Le avversarie dell’Italia: il Kazakistan

Le avversarie dell’Italia: il Kazakistan

Il Kazakistan è diventato negli ultimi anni un abituale avversario del Blue Team, presenza costante ai Mondiali, nei tornei annuali o nelle amichevoli. Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando il Paese asiatico si affacciò come oggetto misterioso sulla scena hockeistica internazionale: correva l’anno 1992 quando i kazaki si iscrissero alla IIHF, insieme ad altri 6 paesi del blocco ex-sovietico, come membri indipendenti:  Lettonia, Estonia, Croazia, Lituania, Ucraina, Slovenia, Bielorussia e Azerbaijan. Il 14 aprile la Nazionale kazaka faceva il suo debutto assoluto battendo 5-1 l’Ucraina, un altro Stato appena nato dalla dissoluzione dell’U.R.S.S.. Nonostante l’evidente disparità con gli altri partecipanti ai Mondiali Gruppo C, alla prima partecipazione a Lubiana nel 1993 i kazaki sconfissero 32-0 il Sud Africa, 23-1 l’Australia e 14-0 la Spagna, la partecipazione di altre nazioni “costrette” a partire dall’ultimo gradino del ranking IIHF come Slovacchia, Bielorussia, Ucraina e Slovenia relegò il Kazakistan in Divisione C per ben 4 edizioni, fino alla promozione in Pool B nel 1996, seguita immediatamente dalla prima ascesa nel Gruppo Élite, in un 1998 che rimarrà una delle annate migliori per il paese: il Kazakistan infatti sorprese il mondo vincendo il suo Girone alle Olimpiadi di Nagano, mettendo in fila Slovacchia, Italia e Austria prima di finire ultimo nel Gruppo della seconda fase (con tutti i futuri medagliati Russia, Repubblica Ceca e Finlandia) che significò un quarto di finale impossibile col Canada, perso con onore 4-1. In realtà a quel promettentissimo 1998 seguirono anni caratterizzati da un cambio generazionale e da problemi economici sia per la Federazione che per i clubs, incluso il Kazzinc-Torpedo Ust Kamenogorsk, da sempre la squadra di riferimento per l’hockey kazako. Il vento è cambiato nuovamente nel 2008 quando il Presidente kazako Nursultan Nazarbayev, grande appassionato di hockey, decise che la nuova capitale del Paese appena costruita, Astana, dovesse avere una squadra in Kontinental Hockey League. E così il modesto club cittadino del Barys divenne in un batter d’occhio la nuova super potenza dell’hockey locale. Pur senza grandissimi risultati in KHL, i  soldi derivanti dalla sponsorizzazione della compagnia ferroviaria del paese, ma soprattutto, dal 2012 dall’ingresso nell’Astana Presidential Club, una sorta di polisportiva controllata direttamente da Nazarbayev per promuovere, attraverso i successi nello sport, l’immagine del paese (e di se stesso), hanno portato in Kazakistan giocatori di buon livello, alcuni dei quali, come il canadese Kevin Dallmann, da anni uno dei migliori difensori della KHL, o l’americano Brandon Bochenski, ritiratosi l’anno scorso dopo una durissima carica subita da Alex Vasilchenko, convinti a prendere la cittadinanza kazaka. Buon ultimo, il portiere svedese del Barys Henrik Karlsson, che debutta con i colori della sua nuova patria proprio in Ungheria. All’ascesa del Barys, ormai principale fornitore di giocatori (e allenatori) anche per la nazionale, ha fatto da contraltare il relativo declino della Torpedo Ust Kamenogorsk, da un paio di anni diventata, per esigenze di sopravvivenza, farm club dello stesso Barys. Una realtà ormai consolidata tra i più forti club in VHL, la seconda divisione russa, è invece il Sary Arka Karaganda. Il campionato interno stenta invece a decollare in termini di passione del pubblico, nonostante i club più ricchi come Ertis Pavlodar, Beybarys Atyrau e Arlan Kokshetau, quest’anno vincitore del campionato dopo tre finali consecutive perse, investano un discreto budget nel costruire roster competitivi. Quasi sempre, infatti, una squadra kazaka è alle Superfinals di Continental Cup, con il buonissimo argento conquistato quest’anno a Minsk dal Nomad Astana, il farm team del Barys. La Nazionale, che, come detto, pesca quasi sempre la gran parte del roster dal Barys, si è negli ultimi anni costruita la fama di squadra ascensore, alternando dal 2010 un anno in Élite ed un anno in 1a Divisione. Assente dalle Olimpiadi da Torino 2006, il Kazakistan domina invece i giochi invernali asiatici, avendo spodestato il duopolio Cina-Giappone: in 6 partecipazioni sono arrivati 4 ori, l’ultimo l’anno scorso a Sapporo, e 2 argenti.

Il coach

Quello dell’allenatore è un problema annoso per il Kazakistan, che non è mai riuscito a trovare un “top-coach” per le proprie ambizioni. Dai tempi del compianto Boris Alexandrov, guru dell’hockey kazako che guidò la Torpedo per anni e la Nazionale a Nagano e fino al 2002, a cui oggi è dedicata l’arena ad Ust-Kamenogorsk, si sono succeduti ben 11 allenatori sulla panca della Nazionale, alcuni di buon nome come  Vladimir Krikunov, Ari-Pekka Selin ed Andrei Nazarov, ma nessuno per più di un biennio. Dopo l’esperienza con Eduard Zankovets, quest’anno allo Slovan Bratislava, si è puntato per questi Mondiali su un’affidabile soluzione “interna”: il 53enne Galym Mambetaliyev, già coach della Nazionale nel 2008-2009, transitato sulle panchine di quasi tutti i migliori club kazaki, Barys compreso ovviamente, dal 2011 coach degli Snow Leopard Astana, il club Junior del Barys. Coach di classica scuola sovietica, Mambetaliyev ha il vantaggio di conoscere ed allenare la maggior parte dei giocatori e di non essere costretto a vincere come i suoi più illustri predecessori.

Il roster

La squadra che il Kazakistan presenta in Ungheria è come sempre rappresentata per la quasi totalità da giocatori che gravitano nel “sistema” Barys: se a Budapest ci saranno “solo” 10 atleti del Barys su 22, contando anche chi gioca nel farm team Nomad, finalista di Continental Cup e sconfitto in finale, come detto, dall’Arlan, si sale fino a 18. Che diventano 20 se si considerano Leonid Metalnkov ed Evgeny Rymarev, provenienti dalla Torpedo, come detto, farm-team del Barys in VHL. Insomma gli unici due intrusi sono gli attaccanti Pavel Akolzin e Maxim Volkov, proveninenti rispettivamente dall’Arlan Kokshetau campione nazionale e dal Kulager Petropavlovsk, vincitore della Coppa.

Una squadra, quindi, che gioca a memoria e che ha i suoi punti di forza nei già citati Henrik Karlsson a guardia della gabbia, del difensore Kevin Dallman e negli esperti Roman Starchenko e Ivan Kuchin. Le novità e le sorprese assolute di questi campionati potrebbero essere il trio terribile del Nomad: il talentuosissimo Nikita Mikhalys, il veloce Dmitri Grents e lo sniper Alikhan Asetov, 22 anni per gli ultimi due, uno in più per Mikhalys. A Minsk hanno dimostrato tutte le loro qualità e la perfetta chimica sul ghiaccio. Saranno il punto di forza del Kazakistan per il prossimo futuro.

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