WMW – Il mondiale di Top Division torna dove è nato

di Marco Depaoli

Il mondiale femminile torna a casa. 23 anni dopo la prima edizione ad Ottawa, il massimo campionato per nazioni dell’hockey rosa torna in Ontario, culla di questo sport che ha quasi il monopolio degli allori soprattutto con le ragazze con disco sul bastone e casco in testa. Solo nella zona di Ottawa sono 450 le squadre femminili di hockey affiliate all’Ontario Women’s Hockey Association. Sembra passato molto più che un quarto di secolo da quel 1990, quando la IIHF scommesse sulle ragazze. Il mondo era diverso da quello che vediamo oggi. In NHL non era ancora obbligatorio il casco, un muro divideva il pianeta in due mondi ed esistevano ancora nazioni come la DDR, l’Unione Sovietica e la Cecoslovacchia che all’epoca già si contendevano un titolo europeo e che non accettarono di partecipare alla prima edizione del mondiale. Solo nel 1997 la nazionale di Mosca, diventata nel frattempo Russia, si iscrisse alla quarta edizione. Per la Repubblica Ceca si dovette attendere il 1999.
Ad Ottawa 1990 Canada e Usa non ebbero praticamente avversarie con punteggi a doppia cifra: tra i tanti un 17-0 canadese alla Repubblica Federale tedesca, un 18-0 delle Foglie d’Acero al Giappone, 16-3 americano alla Svizzera e 17-0 alla Norvegia. Da quell’anno il movimento dell’hockey femminile si è espanso più che raddoppiando le sue nazioni affiliate, la rassegna è cresciuta di interesse ed ha maturato fino a creare tecnici e arbitri donne in un mondo che anche nella categoria rosa era retto comunque solo da uomini. Solo il divario tra le due Nord Americane e il resto del mondo è rimasto quasi incolmabile. Rispetto all’edizione del ’90 non si giocherà alla storica arena del The Civic Centre, in fase di ristrutturazione, ma allo Scotiabank Place dalla capienza di 20.000 posti. Per le partite della squadra della Foglia d’Acero si prevede grande affluenza e l’incasso complessivo è stimato intorno ai 700 mila dollari, gruzzoletto che servirà per investire ulteriormente sull’hockey femminile canadese ma non solo. Alla ricerca di avversarie degne, il Canada sta investendo in camp in tutto il mondo per trasmettere quel rapporto particolare che intercorre tra un canadese e l’hockey.

LA FORMULA
Confermata la formula dell’anno scorso dopo due edizioni di cambiamento. In seguito alle Olimpiadi di Vancouver si sono abbandonati i tre gironi da tre squadre scendendo a otto partecipanti. Divise in un primo momento due gironi omogenei, lo scorso anno si comprese che il divario tra Canada e Usa con le altre è troppo elevato per permettere di mantenere un interesse dall’inizio alla fine del mondiale. Dall’edizione 2012 si è deciso quindi di lasciare due gironi ma con le migliori quattro da una parte e le altre a giocarsi parallelamente l’accesso ai quarti per le migliori due, e il purgatorio del girone di relegazione per le ultime due. Ciò permette di avere un succoso Usa-Canada già i primi giorni, con l’opportunità ad altre due meritevoli nazionali (in questo caso Svizzera e Finlandia) di misurarsi con loro senza l’agitazione di fare punti per forza.

LE PROTAGONISTE
Il Canada, giocando per giunta in casa, è il mostro da combattere dopo aver fagocitato 10 titoli su 14 edizioni, lasciandone giusto 4 alle vicine di casa americane. La spaventosa macchina canadese si vede a partire dallo staff tecnico che segue le ragazze, formato da un personale di 14 persone, tra cui il tecnico esaminatore dei video. Da coach Dan Church (York University, CIS) in porta è stata richiamata Shannon Szabados, eroina delle olimpiadi di Vancouver, che si giocherà il posto anche quest’anno con Charline Labonté. Tra le altre “giovani veterane” spiccano il nome di Poulin, Irwin, Agosta, Ouellette ma soprattutto Hayley Wickenheiser, una vera e propria leggenda vivente al pari di Gretzky per i maschi. Non si contano i gol che hanno portato l'”ambasciatrice dell’hockey” a collezionare medaglie come fossero figurine, tra cui quelle d’oro dei mondiali (sette) e olimpiadi (tre). Wickenheiser, ora che di primavere ne ha 34, in nazionale c’è stata dall’età di 15 anni e nel corso della sua carriera s’è fatta valere anche nei campionati maschili di Svezia e Finlandia. In Italia ci provò a portarla il Merano che dovette però scontrarsi contro il parere negativo dell’hockey nostrano.
Sono pronte anche le americane già al lavoro da settimane al selettivo camp di Lake Placid. Coach Kathey Stone ha confermato un gruppo di esperte giocatrici (tra cui Gigi Marvin, Julie Chu e le sorelle Lamoureux), e inserito giovani promesse tra cui 13 che hanno disputato quest’anno il campionato NCAA. Cinque di queste hanno vinto il titolo con l’università del Minnesota.
Tra le 4 sicure di accedere ai quarti di finale c’è la Svizzera, sorpresa 2012 che l’anno scorso battendo la Russia s’è guadagnata uno storico accesso alle semifinali e per questo l’accesso diretto al Gruppo A. Successivamente non appagata ha sbaragliato nella finalina la Finlandia, abituata a salire sul gradino più basso del podio e a vantarsi di essere la migliore tra le “terrestri”. René Kammere deve ancora sfoltire la rosa che si vede ovviamente rimpolpata di giocatrici di Lugano e Zurigo, grandi protagoniste della finale del campionato elvetico.
Mika Pieniniemi avrà il compito di riportare la Finlandia sul podio. Formazione omogenea che non ruota attorno ad una squadra di club in particolare. Al di fuori dei patri confini giocano Karolna Räntamäki in Russia e 5 “americane”: Jalosuo, Karvinen, M. Tuominen, Villila e lo storico portiere Räty.
La Russia, lavata l’onta della retrocessione alcune stagioni fa, sta lavorando sodo per non sfigurare alle Olimpiadi che ospiterà il prossimo anno a Sochi. Alla bisogna da dicembre è stato scomodata un’icona dell’hockey russo tale è Alexei Yashin col ruolo di general manager della Sbornaya. L’ex NHL con 850 gettoni nella maggiore lega al mondo costruì la sua fama proprio ad Ottawa. Inserita nel girone che porta ai quarti o alla retrocessione, la Russia vuole puntare a primeggiare nel Vecchio continente, e lo fa portandosi dietro 3 successi nelle ultime 4 edizioni della Coppa Campioni dell’hockey femminile europeo grazie al Tornado Moscow Region del capitano russo Yekaterina Smolentseva e del portiere Anna Prugova. Il Tornado forma l’ossatura della squadra diretta da MIkhail Chekanov, in un movimento stranamente povero di atlete: sono solo 500 le praticanti in un territorio vastissimo. A roster sono state convocate due giocatrici attualmente iscritte ad università americane: Gavrilova e Vafina.
Le tedesche quest’anno sono già soddisfatte della qualificazione alle terze olimpiadi della loro storia (dopo le edizioni del 2002 e 2006), a differenza dei colleghi maschi che perdendo con l’Italia hanno mancato l’appuntamento. Il successo della Germania femminile è passato proprio dalla vittoria per 3-1 sulla Repubblica Ceca che sarà ancora la cenerentola da battere per la permanenza al mondiale di Top Division. In Germania l’hockey femminile rientra nel progetto Sportförderung der Bundeswehr sviluppato dal ministero della difesa tedesco per affinare con dei camp a Füssen le capacità degli atleti, maschi e femmine, di tutti gli sport. Tra le tante hanno partecipato a questo programma le nazionali tedesche Monika Bittner e Bettina Evers (quasi 300 partite con la Germania) che nella vita possono dedicarsi all’hockey lavorando nell’esercito. Alla guida della Mannschaft tedesca c’è ancora Peter Kathan, in panchina da dopo le olimpiadi del 2002. Con lui la Germania ha ottenuto un lusinghiero quinto posto alle Olimpiadi di Torino e ha continuato ad avere fiducia in lui nonostante la retrocessione cinese del 2008. Con una buona politica sui giovani la Germania è risalita con passi da gigante. Kathan riporterà in Canada il curioso caso di Julia Zorn. La 23enne tedesca del Planegg aveva esordito nel 2008 a Calgary con il ruolo di portiere, ottenendo buone statistiche. L’anno successivo i gambali e il biscotto stavano però troppo stretti e, dopo 11 anni tra i pali, Zorn è uscita dalla porta per pattinare libera per la pista. Lo scorso anno il reinventato attaccante tedesco ha segnato 4 gol in 5 partite, risultando il bomber della sua squadra, sesta di tutto il mondiale.
Dopo la secessione con la Slovacchia la scuola hockey della Repubblica Ceca è rimasta indietro in campo femminile. Col suo movimento nato nel 1986, la Cecoslovacchia rimase isolata a livello di Nazionale e iniziò ad aprirsi oltre i confini solo nel 1991 già come Repubblica Ceca (europei, 8° posto). Tenne a battesimo la nazionale italiana due anni dopo e solo nel 1999 partecipò per la prima volta a un mondiale, quello del Gruppo B piazzandosi al 4° posto. Seguì un settimo posto e una fase calante che la fece crollare nel 2009 in serie C. L’edizione successiva (quella del 2011) la Repubblica Ceca ritrovò così l’Italia e, dopo averla battuta 3-1centrò subito la promozione. Il percorso di riscossa s’è completato l’anno scorso vincendo il mondiale a Ventspils in Lettonia e raggiungendo per la prima volta la Top Division. Il movimento femminile ceco ha tesserate 800 atlete divise in 18 squadre, quasi tutte amatoriali tranne le 4 che giocano il campionato ceco. La squadra più blasonata, e che presta il maggior numero di nazionali, è lo Slavia Praga che vinse in entrambe le partecipazioni all’EWHL (2008 e 2009).
Karel Manhart, fallito l’obiettivo Olimpiadi sul quale la federazione ceca ha investito con diverse amichevoli oltreoceano, ha a disposizione una rosa dall’età media di meno 21 anni, con 8 elementi presenti nella nazionale under 18 che nelle ultime edizioni s’è comportata molto bene, vincendo un bronzo a Calgary 5 anni fa. La giocatrice più “anziana” è la 32enne Radka Lhotska, portiere della promozione in A. Gioca in Germania negli Icefighters Saltzgiter, all’estero come Katerina Flachsova (Langenthal, Svizzera), Simona Studentova e Eva Holesova (Neuchatel, Svizzera), Alena Polenska, Lucie Povova, Katerina Mrazova, Jana Fialova, Denisa Krizova e la figlia del coach, Lucie Manhartova tutte impegnate negli Stati Uniti.

Programma (ora locale, per l’ora italiana va aggiunto +6)

Gruppo A
Canada, USA, Svizzera, Finlandia
Arena Scotiabank Place (capienza 19.153 – inaugurata nel 1996)

Gruppo B
Svezia, Russia, Germania, Rep. Ceca
Arena Nepean Sportsplex
(capienza 2.365 – inaugurata nel 1972)

Relegation Series (best-of-three) – Nepean Sportsplex
sab. 6 Aprile
ore 16:00 3B – 4B
lun. 8 Aprile
ore 12:00 4B – 3B
mar. 9 Aprile
ore 16:00 3B – 4B

Quarti di finale – Scotiabank Place
sab. 6 Aprile
ore 15:30 3A – 2B
ore 19:30 4A – 1B

Semifinali – Scotiabank Place
lun. 8 Aprile
ore 15:30 1A – 4A/1B
ore 19:30 2A – 3A/2B
(o viceversa, dipende piazzamento dal Canada)

Finali – Scotiabank Place
5° posto – lun. 8 Aprile ore 11:30
3° posto – mar. 9 Aprile ore 15:30
1° posto – mar. 9 Aprile ore 19:30

 La decisione del mondiale 2013
 I mondiali femminili
 ranking 2013

Albo d’oro (il podio)
2012 (Burlington, USA)  Canada, Usa, Svizzera
2011 (Zurigo-Winterthur, SVI)  USA, Canada, Finlandia
2009 (Hämeenlinna, FIN) USA, Canada, Finlandia
2008 (Harbin, CHN) USA, Canada, Finlandia
2007 (Winnipeg-Selkirk, CAN) Canada, USA, Svezia
2005 (Linkoping-Norrkoping, SVE) USA, Canada, Svezia
2004 (Halifax, CAN) Canada, USA, Finlandia
2003 Annullato per epidemia di SARS in Cina
2001 (Minneapolis, USA) Canada, USA, Russia
2000 (Mississauga, CAN) Canada, USA, Finlandia
1999 (Espoo, FIN) Canada, USA, Finlandia
1997 (Kitchener, CAN) Canada, USA, Finlandia
1994 (Lake Placid, USA) Canada, USA, Finlandia
1992 (Tampere, FIN) Canada, USA, Finlandia
1990 (Ottawa, CAN) Canada, USA, Finlandia