Taro Tsujimoto: la leggenda del primo giapponese in NHL

di Marco Depaoli

Dopodomani si svolgerà la consueta rassegna dell’Entry Draft dell’NHL, la porta verso la nuova stagione nel gotha dell’hockey mondiale, l’appuntamento al quale ogni giovane giocatore del pianeta sogna di partecipare. L’hockey in Giappone ha un discreto movimento ma è poco considerato dagli scout delle franchigie nord-americane, più che altro per la difficoltà nel seguirlo de visu. Tuttavia c’è un legame particolare tra l’hockey NHL e la terra del Sol Levante.

Il Giappone è una terra ricca di tradizione e leggende. Vi si trovano esseri mitologici come il Kappa, le leggende epiche di Momotaro, i complessi personaggi dei romanzi da Genji Monogatari fino alle gesta eroiche del samurai Satomi Hakkenden. C’è una leggenda giapponese anche nel mondo dell’hockey, anche se tanto nipponica non è quanto frutto di una burla tutta americana. Ma questo personaggio immaginario del Sol Levante è diventato un simbolo dell’hockey nordamericano, in particolar modo a Buffalo (NY).
Piccola premessa: nello sport americano il sistema del mercato estivo è molto complesso. Non è una semplice compravendita, per i nuovi giocatori pronti ad esordire nella massima Lega c’è un ranking e un giro di scelte in un determinato ordine. Ogni squadra stila una lista di volti nuovi da presentare alla Lega per la prelazione del contratto.

Siamo nel 1974, i database su internet sono fantascienza, come pure youtube. Per conoscere i giocatori che non si riescono ad osservare dal vivo ci si basa sugli almanacchi del mondo conosciuto, al massimo fatti arrivare per posta. Oltretutto fino a quel periodo le squadre americane/canadesi di hockey non amavano importare players da altri continenti. Gli europei si contano sulle dita di una mano e bisogna aspettare 15 anni prima che un russo o un cecoslovacco possa anche solo entrare da spettatore sul suolo della capitalista USA.
La massima lega di hockey nord-americana si chiama NHL, e negli anni 60/70 soffriva della concorrenza della WHA che era accusata di sfruttare gli scout NHL per soffiarne i giocatori migliori una volta resa nota la lista dei draft.
Per questi motivi nel 1974 gli scout delle franchigie NHL tengono tutto nascosto e l’Entry Draft si svolge anticipatamente con una call conference da un ufficio di Montréal (Canada).
In questo modo la WHA rimane all’oscuro di tutto, ma la segretezza dell’operazione lascia spazio alla burla del secolo.
Mentre adesso l’Entry Draft è diventato un appuntamento spettacolare con dirette TV, show, cantanti, nani e ballerine, nel ’74 non dev’essere stata una cosa divertente, rimanere per ore attaccati al telefono a discutere di compravendita. Oltretutto oggi ci si ferma al settimo giro di scelte mentre all’epoca con un numero di squadre molto più ridotto si arrivava anche al 23°, un’infinità per gli addetti ai lavori. All’undicesimo giro di scelte la noia colpisce al cuore Punch Imlach, general manager dei Buffalo Sabres (nella foto, dal sito ufficiale dei Sabres) che perde la pazienza e comincia a lamentarsi di questa metodologia. La sua “protesta” finisce con un tiro mancino a tutta la Lega. Imlach prende l’elenco del telefono e si inventa un giocatore giapponese. Altre versioni di questa storia parlano di una richiesta alla segretaria di origine nipponica di un nome tipico tipo “Gennaro Esposito” di Napoli.
Chiede inoltre alla sua segretaria la traduzione giapponese di Spada (il simbolo appunto dei Buffalo Sabres) et voilà: il gioco è fatto. L’undicesima scelta di Buffalo (183ª totale) è il giovane talento Taro Tsujimoto, attaccante col ruolo di centro dei Tokyo Katanas.
A questo nome gli altri agenti cadono dalla sedia, mai un giocatore giapponese ha giocato in Nord America. All’inizio qualcuno scoppia a ridere, ma Imlach è bravo a restare serio e a reggere il gioco. Le risate cominciano a spegnersi in gola e la curiosità comincia a rodere i super-esperti americani. Com’era possibile che nessuno avesse scovato prima questo giocatore? Se questo Tsujimoto è davvero un grande talento molti loro posti sono a rischio. I manager delle altre franchigie cominciano a richiederne lo spelling, e a imbrattare i propri preziosi taccuini di questo nome. L’occhio lungo dei giornalisti mette le mani su questo Tsujimoto e per settimane Imlach è pressato dai microfoni per sapere quando sarebbe arrivato questo nipponico. “Presto”, continua nello scherzo Imlach, l’uomo diventato il più inseguito a Buffalo. E più la stampa preme, più lo scout americano prende la faccenda sul serio, fino a voler ingaggiare una comparsa giapponese da mostrare ai giornalisti, ma alla fine non arriverà a tanto. Nessuno può dubitare di lui, la sua carriera di allenatore e general manager in NHL (che durerà fino al 1982) è inimitabile. Così l’NHL, non potendone verificare la veridicità, inserisce Taro Tsujimoto nel draft ufficiale. Quando dopo settimane Imlach deve rivelare il suo scherzo ormai è troppo tardi: ancora oggi su ogni Media Guide di questo sport compare il nome di Taro Tsujimoto, come se fosse un giocatore reale.
A 40 anni dalla burla, a Buffalo il nome di Taro Tsujimoto è più famoso di tanti campioni che giocano nella squadra dei Sabres. Spesso si alza il coro “We want Taro!” specie quando la squadra è in affanno. I ragazzi vanno in giro con il suo nome sulla maglia, vengono stampati gagliardetti e pupazzetti. In voga ci sono cartoline e adesivi con gli aforismi della saggezza orientale di Taro, che iniziano con “Taro says…“. Un esempio tra tutti: “Taro says: Dave Schultz is German for Game Misconduct” (“Taro dice: Penalità partita in tedesco si dice Dave Schultz“, giocatore dei Sabres degli anni 70 celebre per il record di penalità disciplinari in una stagione: 555).


Taro says: “mokuhyou wa sutanrii-hai” (obiettivo Stanley Cup)

Draft 1974 e Giappone in NHL – Curiosità:

Hockey e Giappone