Vince chi arriva…ultimo

Vince chi arriva…ultimo

Nell’avvincente corsa per un posto al sole dei playoff 2015, c’è un gomitolo di team che, abbandonati i sogni di corsa alla gloriosa Stanley Cup, affila gli artigli in previsione dei prossimi (ed imminenti?) Draft in quel di Sunrise (Florida) il 26/27 Giugno prossimo.

Certo la data non è proprio dietro l’angolo, sembra persino prematuro parlare di Draft quando siamo nel momento hot della stagione regolare ma, gli stessi Entry-Draft sono e saranno sempre veri crocevia per quelle franchigie che, dopo una stagione di passione on-ice, tentano di ricucire il famoso strappo con i top team della Lega in progetti più o meno lungimiranti per tornare vincenti.

Quest’anno chiunque mastichi di hockey a qualsivoglia latitudine, dal tifoso, all’analista di turno o dal semplice addetto ai lavori, sa che il papabile designato #1 del Draft 2015 risponde al nome di Connor McDavid, Centro canadese degli Erie Otters (OHL, Ontario Hockey League) a fare benissimo da qualche annetto a questa parte nella competitiva lega giovanile dell’Ontario e non solo (doppio oro mondiale col Canada U18/U20) con costante attenzione mediatica in nordamerica dopo una stagione regolare strepitosa condita da 44 reti e 76 assist in sole 44 uscite!
Il secondo della lista in ordine di rilevanza/attenzioni quale ottimo prospetto al pari del funambolico furetto di Newmarket, è il centro a stelle e strisce Jack Eichel della Boston University (NCAA) che, dopo esser stato forgiato a regola d’arte dallo splendido US National Development Team, da freshmen nei College sta facendo benissimo sia con i Terriers (già alle Frozen Four in questi giorni!) sia in termini di punti con 24 reti e 43 assist in 37 uscite!.

Con l’introduzione della lotteria dei draft del first pick, non è quindi così immediata l’assegnazione del McDavid del 2015, stabilita da un sistema a percentuale nel definire le reali chanches per un team di portarsi a casa la prima scelta in base alla classifica vista al contrario della Lega; questo modo a cascata garantisce un certo numero di possibilità di avere o meno la primissima scelta.

Allo stato attuale dei giochi, con l’ultima settimana di stagione regolare da giocare, la situazione dei vari team vedrebbe i Buffalo Sabres (ultimissimi) ad avere il 20% di possibilità di pescare il prescelto McDavid, gli Arizona Coyotes (fanalini ad Ovest del Mississippi) col 13,5% mentre gli storici Edmonton Oilers, che negli ultimi anni hanno fatto incetta di prime scelte con risultati quantomeno catastrofici sul ghiaccio l’11,5% e così via sino all’ultimissimo team che abbandona la corsa alla Stanley con l’1% di McDavid possibilità.
Questo sistema cervellotico ai più che non hanno reale confidenza col sistema Draft, era molto più elastico ai tempi con l’assegnazione di diritto al peggior team la prima scelta, al team penultimo la seconda mentre il terzo dei draft andava nella squadra arrivata terz’ultima in graduatoria e così via.

Ma perché cambiare questo sistema a premiare la perdente?

Presto detto (e fatto) aiutandoci con qualche esempio ed aneddoto per gli aficionados di hockey: saltiamo indietro nel tempo sino alla stagione regolare 1983/84.
Fu per certi versi epocale il 1984, anno del passaggio di testimone tra due delle ultimissime e conclamante Dynasty più belle di tutti i tempi Lega, dai mirabolanti New York Islanders a trazione Billy Smith, Mike Bossy e Denis Potvin (che proprio quest’anno saluteranno il glorioso Nassau Veteran Coliseum)  alla generazione dei fenomeni degli Edmonton Oilers di Sua Maestà Wayne Gretzky, Mark Messier, Glenn Andersson e Grant Fuhr sino alla prima corsa alla sconfitta tra i New Jersey Devils ed i Pittsburgh Penguins.

Pittsburgh Penguins

new_jersey_devilsDiavoli e pinguini non erano i team che hanno fatto innamorare decine di migliaia di fans nel mondo come lo sono ora, di anno in anno era un impresa sbarcare il lunario tra il riempire le Arene in aree di altre influenze hockeystiche e non (NY andava per la maggiore) oppure a sgomitare con piazze storiche nel football e baseball come per Steel-City: in quell’anno il prescelto ai draft rispondeva al nome di Mario Lemieux, ragazzotto quebecois che nella QMJHL (lega giovanile del Québec) stava facendo sfracelli di punti in campionato (133 reti e 149 assist in 70 uscite!) e già designato ai tempi quale astro nascente nel firmamento dell’hockey moderno.
Nella regular season di quel lontanissimo 1983/4, è stata battaglia vera sino all’ultima sconfitta tra Devils e Penguins per arrivare ad accaparrarsi “Le Magnifique” abbandonati già i propositi di post-season da tempi immemori; con un famigerato record di soli 38 punti raccolti in 80 partite (a differenza dei 41 dei Diavoli!) quella scelta cambiò per sempre i destini di MariOne Lemieux, dei Pittsburgh Penguins e dell’intero palcoscenico della Lega negli anni a venire.
La storia (ovviamente) darà ragione a Lemieux ma lo spettacolo (talvolta penoso) andato in scena di volta in volta nel rush di regular season dei due team, allegrotti ed apparsi sul ghiaccio in forma tutt’altro che smaniosa di vittoria, fu il primissimo campanello d’allarme ai vertici della Lega in questa direzione:

perché premiare quindi i perdenti?

La domanda aleggiò per qualche altro annetto (dieci) prima che i commissioner si riunirono per elaborare una strategia differente: nel mezzo gli spettacoli migliori li proposero i Leafs la stagione seguente con Wendel Clark, Buffalo che portò a casa nell’87 Pierre Turgeon (nuovo predestinato) al pari di Mike Modano, la risposta a stelle e strisce ai vari Gretzky e Lemieux per i Minnesota NorthStars prima della tripletta dei rimpianti Québec Nordiques col leggendario Mats Sundin, il granitico Owen Nolan sino al famigerato Eric Lindros, primo avventore della generazione dei figli del portafogli.

imagesDopo solo otto annetti dai Lemieux-Facts, la Lega propose il cambio di tendenza dopo l’ennesima corsa alla sconfitta già iniziata ad inizio stagione dei neo-arrivati Ottawa Senators: tornati nella capitale canadese dopo una cinquantina d’anni di assenza dai primissimi fasti degli anni ’20-’30, i Senatori avevano già adocchiato in Alexandre Daigle il nuovo prescelto, uomo franchigia sul quale allestire attorno a lui il nuovo corso dei Sens.
Dopo una campagna splendida condotta già nel 1989 dal gruppo di Bruce Firestone per far tornare ad Ottawa l’hockey che conta, la stagione 1992/3 nasceva già sotto i migliori auspici ma si sa, l’allestire dal nulla una franchigia è ancor più difficile che il partire da zero:

“…perchè non rendere la sconfitta una vittoria?”

l’overture per certi versi storica vinta per 5-3 contro Montréal (campioni quell’anno) naufragò miserabilmente già con le primissime sconfitte, talune imbarazzanti come contro la gemella Québec (2-9,3-7) Isles (3-9,2-7) sino all’epocale KO contro Buffalo per 3-12(!) ed allora intuito le reali intenzioni di non dare tutto sul ghiaccio della franchigia (solo 10 W in 84 partite!), ventilava già negli uffici dei GM, nei sottobanchi delle arene e nei giocatori stessi, la fama di perdere-vincendo  con accordi quanto meno taciti per assicurarsi i servigi di Daigle, col GM dei Senators a voltare le spalle alle proposte di scambi con certi illustri “ma poco papabili” Chris Pronger, Paul Kariya e Jason Arnott (solo per citarne qualcuno), con Alexandre-The-Great  ribattezzato negli anni a venire uno dei peggiori flop tra prime scelte.

Detto e Fatto
nhl-logoLa Lega decise di mettere la parola fine dai draft del 1995 a questo sistema a perdere quale premio per la deliberata “voglia di sconfitta” col padre della lotteria (cervellotica) moderna con assegnazione non automatica della prima scelta in base alla posizione in graduatoria: le ultime 5 in graduatoria avevano sino al 2012 la possibilità di pescare il prescelto di turno in base a percentuali/sorteggi volti a cambiare di anno in anno.
Dal 2013 il lotto delle pretendenti è stato allargato a tutte le escluse dai PO con piccoli accorgimenti per quanto concerne le percentuali di vittorie che, negli ultimi annetti hanno spesso premiato gli Edmonton Oilers con ben 3 prime scelte in cinque annetti senza però cambiare la situazione disastrosa dei petrolieri dell’Alberta ma questa è un’altra storia di un altro capitolo.

Dall’originale al quale siamo tutti affezionati di inizio anni ’80, con vittorie illustri, dinastie a durare nel tempo unito ai grandissimi nomi che sono diventati sinonimo di storia, rimarrà la celeberrima battaglia del 1984 alla sconfitta tra Pinguini e Diavoli, la corsa all’ultima piazza di Ottawa del ’92 di inizio stagione ma è anche questo l’hockey che ci piace, quello di chi perde VINCENDO!

Ultime notizie
error: Content is protected !!