Continental Cup Superfinals: un bilancio

Continental Cup Superfinals: un bilancio

Si sono concluse le Superfinals di Continental Cup con la vittoria, con percorso netto, dei padroni di casa del Rouen, che hanno superato i danesi dell’Herning per 4-0 nell’ultima gara, trionfando davanti al proprio pubblico.

Ora che si sono spente le luci della pista dell’ Ile Lacroix, proviamo a fare un bilancio di quanto visto nei tre giorni di gara

ROUEN DRAGONS: la squadra di casa ha meritato il trofeo, su questo non ci sono dubbi. Se nel 2012, in occasione delle prima vittoria, si era assistito ad un vero e proprio miracolo sportivo, di cui i tifosi gialloneri parlano ancora oggi come di un fatto irripetibile, con i Dragoni capaci di segnare tre volte negli ultimi minuti dell’ultimo periodo contro la corazzata Donbass, che aveva già pronte le magliette celebrative, quest’anno la squadra di Fabrice Lhenry, in pista in quell’indimenticabile notte, ha dominato il torneo mettendo in mostra un’organizzazione di gioco e dei valori individuali da team che può ambire ad entrare nella elite dei clubs europei, con un posto in CHL, in cui Rouen sbarcherà per la prima volta l’anno prossimo. E’ impressionante vedere come il club, che è una potenza in Francia, ma non dispone certo dei capitali dei big europei, sia cresciuto nel corso dell’ultimo decennio, con un piano manageriale ben definito, un’accurata scelta degli stranieri e la fidelizzazione degli stessi con progetti a medio periodo, senza fare un cambio generale ogni stagione come è invece proprio di molti clubs. Giocatori come Marc-Andrè Thinel e Francois Guenette sono ormai rouannois di adozione e difficilmente chiuderanno la carriera in altri club. Il capitano Patrick Coulombe, premiato come migliore difensore della manifestazione, nonostante sia a Rouen solo da due stagione, è totalmente identificato con l’identità del club, come dimostra l’affetto dei tifosi. Ma attenzione perchè i Dragons non sono (solo) la favola della bella famiglia: dopo la fallimentare stagione passata, con “solo” la Coppa di Francia in bacheca, il presidente Thierry Chaix ha deciso di dare un colpo di spugna, lasciando partire quei giocatori giudicati ormai senza motivazioni: sono stati ceduti due autentici “dragoni” come Julien Desrosiers e Jonathan Janil, rispettivamente dopo 10 e 5 stagioni in riva alla Senna più il blocco degli stranieri, per una volta scelti in modo sbagliato. C’è poi il fattore pubblico: i 2500 posti dell’Ile Lacroix sono quasi sempre esauriti, che si tratti delle partite contro gli acerrimi rivali dell’Amiens e del Grenoble, o  di match considerati secondari, un amore ricambiato dalle mille iniziative che il club anima fuori dal ghiaccio: campagne sociali, incontri nelle scuole, donazioni di sangue, scuole di pattinaggio, tutti con i giocatori in prima linea, a cementare un legame fortissimo con la comunità. Sul ghiaccio queste Superfinals hanno consacrato indubbiamente il talento di Marc-Andre Thinel, 34 anni, una NHL solo sfiorata a Montreal, ma tanta qualità mostrata in questi anni in Francia ed un killer instinct incredibile sotto porta. Insieme al suo, è brillato il talento di Loic Lamperier, giocatore frenato più dal carattere che dalla tecnica e Nicolas Arrossamena, due campionati vinti a Grenoble e Gap, ennesimo prodotto di quella miniera di giocatori di hockey che è l’isola di Saint-Pierre-et-Miquelon, territorio francese di fronte al Canada, dal quale evidentemente arrivano i benefici influssi hockeistici. Arrossamena, Chakiachvili, Guillemain rappresentano il luminoso presente dei Dragons, ma giovani come Vincent Nesa e Fabian Colotti, prodotti del fertile vivaio, sono già in rampa di lancio per assicurare una continuità vincente

HERNING BLUE FOX: forse mai medaglia d’argento è stata così distante da quella d’oro: i Blue Fox non hanno mai dato l’impressione di poter competere con il Rouene si ritrovano con un prestigioso secondo posto un po’ per caso. Questo non significa però non riconoscere i meriti dei ragazzi di Simioni: roster con l’età media più bassa – e notevolmente alzata dall'”intrusione” dei due vecchietti Jerred Smithson (1979) e Daniel Nielsen (1980) – i danesi non sono certo una squadra spettacolare o divertente da vedere, ma molto molto pratica, con un buon power play e un gioco veloce a cui ben si adattano le due frecce Jordan George e Kyle Essery – in goal contro l’Asiago – piccoli ma rapidi e tecnici. Deludente il tanto atteso Smithson, attaccante da 600 partite in NHL ma reduce da una stagione da pre-pensionato, ha lasciato il segno il goalie Simon Nielsen, eletto miglior portiere, tornato in Danimarca quest’anno dopo stagioni non indimenticabili in Finlandia per fare da secondo al titolare Lubos Pisar, ora infortunato

GKS TYCHY: squadra partita dal secondo turno eliminatorio, se non avessero perso la gara con l’Asiago, i polacchi sarebbero tornati a casa con il virtuale premio di “rivelazione”. Compagine solida e molto fisica, con un’impronta decisamente ceca nello stile di gioco, il Tychy ha pagato il noviziato ad un livello così alto, come ha dimostrato la disastrosa prima parte di gara con il Rouen e la sconfitta con l’Asiago, entrambe figlie di una scarsa concentrazione mentale. Senza talenti assoluti nel roster, la squadra si basa su un nucleo di affiatati giocatori polacchi – Marcin Kolusz, Jaroslav Rzeszutko, Adam Baginski e Michal Kotlorz su tutti, a cui si aggiungono una manciata di discreti cechi, con menzione per il forte difensore Michael Kolarz, in lizza per il titolo di migliore nel suo ruolo. Dopo anni di tentativi a vuoto, soprattutto del Cracovia, finalmente la Polonia è riuscita a portare una squadra all’ultimo atto della Continental, con un buon ritorno di immagine per l’hockey nazionale, spesso sui giornali più per i litigi tra federazione clubs che per i risultati sportivi. Segnare cinque goals al Rouen visto in questo weekend non è impresa da poco ed il punto da cui ripartire per un nuovo assalto all’Europa.

ASIAGO: la vittoria contro il Tychy cambia necessariamente il giudizio finale sulla prova degli uomini di Lefebvre: “oggi si è visto il vero Asiago” ha detto capitan Benetti dopo la partita con i polacchi; io credo invece che il vero Asiago, con tutti i pregi ed i difetti, si sia visto nella sfida “impossibile” contro il Rouen: una gara che i giallorossi avrebbero anche potuto portare a casa con più determinazione e lucidità, in cui si sono viste belle giocate – il goal di Nigro su tutte – ed errori di posizione marchiani, come quelli che hanno permesso i primi due goals francesi Da ricordare ancora una volta il talento di Josè Magnabosco, un gioiellino da coltivare, ed in generale le buone prove dei protagonisti meno attesi: da Pace a Matteo Tessari, al grintoso Marchetti, includendo nella lista anche Anthony Luciani: l’attaccante di Maple, Ontario non sarà un fenomeno, ma non è nemmeno il giocatore criticato delle ultime settimane. Dopo la partitaccia contro Herning, si è riscattato alla grande Andreas Lutz contro il Tychy, reagendo con orgoglio alle critiche piovute da coach Lefebvre. Un po’ sottotono Sean Bentivoglio, comunque miglior marcatore asiaghese insieme a Nigro.

L’ ORGANIZZAZIONE: dopo la prima giornata disastrosa a livello di comunicazione, con internet e streaming non funzionanti e relativa pioggia di reclami e critiche, lo staff dei Dragons, con un buon numero di volontari, si è impegnato con buona volontà per garantire un buon livello ad addetti ai lavori, giocatori e fans, anche se diversi problemi sono rimasti. La struttura dell’arena non garantisce molti spazi su cui distribuire le persone, a livello media, poi, è mancata una sala stampa ed un servizio di informazione che si trova un po’ dappertutto ormai: distribuzione dei rosters, line-ups, statistiche ecc. Anche la mancanza di conferenze stampa post-gara, con i giornalisti costretti ad improvvisate interviste nella sala ristoro, è stato un difetto da rimarcare.  A livello di supporters, anche se il tempo normanno non aiuta, non è stata prevista una fans zone all’esterno in cui poter fraternizzare, come normalmente accade.  Il grande aspetto positivo di Rouen come sede organizzativa è senza dubbio la passione dei tifosi di casa, non la location in sè. Ma l’anno prossimo i Dragons saranno in CHL, dunque per un anno almeno la IIHF dovrà fare a meno della sua sede preferita!

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