Mondiali: il precedente con Svezia e Germania

Mondiali: il precedente con Svezia e Germania

In occasione dei Mondiali riportiamo alla luce antiche battaglie degli uomini che hanno lottato per la maglia Azzurra. Uno spaccato con il quale si vuole narrare la storia della Nazionale e far conoscere ai lettori le gesta di campioni e accadimenti sconosciuti o dimenticati.

Può una Nazionale essere coinvolta inconsapevolmente in una disputa interna ad una Federazione straniera? A quanto pare sì. Il delicato tema sul numero di oriundi da utilizzare in Nazionale tenne banco anche alla vigilia del Mondiale del 1983, che segnò la seconda partecipazione consecutiva nel Gruppo A dell’Italia. Per l’occasione coach Dave Chambers convocò dieci italiani e diciassette oriundi; proprio gli oriundi furono il contendere tra l’allenatore canadese e il Vice Presidente Hans Inderst: il primo puntava a portare in Germania tutti gli “italo” a disposizione, il secondo, seguendo il programma federale, voleva che venissero inseriti gradatamente a roster i migliori giocatori di scuola italiana, tuttavia una serie di rinunce da parte dei giocatori italiani lasciò campo libero a Chambers che ridusse il loro numero a otto.
Scriveva Ugo Zucchermaglio sulle colonne dell’Alto Adige:

“L’aiuto di questi oriundi che ha fatto fare all’hockey azzurro un salto di qualità impensabile, si è rivelato ancora una volta necessario, indispensabile. E tale sarà anche per il futuro a meno di radicali cambiamenti nella struttura dell’hockey su ghiaccio in Italia”.

I fatti e le parole visionarie del giornalista contrastavano con quelle espresse dal Presidente Rimoldi un anno prima.
La spedizione in Germania si rivelò un disastro: nel turno preliminare gli Azzurri incassarono solo sconfitte, alcune anche pesanti. Tra queste, il Blue Team espresse la sua migliore prestazione contro la Svezia: alla Westfalenhalle di Dortmund gli scandinavi per aprire le marcature dovettero ricorrere al power play (in panca puniti Bob Manno) finalizzato al 15.52 con Jan Erixon, ma incassarono il pareggio di Adolf Insam a 39” dal primo riposo. Senza spingere la Nazionale delle Tre Corone trovò il nuovo vantaggio al 24.04 con Bengt-Ake Gustafsson; le parate di Jim Corsi tennero gli Azzurri sulla linea di galleggiamento fino al terzo tempo, quando i vichinghi aumentarono il ritmo e mandarono in archivio la pratica con la doppietta di Jörgen Pettersson e il secondo goal della serata di Erixon.
La Svezia, suo malgrado, evidenziò l’affidabilità dei giocatori di scuola italiana (Insam, Lodovico Migliore e Michael Mair) rivelatisi tra i migliori sul ghiaccio, coach Chambers, viceversa, con testardaggine, continuò ad osteggiarli per il resto della manifestazione.

Italia e Germania si incontreranno ad un Mondiale disputato in terra tedesca per la quarta volta; nei precedenti incontri gli Azzurri riuscirono a violare il ghiaccio “nemico” solo in un’occasione. Era il 2001, il Blue Team presentava in roster l’indimenticato Larry Rucchin: al terzino avevano diagnosticato un anno prima un tumore al colon, sottoposto ad intervento riuscì a riprendersi; coach Pat Cortina lo volle con sé e tre giorni dopo l’ultimo ciclo di chemioterapia si unì al gruppo in ritiro a Cavalese. Il coach italocanadese dovette rinunciare, tuttavia, a Lucio Topatigh, i legamenti del ginocchio sinistro lesionati costrinsero il “Falco di Gallio” a rimanere a terra.
Evitato il Gruppo retrocessione, grazie al pareggio con la Norvegia (4-4) e alla migliore differenza reti, l’Italia approdò al quello di Qualificazione ai playoff. I primi avversari furono i padroni di casa:

“Hanno una bella squadra, un buon sistema di gioco e difendono bene. Però hanno sulle spalle molta pressione perché tutti si attendono risultati positivi, e giocare così è difficile”.

rispondeva Mike Rosati interpellato dalla Gazzetta dello Sport. Giocando in Germania, il goalie italocanadese conosceva le loro virtù e i loro difetti.
Il buon sistema di gioco citato da Rosati venne messo in pratica dai teutonici che presero il controllo delle operazioni di gioco nel primo tempo, la pressione sulle spalle dei padroni di casa contribuì all’errore difensivo, in fase di liberazione, che consentì a Mario Chitarroni intercettare il disco, scambiare con Vezio Sacratini e battere Robert Müller. La macchina da guerra tedesca s’inceppò, il nervosismo li portò a giocare sporco: l’episodio più grave, non visto dall’arbitro, fu la bastonata di Marco Sturm (attuale coach della Germania) all’inguine di Armin Helfer che lo rese inutilizzabile nei restanti minuti di gioco. Tuttavia le penalità maturarono di lì a poco e il duo Sacratini-Chitarroni colpì nuovamente con la deviazione vincente del secondo sul tiro dalla blu del primo.
Senza Rucchin, out per problemi ad una caviglia, la difesa italiana, ridotta a giocare a tre linee, dovette incassare il goal di Thomas Daffner; il goal illuse i tifosi presenti alla Preussag Arena di Hannover, 3’ più tardi la cavalcata di Lino De Toni spense ogni speranza.

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