica sperare che un giocatore italiano arrivi nella Nhl, però almeno arrivare alla pari delle nostre vicine. L’hockey svizzero a livello di club è ancora per noi irraggiungibile, perché ci mancano prima di tutto gli spettatori, ci manca la copertura televisiva e forse anche la mentalità. Perché purtroppo per l’Italia questo sport viene giocato in un’area ristrettissima: Milano, Varese e Torino sono delle isole che si perdono nel grande oceano dell’Italia sportiva».

SH: Recuperare piazze storiche come Como, Feltre e Aosta?

FS: «Questo è un traguardo, recuperare queste città e non sognare dell’hockey a Palermo, Firenze e a Roma come tantissimi dirigenti anche oggi mi vengono a raccontare. Se l’Italia negli ultimi 70 anni (e probabilmente anche nei prossimi 70) non è riuscita a Roma o Bologna a creare qualcosa… Noi dobbiamo salvaguardare le piazze storiche come lo sono Milano ma anche Torino, perché vi ricorderete che vi hanno giocato tantissimi campioni come ad esempio Brian Wittal negli anni ’70, giocatori grandissimi. Occorre salvaguardare questi posti storici, anche le società di piccole realtà come Asiago e Alleghe, che all’hockey hanno dato tantissimo. Due anni fa il Cortina era quasi sparito, giocava in B, ed è rifiorito anche con la copertura dello stadio Olimpico».

Si ringrazia Franz Sinn per la sua disponibilità in questa lunga intervista, nonostante fosse in viaggio di ritorno da Verona.

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