Nemo propheta in patria. Dove c’eravamo lasciati

Nemo propheta in patria. Dove c’eravamo lasciati

di Marco Depaoli

Rieccoci pronti. Tra le solite crisi, discussioni e rattoppamenti finalmente torna a scorrere il disco sul ghiaccio in Italia, pronti a goderci la Supercoppa stasera e l’avvio del campionato sabato. In realtà l’hockey tricolore è già sceso in pista con il Bolzano che dopo un’estate di punti di domanda e di ricerca di soldi ha già esordito in EBEL e in Champions League con una squadra che ha iniziato di conoscersi in aeroporto alla viglia di due sfide che l’hockey italiano sognava dai tempi del Bolzano dei due russi contro la Dynamo Mosca e delle milanesi a Düsseldorf.

Il nostro hockey rispecchia fedelmente la realtà italiana. Talenti, potenzialità e ricchezze che trovano consacrazione solo fuori dai confini nazionali. Individualità fuori dal comune che devono “farsi da sole” combattendo contro una completa disunione. Riuscendo ad eccellere meglio quando l’acqua arriva alla gola ed occorre imparare a nuotare. Affidarsi alla provvidenza e venire spesso da quella premiati.
E in questo ambito che uno stanco Bolzano dopo anni tutt’altro che entusiasmanti (anche con lo scudetto sulla maglia) torna a far esplodere la passione una volta varcato il Brennero. Ebbene sì, il presidente Knoll ancora una volta ha bagnato il naso a tutti. Ad austriaci, magnati dei grandi marchi, agenzie di scommesse e detrattori, fuori e soprattutto dentro il nostro movimento. Durante l’estate 2013 aveva sorpreso tutti con l’annuncio shock dell’iscrizione in EBEL. Un’estate di scetticismo, derisione e polemiche culminata con la lettera di richiesta di risarcimento danni da parte delle altre società. Si diceva che non avrebbe mai allestito una squadra competitiva, che i tifosi in cerca del “tricolore della seconda stella” avrebbero disertato i palazzi, che i media non avrebbero seguito le avventure di una formazione emigrante. E invece eccolo qua il “miracolo italiano” del Bolzano Sudtirolo, a mostrare i suoi sponsor in diretta televisiva in tutta l’Austria e non solo, con sold out che non si vedevano dal giorno dell’inaugurazione del Palaonda, code ai botteghini in prevendita polverizzata in poche ore, paginoni sui giornali locali e in prima pagina sulla Gazzetta dello Sport, evento mai accaduto, così a memoria. Un successo che manda i biancorossi in Champions League e tanti saluti al “brutto ricordo” del campionato italiano con 400 spettatori per vedere Fassa e Pontebba. Tanti tricolori sventolati in curva, inno nazionale cantato ad inizio partita ma sempre più lontani da quella patria, con lo stesso sfacciato orgoglio delle comunità italiane in Germania che prendono così tanto le distanze dalla convivente popolazione tedesca, ma che si sentono così vicine alla correttezza del loro sistema Paese, delle loro regole certe e puntuali, e del conto in banca all’epoca in marchi.
Le stesse società che la scorsa estate si son sentite tradite dalla fuga del Bolzano alla fine hanno solo dato l’impressione della “volpe e l’uva” tentando anche loro di accedere alla nuova frontiera dell’hockey ora davvero decaduta, sognando anche loro di vedersela con Vienna e Villach. Squadre che invece hanno loro malgrado dovuto “accontentarsi” del campionato italiano che tanto scarso non è, ma che riesce da solo a sminuirsi. Una formula azzardata è riuscita a tenere lontano il pubblico dai palaghiacci anche ai play-off. Solite piazze ad alzare la media (Brunico su tutte) ma il campanilismo da solo non basta più, soprattutto senza l’odiata Bolzano. Solo 900 spettatori a Cortina e 1.200 a Renon per due gare decisive di semifinale, rispettivamente in un quasi derby con il Pusteria (che s’è portato all’Olimpico un nutrito gruppo di fan a “fare il totale”) e contro i campioni in carica dell’Asiago. A parte la gioia del Ritten Sport per il primo storico successo le altre squadre chiudono in passivo, almeno per quanto riguarda l’entusiasmo. Il Pusteria s’è lasciato scappare l’ennesimo tentativo di successo, l’Asiago col pasticcio di Di Domenico ha rovinato l’affetto dei tifosi in una stagione partita in modo esaltante con l’ottimo risultato in Continental Cup. Ecco, un’altra gioia maturata all’estero. La Valpe in regular season ha fatto scendere la sua media di 500 presenze, ha speso molto, ha raccolto poco e ha penato per iscriversi di nuovo. Il Cortina ha fatto meglio delle aspettative ma restano i problemi di costi e poco affetto attorno, a Vipiteno ha pagato l’entusiasmo della neopromossa, il Val di Fassa è riuscito a galleggiare raccogliendo finanziamenti in extremis. Stagione difficile a Milano, pochi soldi, scommesse perse e quella favola dei russi della KHL che pesa sull’ambiente e che rischia di ritorcersi contro a livello d’immagine in barzelletta. Un’altra enorme potenzialità dall’estero che si scontra con disunione, organizzazioni non all’altezza e soprattutto mancanza di strutture.
Disintegrata la serie cadetta, l’erba verde del vicino è stata bruciata dal successo dell’Egna, anch’esso al primo anno “di là” con in squadra giocatori che hanno preferito una seconda divisione vetrina per altri palcoscenici che una massima divisione nazionale fine a sé stessa. Le “5 sorelle” si sarebbero ancora iscritte in INL se un coraggioso diktat della federazione non le avesse riportate all’ovile. Roster alla mano non dovrebbero sfigurare più di tanto nel massimo campionato, se non altro contro la metà meno competitiva dell’ex Elite.A, fu serie A1, ora restaurata Serie A. Una decisione federale che, nonostante i mugugni e le forti prese di posizione delle dirette interessate, molti malignano venga incontro proprio alle “fuggitive”. Cosa che però ha fatto mandare su tutte le furie la federazione austriaca. Un motivo in più per storcere il naso nei nostri confronti da parte del mondo dell’hockey d’oltrebrennero alle prese con le insistenti richieste (per quanto plausibili) del Bolzano sui diritti tv, le voci tardamente smentite sulla possibile non iscrizione quest’anno e un’idea generalizzata della poca osservanza delle regole precostituite da parte dell’ultima arrivata. Ma poi, non doveva presentarsi d’obbligo una squadra del Bolzano nelle juniores dell’Austria?
Infine, per quanto possa valere la Lega Carinziana, si registra un successo per una formazione italiana anche lì, alla sua prima apparizione. La scelta del Dobbiaco di non giocare più in Italia è stata data più che altro dai minori costi delle trasferte, ma le sirene all’estero non hanno dovuto suonare così forte.

Aria austro-ungarica anche per le ragazze dove, da un campionato italiano a 4 squadre che viaggia a vista organizzato all’ultimo momento, spicca un Bolzano Eagles che va a conquistare il prestigioso EWHL  sconfiggendo il blasone viennese che sembrava imbattibile dove milita l’italiana Bettarini che ormai manca dal Bel Paese da parecchio tempo. Come lei stanno crescendo i giocatori italiani all’estero, con tanti sacrifici ripagati con un enorme bagaglio d’esperienza sia come giocatori sia nella sfera privata. Il gardenese Diego Kostner ha sfoderato l’anno scorso un ottimo campionato a Lugano in LNA, sui suoi passi Rampazzo del Renon sta facendo i bagagli con destinazione la Svizzera come pure il giovane compagno Spinell diretto in terra elvetica. Alex Trivellato ha appena pattinato in Champions League con la maglia del Berlino mentre Stefan Mair è il primo allenatore italiano nella DEL tedesca. Il suo Schwenninger, neopromosso, s’è salvato dalla retrocessione. Ci riproverà anche quest’anno.

La scorsa estate il nostro hockey d’Elite ha perso Pontebba ed Alleghe. In Friuli l’hockey è tornato a livello dopolavoristico mentre ai piedi del Civetta s’è camuffata la formazione degli Amatori Agordino in un Alleghe che raccoglie le ceneri dei fasti della serie A per ripartire con meno soldi ma più affetto dei suoi convalligiani.
Dai campionati juniores sono emersi validi giocatori che vedremo presto allungare le panchine delle prime squadre.
Si riparte da oggi con altre defezioni. Il Merano torna in serie B, mentre fa molto male la sparizione della senior del Trento. L’altra trentina Malé Val di Sole torna nella sua dimensione amatoriale, sparisce invece la squadra “italiana” del Bolzano.
Un hockey italiano che comunque regge e vuole ripartire, frenando le spinte centrifughe dell’Alto Adige. Dopo decenni alla guida della federazione non c’è più un altoatesino, finita l’epoca Bolognini ereditata da quella Seeber. I veneti Andrea Gios e Tommaso Teofoli hanno le idee chiare in testa e tanto entusiasmo. La loro elezione li mette ora sul banco di prova per far ripartire il movimento. Progetti a base triennale, e che stavolta siano triennali davvero. Restiling di un sito silente e impreciso, working in progress per puntare su un marketing e una comunicazione che negli ultimi anni è stata zoppa, soprattutto per sfruttare il potenziale della nazionale sulla falsariga di altri sport. Stop a wild card a squadre che come una fiammata vincono e spariscono, un freno a farmteam improponibili e l’obiettivo di un successo nei bilanci, più che nei risultati, spingendo i presidenti a presentare bilanci trasparenti ed avere aspettative di vittoria coerenti con il budget. Questi gli intenti di inizio mandato.

Campionati giovanili 2013/14 con buone squadre ed altre materasso con tante difficoltà, economiche e di organico tanto da registrare più di una partita non giocata per mancanza del numero minimo di giocatori al via. A questi si sommano partite saltate per disorganizzazione e incomprensioni tra le squadre. Sono poche le società che hanno saputo stringere una produttiva collaborazione con altre realtà, spesso con pessimi rapporti di vicinato. Attriti che non giovano né agli atleti stessi né alle casse delle società.
Rispetto al calo già partito dagli anni precedenti, i tre campionati nazionali (under 20, 18 e 16) ripartono complessivamente con un bilancio di 6 squadre in meno. L’under 20, il campionato giovanile di rappresentanza, è sceso a 7 squadre.

Non benissimo è andata l’anno scorso con le rappresentative nazionali, che quest’estate non si sono nemmeno ritrovate per camp o amichevoli. L’Italia senior è tornata dalla Bielorussia con una retrocessione. Pokel non ha compiuto un secondo miracolo, o meglio, l’ha fatto solo contro la Francia. Quest’anno si ripartirà dalla Polonia con un nuovo allenatore, non un nome noto al pubblico italiano, per cercare di risalire o per dare esperienza a qualche talento nostrano. I due obiettivi appaiono di difficile convivenza.
L’unica soddisfazione azzurra arriva dall’under 20. Con Robert Chizzali l’Italia torna in Division 1/A (la serie B) dopo tre anni in terza categoria. Gli Azzurri sono attesi per altre soddisfazioni in dicembre ad Asiago contro Norvegia, Lettonia, Bielorussia, Austria e Slovenia. Per impegni personali non ci sarà coach Chizzali, al suo posto Erwin Kostner, non certo comunque uno sprovveduto.
Destino opposto per l’under 18 di Alex Gschliesser che torna dalla Francia con la retrocessione in serie C. Si riparte da Maribor ad aprile contro l’Austria, la Slovenia, il Giappone, quel che sarà dell’Ucraina e la Lituania. Un vero peccato perché buoni risultati s’erano visti al torneo di Colmar due mesi addietro proprio contro le squadre che hanno avuto invece la meglio al mondiale. E’ stato quello l’unico “4 Nazioni” andato a buon fine, precedentemente la rappresentativa U18 aveva ottenuto un punto su 6 gare. Peggio l’under 20 che al 4 Nazioni di Bled non ha mai vinto in 3 partite. L’under 16, non avendo un mondiale di categoria, ha giocato una lunga serie di tornei raccogliendo però due vittorie in 12 partite.

Anno nuovo vita nuova si suol dire. Nell’hockey italiano più che mai. Apprestiamoci a vivere una nuova stagione del nostro sport. Ci divertiremo comunque.

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