FACE TO FACE, storie di hockey da tutto il mondo: Tony Hand

FACE TO FACE, storie di hockey da tutto il mondo: Tony Hand

Face to Face è la nuova rubrica di Hockey Time, un percorso senza frontiere che vi guiderà alla scoperta dei protagonisti dell’hockey attraverso le loro storie, gli aneddoti e le curiosità.
In questa prima tappa toccheremo ben tre continenti: America, Europa ed Asia. Buon viaggio!

TONY THE LEGEND
di Matteo Spinelli

Settantacinque anni, questo il lasso di tempo trascorso dalla vittoria olimpica della nazionale britannica. Un lampo isolato. Una breccia di luce a cui è seguito un buio lungo ed inesorabile, interrotto solo nel 1994 da un’apparizione ai mondiali top division giocati in Italia.

Nulla di entusiasmante a dir la verità: sei sconfitte in sei partite, quarantanove gol subiti, ed inevitabile immediata retrocessione in quella prima divisione da cui non è più riuscita a risalire.
Eppure gli appassionati britannici di hockey, oltre ai tre gol segnati ai russi e i due ai canadesi, hanno un altro valido motivo per ricordare quei momenti: Tony Hand, il primo britannico ad essere draftato da una franchigia NHL, seguito solo dal connazionale Colin Shields, protagonista di qualche stagione in ECHL ed ora in Francia al Morzine Avoriaz.

Centro di un metro e settantotto per ottantadue chili, nato nel 1967 nella capitale scozzese Edinburgo, Tony è un’autentica leggenda nel Regno di Sua Maestà, e a 44 anni suonati e più di 4000 punti timbrati, non ha ancora intenzione di togliersi i pattini.
Facciamo un passo indietro e torniamo agli ultimi anni settanta, quando Tony imparava a pattinare insieme ai suoi fratelli nel palazzo del ghiaccio di Murrayfield, ovest di Edinburgo, di cui la zia era compropietaria.
Non passa nemmeno un lustro, e nel 1981 esordisce nella massima lega scozzese proprio con la maglia dei Murrayfield Racers, che dopo due stagioni aderiscono alla neonata British Hockey League, in cui confluiscono club inglesi, scozzesi, gallesi e nordirlandesi.
Ben presto le qualità del giovane Tony si tramutano in gol e assist, e dopo il 79+85 della stagione 85/86, arriva il titolo di miglior giovane dell’anno ed il training camp con il team NHL dei Calgary Flames. E’ però un’altra franchigia canadese, gli Edmonton Oilers, in quegli anni autentici dominatori della massima lega mondiale, a credere in lui e a sceglierlo al dodicesimo giro del draft, con il numero 252.

Ha l’onore di allenarsi con l’immortale Wayne Gretzky, Mark Messier e Jaro Kurri sotto la guida di coach Glen Sather, vincitore di cinque Stanley Cup, che lo elogia per la sua intelligenza tattica e lo esorta a rimanere in Nord America per farsi le ossa nelle leghe giovanili.
A dispetto del viso da duro e due glaciali occhi azzurri, la nostalgia di casa e l’incomprensibile durezza degli allenamenti lo convincono a tornare in Europa dopo solo 3 e 8 punti presenze con la maglia dei Victoria Cougars della Western Hockey League.
Fu un errore, uno sbaglio che Tony avrebbe realizzato anni dopo, come rivelato nella sua biografia uscita nel 2006, ripensando a ciò che avrebbe potuto essere. A quel tempo però non comprendeva il perchè di allenamenti così intensi e spossanti, quel che gl’interessava era scendere sul ghiaccio, pattinare ed infilare il puck in rete.
Il ritorno nella madrepatria Scozia fu comunque pregno di soddisfazioni, e con la maglia dei soliti Murrayfield Racers conquistò due British Hockey League e varie competizioni scozzesi, segnando qualcosa come 186 gol in 71 partite, di cui 105 solo nella prima stagione.
Autentico terrore delle difese britanniche, dal 1992 al 1996 vinse quattro volte il titolo di capocannoniere, l’ultimo dei quali conquistato con la maglia degli Sheffield Steelers, dove si era accasato dopo il fallimento dei Murrayfield Racers. Nei quattro anni con il club inglese vince la neonata Superleague britannica, e sul finire del vecchio millennio torna in patria per giocare con gli Ayr Scottish Eagles.
Nel 2001, all’età di 34 anni, Tony inizia ad allenare, seppur senza smettere di giocare, i Dundee Stars della British National League, il secondo livello del professionismo hockeystico di Sua Maestà. Al primo anno anno fa subito centro e vince il titolo, dando un contributo determinante anche sul ghiaccio, dove incamera 104 punti in 44 partite.
Il 2004 è l’annus mirabilis, assume la carica di player-coach dei nordirlandesi Belfast Giants nella top level Elite Ice Hockey League, e per i suoi servigi all’hockey britannico diventa Membro dell’Eccellentissimo Ordine dell’Impero Britannico.

Oggi Tony ha 44 anni, e dopo aver allenato gli Edinburgh Capitals si è trasferito cinque anni or sono ai Manchester Phoenix, con cui nel 2008 ha sfondato il muro dei 4000 punti e conquistato l’anno scorso la English Premier Ice Hockey League, la seconda lega britannica.
Coach preparato ed esperto, sogna di sedersi su qualche importante panchina europea e non sa ancora quando smetterà di dare una mano ai suoi sul ghiaccio, e considerando i numeri, 105 assist nell’ultima stagione, tutti i fan si augurano che che quel giorno sia ancora lontano.
Di certo c’è solo che Tony è il più grande giocatore della storia dell’hockey britannico, idolo indiscusso delle arene del Regno Unito, che avrebbe potuto abbandonare in più di un’occasione per campionati europei più blasonati. Sul finire degli anni ottanta fu il Servette di Ginevra a volerlo nel roster, una decina d’anni dopo i finlandesi dell’HPK Hämeenlinna, e ogni volta la sua risposta fu no. La stessa parola pronunciata quando, poco più che ragazzino, gli fu chiesto di farsi le ossa nelle leghe giovanili nordamericane.

Nessuno può sapere ciò che avrebbe potuto essere se avesse scelto diversamente. Magari avrebbe brillato in NHL, o avrebbe potuto ammalliare il pubblico nei più affascinanti stadi europei.
Conscio che il passato è ciò che è stato e non è concesso a nessuno di cambiarne il corso, Tony si gode il fregio guadagnato sul campo, gol dopo gol, assist dopo assist, applauso dopo applauso, quello di indiscussa leggenda dell’hockey britannico.

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