Giapponesi alla ribalta a un anno dalla tragedia

Giapponesi alla ribalta a un anno dalla tragedia

La visione del mondo dell’hockey ha sempre avuto i suoi confini tra la Russia e il Canada, due colonne d’Ercole e due scuole di pensiero all’opposto che hanno dato vita a più di un secolo di battaglie, influenzando tutto ciò che sta in mezzo a loro: l’Europa. Ma a hockey si gioca anche in un’altra parte del pianeta, in Giappone, che gode di un gran numero di appassionati come un po’ per tutti gli sport che si giocano sull’altra sponda del Pacifico. Soprattutto il baseball che, a differenza di quanto si possa credere, in Giappone gode di oltre il 50% del favori degli sportivi giapponesi, di gran luga prima del calcio e dello sport nazionale: il sumo.
La nazionale nipponica di hockey la prossima settimana volerà a Maribor per lottare nel difficilissimo limbro chiamato mondiale Division 1 gruppo A. Non sarà loro impossibile la promozione in Top Division che manca al Giappone dal 2004, anno in cui terminò la politica protezionistica della IIHF di ospitare nella massima divisione almeno una squadra asiatica. La squadra del Sol Levante dovrà conquistarsi la promozione sul campo e non sarà facile avendo avversarie come Slovenia, Austria, Ungheria e Ucraina, formazioni più “scafate”, le cui quotazioni sono nettamente maggiori.

Per quanto riguarda un campionato nazionale giapponese… non esiste più. Nel 2003 l’hockey giapponese cercò una svolta dopo anni di monopolio di squadre di Tokyo (i Seibu Tetsudo e i Kokkudo) nonostante il movimento si concentri maggiormente nell’isola di Hokkaido. Lì le temperature sono molto rigide e abbondano gli atleti che si dedicano agli sport invernali. La capitale del distretto di Hokkaido è Sapporo, metropoli di quasi due milioni di abitanti che nel 1972 ospitò le Olimpiadi invernali, 26 anni prima dei Giochi di Nagano 1998, cittadina sita invece nel centro del Paese. Tokyo, pur avendo meno “praticanti” ma più capitali da investire, ha prodotto le squadre più vincenti da quando nel 1966 il Giappone ha istituito il suo campionato di hockey. Con 12 milioni di abitanti la metropoli asiatica attira comunque numerose persone dal Nord, per lavoro o per l’università, che arricchiscono i roster delle squadre della capitale. Facendo le debite proporzioni potremmo dire che nell’hockey l’isola di Hokkaido sta all’Alto Adige come Tokyo sta a Milano, città che sono tra l’altro gemellate. Nella storia del vecchio campionato di hockey giapponese (1966-3003) sono solo tre le squadre vincitrici: 15 sono i successi della squadra di Tomakomai (nel sud dell’Hokkaido), portata avanti quasi da sempre dall’Oji, grande industria cartiera che dà lavoro a 20.000 dipendenti. Le altre due formazioni campioni sono di Tokyo: i “Prince Rabbits” di Kokudo (13 titoli) e il Seibu “Bears” Tetsudo (10 titoli).

Dal 2003 il Giappone prova la svolta: l’allargamento del movimento coinvolgendo i paesi vicini. Un precursore della KHL, della EBEL e degli altri campionati europei che hanno abbattuto le frontiere sportive. Nasce così l’Asian League Ice Hockey che raccoglie le migliori squadre di Giappone, Cina e Corea. Nel 2004 apparì anche una formazione della Russia, i Golden Amur di Chabarovsk, ex territorio cinese.

Quest’anno hanno preso il via 7 squadre. Sono attualmente quattro le compagini giapponesi: Tohoku Free Blades di Hachinohe, Tochigi Nikko Ice Bucks di Nikko, Nippon Paper Cranes di Kushiro (dove giocava ad inizio stagione Ray di Lauro, ex Bolzano) e gli Oji Eagles di Tomakomai. China Dragon è la squadra di Shanghai, Cina, mentre la Corea è rappresentata dall’High1 e dall’Anyang Halla, vincitrice nel 2010 del campionato, unica volta di una squadra non giapponese.

Gli Oji Eagles (foto alhockey.com) hanno vinto il campionato battendo i Nikko Ice Bucks. Nella serie di finale best of five si sono imposti per 3 gare a uno. Sconfitti subito alla prima partita, gli Eagles hanno rimesso in piedi la serie nelle successive partite. Nella quarta sfida disputatasi a Nikko, nonostante le Aquile si siano fatte rimontare nel terzo tempo, hanno segnato all’overtime il gol vittoria con Shuhei Kuji.
Gara 1: Oji-Nikko 4-6 (1-3, 1-3, 2-0)
Gara 2: Oji-Nikko 5-0 (2-0, 1-0, 2-0)
Gara 3: Oji-Nikko 4-3 (1-0, 3-2, 0-1)
Gara 4: Nikko-Oji 3-4 (0-1, 0-1, 3-1, 0-1)

Una finale che ha tolto al Giappone l’amaro in bocca dell’epilogo della scorsa stagione. L’anno scorso durante le finali tra i Blades di Tohoku e Halla arrivò quel maledetto terremoto di Sendai. I coreani la scamparono partendo fortunatamente un’ora prima del disastro, ma lo tsunami colpì al cuore il Giappone uccidendo, tra le quasi 30.000 vittime, anche giocatori di hockey. Considerata la situazione, il titolo del campionato è stato assegnato ad entrambe le squadre, mentre le nazionali del Giappone sono state “congelate” dalla federazione internazionale. Quest’anno riprenderanno da dove erano state lasciate due anni fa.

L’hockey giapponese e quello italiano hanno avuto l’occasione di vedersi uniti da un sottile filo conduttore, specialmente con la squadra dei Kokudo Keikaku. Ray Di Lauro non è infatti il primo giocatore che dopo aver giocato da noi ha raggiunto le coste nipponiche per portare dall’altra parte del mondo la scuola dell’hockey canadese. A fine Anni 90 il Kokudo Keikaku, prima del trasferimento della franchigia dal distretto di Nagano per diventare Seibu, schierò John Tucker, indimenticato attaccante di Asiago, Fassa e Milano, nonché coach fino a metà stagione della squadra vicentina che con lui ha vinto lo scudetto la scorsa primavera. Tucker dopo la chiusura del Milano 24 nel 1997 ha concluso la carriera di giocatore con i Rabbits del Seibu, dove ha giocato tre stagioni fino al 2000. Più recentemente con Seibu, poco prima della chiusura del 2009 della storica società, è stata invece la volta del canadese Richard Rochefort, in Val di Fassa nel 2005 e al Ritten Sport l’anno dopo.
I tifosi del Lugano si ricorderanno di Steve Tsujiura, canadese di Coaldale (Ontario) ma di genitori giapponesi. Direttamente dai suoi lunghi trascorsi in American Hockey League, fu il Gardena a strappare Tsujiura dal nuovo continente. Il giocatore aveva decisamente la stoffa (77 punti, 30 gol e 47 assist, in 29 partite) e quell’anno stesso venne voluto fortemente dalla ticinese Lugano che con lui vinse il campionato. Dopo altri 4 anni in Svizzera il nipponico-canadese si tolse la soddisfazione di ripercorrere al contrario la strada dei genitori. Nel 1994 andò al Kokudo fino al 1998 quando si ritirò ma non prima di avere l’onore di rappresentare il proprio paese d’origine alle Olimpiadi invernali ospitate proprio dal Giappone.
Altro nome illustre finito a Sapporo (sponda Snow Brand) è quello di Stefano Figliuzzi, oriundo italo-canadese già a Brunico, Varese, Bolzano e Merano, nonché colonna della nazionale italiana negli anni 90 assieme al “gemello del gol” Mansi.
Nei Nippon Cranes ha chiuso la carriera nel 2001 (5 stagioni in Giappone) il canadese Al Conroy, a Varese nel 1988 in mezzo ai due scudetti dei lombardi. Fine attività in Giappone anche per Mark Kaufmann (4 anni nel Nikko Icebucks fino nel 2003) che abbiamo visto nel 1994 ad Asiago. Nella medesima squadra l’anno scorso ha finito l’attività anche Buddy Smith, l’eccentrico giocatore del Bolzano 2005/06.
Il percorso inverso l’ha fatto il canadese Shane Endicott che dopo due anni con Oji, passando dalla Germania ha schiuso questa stagione in Friuli con il miracoloso Pontebba.
Non solo canadesi: la squadra di Oji dal ’96 al ’98 ha schierato il russo Igor Dorofeyev, ex di Ambrì Piotta in Svizzera e Brunico nel 1995.

I conigli del Kokudo, oltre ad aver ospitato tanti nostri “ex”, vantano inoltre due importanti primati. Nel 1992 Hiroyuki Miura è stato il primo giapponese draftato dall’NHL, la lega nord-americana che raccoglie i giocatori più forti del mondo. I Montreal Canadiens lo scelsero all’11° giro (260ª scelta assoluta) ma Miura, difensore di 191 cm per 87 kg, non venne mai convocato limitandosi a giocare in ECHL con i Wheeling Thunderbirds. Tornò subito in madre patria dove pattinò sempre con Kokudo, fino alla chiusura della squadra che coincise anche con il ritiro di Miura a 35 anni. Un vero esempio di fedeltà alla maglia. A sfondare le porte dell’NHL in pista è stato 15 anni dopo il portiere Yutaka Fukufuji. Attualmente impegnato con i Nikko Icebucks, il goalie 29enne nel 2004 venne draftato all’ottavo giro (238° totale) dai Los Angeles Kings. Il sogno del ragazzo di Kushiro è stato inseguito per 5 anni ma portò i suoi frutti con l’esordio in una partita ufficiale NHL durante la stagione 2006/07. In 4 partite Fukufuji ha parato con una media del’83,7%.

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