L’apertura delle frontiere, alla fine degli anni ’70, consentì all’hockey Italiano di elevare gradualmente il proprio livello, grazie agli stranieri e soprattutto agli oriundi, i quali ebbero il merito di lasciare alle spalle il gruppo C, fino a raggiungere l’apice nel 1994 con i Mondiali organizzati dalla FISG. Uno dei primi “italos” sbarcati in Italia fu Bert Di Fazio, una carriera spesa con le maglie di Brunico, Valpellice, Asiago e Varese, ma anche quella Azzurra della Nazionale; Bellio, Bianchin, Bragnalo Corsi, Cupolo, Farelli, Francella, Goegan, Iannone, Tomassoni, Milani, Pagnello, Insam, Kosten, Mair, Pasqualotto, Schenk, Tancon e Tenisi gli richiamano alla memoria dolci ricordi:
“Stagione 1980/81, quando abbiamo vinto il gruppo B. Nella stagione 1979/80 eravamo in sei oriundi: io, Francella, Cupolo, Tomassoni, Bellio e Sanza in porta; nella stagione successiva sono stati aggregati gli altri oriundi come Bragnalo, Farelli e altri sotto la guida di Chambers”.
In quegli anni la Federazione Italiana seguì la strada intrapresa da quella olandese
“Sì, ma noi “italo” eravamo più forti di quelli olandesi” tiene a sottolineare l’ex attaccante.
Indimenticabile fu l’atmosfera respirata durante il Mondiale di Gruppo B di scena ad Ortisei, in un palaghiaccio gremito ad ogni partita del Blue Team:
“Era bello. La particolarità era che ad Ortisei non eravamo considerati oriundi, ci sentivamo italiani, specialmente quando veniva suonato l’inno nazionale, perché noi non lo conoscevamo e alla fine, quasi quasi, lo cantavamo”.
In questi anni ebbe inizio la diatriba sugli oriundi che ancora oggi è, spesso, oggetto di discussione; Corsi, il portiere saracinesca, dichiarò alla Gazzetta dello Sport che i giocatori della Nazionale, provenienti dal Nord America si sentivano italiani e Di Fazio ancora oggi lo conferma:
“Sì, la maggioranza di noi si sentiva Italiano. Non ci sentivamo stranieri, come dicevano ….. Eravamo orgogliosi delle nostre origini”.
Ed è principalmente a loro che bisogna dire grazie se nel 1982, ai Mondiali di Gruppo A, l’Italia pareggiò 3-3 con il Canada (primo punto strappato dal Blue Team nella storia degli incontri tra le due Nazionali). Di Fazio racconta quale fosse lo stato d’animo della squadra
“Noi sapevamo che quella sera avremmo giocato con il Canada, e quello era l’unico Mondiale giocato da Gretzky, successivamente non ne ha più giocati. Noi conoscevamo tutti i giocatori canadesi, li vedevamo sempre in televisione, dei nostri erano conosciuti solo Bragnalo e Manno per i loro trascorsi in NHL; il giorno avremmo giocato con la Finlandia, pensammo che se avessimo subito meno di dieci goal potevamo considerarci contenti. Durante il riscaldamento noi li guardavamo e non ci siamo riscaldati bene. Tornati negli spogliatoi, Jim (Corsi, nda), un altro che aveva giocato in NHL, ha inveito contro di noi: “Cosa pensi che sono loro?”, “Vanno in bagno come noi”, e noi provammo a ribattere: “Sì, sì, va bene, ma Jim, sei matto? Noi giochiamo contro quelli che sono professionisti”. Abbiamo iniziato la partita, loro hanno segnato per primi, tutti pensavano che si fossero aperte le porte, ma Jim è stato fantastico; quando abbiamo segnato il goal del 3-2, in panchina nessuno ci credeva. Ci guardavamo l’un l’altro increduli, e ci chiedevamo cosa ci facessimo lì: giocavamo con il Canada ed eravamo in vantaggio 3-2. Avevamo quasi paura che loro segnassero tre, quattro goal e ci chiedevamo quando sarebbe finita la partita. Alla fine abbiamo pareggiato 3-3, ma abbiamo colpito anche due pali con Priondolo e Milani, se no avremmo vinto. Il giorno dopo, con la Finlandia, se avessimo vinto la partita col Canada sarebbe stato più facile, invece con i finnici perdemmo 7-3; alla vigilia di quest’ultimo match avevamo tre punti in classifica, avevamo battuto gli Stati Uniti, ed eravamo quasi sicuri di rimanere in gruppo A e abbiamo mollato”.