Continental Cup: sono Nottingham e Odense le altre due finaliste

Continental Cup: sono Nottingham e Odense le altre due finaliste

Assieme al girone di Collalbo si è disputato, secondo una formula ormai in uso da qualche stagione, anche un altro raggruppamento di semifinale per determinare le altre due finaliste che si daranno battaglia per il piatto d’argento in gennaio. La piccola ma accogliente e funzionale Odense Isstadion ha visto sfidarsi i padroni di casa dei Bulldogs, gli inglesi del Nottingham Panthers, i campioni di Ucraina del Donbas Donets’k e i vice-campioni di Francia dell’Angers. Bello spettacolo sul ghiaccio, con partite tutte dal risultato in bilico, meno sulle tribune, con molti posti vuoti, nonostante una folta rappresentanza inglese e un buon gruppetto di supporters francesi. Totalmente assenti i tifosi ucraini che invece erano arrivati in massa a Rouen qualche anno fa, segno della drammatica situazione politica in cui nel frattempo è precipitato il paese, con lo stesso Donbas costretto a lasciare la KHL e soprattutto la città di Donets’k, la cui modernissima arena, il cui nome “Arena dell’amicizia” suona oggi come una triste ironia, è stata distrutta negli scontri tra ribelli filo-russi ed esercito ucraino. La squadra, dal budget e dalle ambizioni drasticamente ridimensionate, gioca oggi in provincia, nella città di Druzhkivka, la cui piccola arena ospita al massimo 400 spettatori.

Nella prima giornata, si può già considerare una relativa sorpresa il successo dell’Angers proprio sul Donbas, capace di farsi rimontare due volte, prima di regalare la vittoria ai francesi grazie ad un marchiano errore in difesa, naturale conseguenza di un roster in cui ci sono molti giovani, accanto però a vecchie volpi delle piste come Oleg Shafarenko, Nikita Butsenko o Vladimir Toltushko, a cui manca soprattutto l’abitudine alla tensione agonistica, in una lega poco competitiva come quella Ucraina, dove le partite “vere” per il Donbas si riassumono in 4 o 5 in un’intera stagione. A differenza del roster francese, già finalista di Continental due stagioni fa, la cui ossatura è la stessa da molti anni, basata, come molte squadre transalpine, su un blocco di giocatori locali ed un manipolo di canadesi, tra cui spiccano il top scorer della scorsa Magnus Ligue Maxime Lacroix, subito a segno, e l’ex Bolzano Michael Busto. In serata il match forse più bello dell’intera tre giorni, con i Nottingham Panthers che danno una bella prova di forza portandosi sul 4-1, anche grazie alle indecisioni del portiere ceco dell’Odense Tadeas Galansky, per poi subire una mezza rimonta dei danesi, favorita anche dall’infortunio in uno scontro di gioco, ad inizio del terzo periodo, del portierone finlandese Miika Wiikman, che deve lasciare il ghiaccio ed il torneo, sostituito nella gabbia dal 21enne ceco Jindrich Pacl, un investimento che i Panthers hanno fatto per il futuro su un portiere che aveva fino ad ora giocato solo in leghe giovanili e che per il momento sta venendo ripagato. Pacl sarà decisivo nella seconda gara contro l’Angers, sfoderando una grande prestazione e chiudendo la porta agli attacchi francesi, sconfitti 4-3 nonostante la grande prova di Jonathan Lessard, 2 goals e un assist. La perla del pomeriggio è però quella del canadese Jeff Brown, fratello dell’attaccante dei Maple Leafs Connor, che segna il punto del momentaneo 1-1 con una grande giocata che combina tecnica e acrobazia. La gara dà il primo verdetto: Panthers in finale. I britannici, squadra solida e con spiccate individualità, avevano dovuto affrontare anche un turno preliminare, per un’astrusa decisione della Federazione internazionale, spadroneggiando nel girone di Jaca. In serata i Bulldogs recuperano le speranze di qualificazione superando – ed eliminando – il Donbas con la doppietta in rimonta, dopo il centro di Roman Blagoy, dell’americano Tony Romano, attaccante che in campionato viaggia alla media di più di un goal a partita, vero valore aggiunto, insieme al canadese Dale Mitchell,  di una squadra complessivamente modesta.  L’eliminazione precoce del Donbas, che nei valori tecnici non è parso inferiore nè all’Angers nè all’Odense, riflette ancora una volta il grande difetto delle squadre dell’est, che accomuna ucraini, bielorussi o kazaki (ed in parte russi): ai grandi mezzi tecnici non corrisponde un altrettanto spiccato killer instinct, il che, unito alla tendenza a specchiarsi un po’ nella propria bravura, finisce per bloccare sul più bello, ad un passo dal risultato.

Si arriva così all’ultima giornata con un’inutile Donbas – Nottingham, per di più giocata nell’inusuale orario delle 12, che serve solo ad aumentare i rimpianti degli ucraini, vincitori per 3-1 sui già sazi inglesi, dominati comunque sul piano del gioco e che hanno sbagliato il penalty shot del possibile pareggio con l’ex Fassa Petr Kalus, autore comunque di un ottimo torneo. Nel pomeriggio, invece, va in scena una vera e propria finale tra Odense ed Angers, entrambe appaiate a tre punti. Danesi che chiudono il primo periodo avanti di un goal, segnato dopo nemmeno un minuti da Rasmus Bjerrum, con un po’ di complcità del portiere Leo Bertein. Nel secondo periodo l’Angers parte fortissimo e domina i primi minuti, schiacciando l’Odense nel proprio terzo difensivo e facendo fioccare le penalità: durante una di queste Mathieu Gagnon trova lo spazio nel traffico per battere Galansky. E’ il minuto 28, nel giro di 120 secondi arrivano altri due goals: segnano di nuovo i padroni di casa con l’interessante prospetto Oliver Larsen, 17enne di 195 centimetri con già una stagione da titolare in Metal Liga, pareggiano i francesi con una furba deviazione di Robin Gaborit. I fuochi d’artificio si placano insieme al furore agonistico ed alle energie dei francesi, che lasciano ghiaccio ai padroni di casa che dominano il terzo periodo, non trovando però il goal qualificazione fino al minuto 58, quando il capitano Michael Eskesen trova la fucilata giusta dalla distanza, con disco che passa in mezzo al traffico e si insacca alle spalle di un Bertein sicuramente non impeccabile. E’ troppo tardi per una concreta reazione, così l’Angers si getta contro il muro danese ed avrebbe il disco del pareggio ad una manciata di secondi dalla sirena ma nè Bahain da lontano, nè Gaborit sulla respinta di Galansky riescono a battere il portiere.

Si conclude dunque con la festa danese una tre giorni di buon hockey che riporta in finale una squadra inglese dopo due anni ed una danese per il secondo anno consecutivo: per i valori visti in pista i Panthers possono legittimamente aspirare al piatto d’argento, mentre per i Bulldogs essere tra le prime quattro d’Europa è forse già il massimo risultato possibile.

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