Eterno simbolo della lotta e riscatto nella vita: Good Luck Gino!

Eterno simbolo della lotta e riscatto nella vita: Good Luck Gino!

Sulla Home Page del sito ufficiale dei Vancouver Canucks oggi è comparsa una lettera di uno dei giocatori simbolo per la franchigia della BC, Gino Odijck che mostra al mondo l’ennesima durissima battaglia che vede vivere nella sua vita questo carismatico ex-giocatore di hockey.
Sotto proponiamo la traduzione della lettera aperta di questo splendido e coraggioso uomo simbolo eterno per la lotta e riscatto sociale.
Questo terribile nemico stavolta si chiama amiloidosi ed è una malattia che provoca la produzione ed il deposito nel cuore di una proteine atipica che causa l’indurimento del muscolo cardiaco.
Prima che la notizia si divulgasse sui media è stato lo stesso giocatore ex Canucks,Isles,Flyers e Canadiens a portare all’attenzione delle masse il suo dramma che ancora una volta lo vede affrontare forte del suo immenso spirito e voglia di lottare che lo hanno sempre contraddistinto: ma chi è Gino Odijck?
Ai più questo nome non dirà tanto, poco meno di 170 punti in NHL in “sole” 605 apparizioni nell’arco di una dozzina di stagioni, giocatore goffo e sgraziato come pochi sui pattini con “movimenti e gesta che ricordavano più un tagliaboschi con la sua scure nei boschi delle Rocky Mountain” che un giocatore di hockey famoso (forse?) solo per i suoi 2567 PIM in carriera. “…si certo era un ottimo goon (agitatore) diranno i poi…” ma non era solo questione di menar le mani o far zuffe degne dei saloon ghiacciati NordAmericani Gino (1,90mt per quasi 100kg.) incarna tutt’ora il riscatto di quanto si possa lottare ed emergere nella vita e per far questo raccontiamo di lui iniziando dalle origini.
Nato nel Settembre del ‘70 in una riserva indiana Algoquin a Maniwaki (Quebec), Gino è cresciuto in un contesto particolarmente difficile e poco agiato classico (purtroppo) per un nativo americano con pochissime possibilità di riscatto sociale e sin da subito inizia ad emergere col proprio peso e spirito a farsi conoscere nel mondo hockeystico grazie al suo modo di apportarsi al mondo.
Dopo due buone stagioni nella Qmjhl arriva la chiamata al Draft del 1990 (quinto giro) da Vancouver scelto più per le sue doti da “agitatore” che da pattinatore; con un pizzico di farina del proprio sacco il leggendario Pat Quinn lo farà innamorare alla platea della BC. Dopo il suo debutto tra i pro contro i B‘Hawks, una rete a referto e la sua primissima bagarre nella Lega contro un killer del tempo (un certo Dave Manson), il canto “Gino!Gino!Gino!” sollevatosi al termine del primo scambio di cortesie tra i pro, diverranno marchio di fabbrica Made in Vancouver accompagnando sempre questo roccioso giocatore che alla prima intervista dichiarerà “…beh son contento di esser sopravvissuto contro Manson…”.
Odijck inizia ad inserirsi in una realtà veramente diversificata dalla sua piccola comunità: era consuetudine per lui perdersi tra le vie ed i grattacieli della metropoli canadese, iniziava ad abituarsi ai locali, ristoranti e vie affollate anche se preferiva sempre le silenziose montagne del Pacifico ed aiutato da una guida locale della comunità degli Musqueam per lui era come “sentirsi a casa nonostante la distanza”, mal digeriva gli abiti di apparenza che ogni pro doveva mostrare (preferiva maglioni e vesti “più comode” come fa tutt’ora) ed anche sul ghiaccio non era certo un picchiatore alla Tie Domi o Stu Grimson (pugili sui pattini in quegli anni) ma ovunque c’era da scatenare bagarre o difendere i propri compagni Gino era sempre presente, forse non il primo ad arrivare alle mani ma di certo l’ultimo a lasciare il ghiaccio poco conta se ferito o sanguinante.
La stagione da rookie va in archivio con sole 45 uscite e poco meno di 300 minuti di panca puniti ma Quinn l’anno seguente lo affiancherà spesso in prima linea(!) ad un certo Pavel Bure, fresco esordiente in Nhl, per guardare le spalle al Russian-Rocket dall’assaggio del mondo nordamericano. Tra i due nascerà una profonda e reciproca amicizia (ed ammirazione) nonostante il diverso mondo di appartenenza con Bure, osannato dai più e vero uomo simbolo dello show business che inizia a farsi strada nella Lega mentre Gino che, a differenza dello stellare russo, avrà per tutta la carriera un profilo decisamente più basso aiutando la propria comunità per far in modo che “…ogni First Nation possa emergere dalla propria condizione ” mentre sul ghiaccio “…non voglio essere il più cattivo o il miglior agitatore della Lega, voglio solo prendermi cura dei miei compagni/fratelli di squadra”.
Se Detroit aveva Yzerman, Boston aveva Bourque ed a Pittsburgh Lemieux & Jagr facevano la gioia dei Pens, Vancouver aveva Gino e per i teammates era una garanzia “…non importa come nasca una bagarre, sappiamo che a guardarci le spalle c’è sempre Gino”(cit.Cliff Ronning). Nella stagione 93-94 mette a referto ben 16 reti(!) con i Canucks che arriveranno ad un niente dall’agognata tazza (ai Rangers dopo 54 anni di digiuno) ma saranno meno fortunate gli altri anni in quel di Vancouver con un team che non riesce ad imporsi sul ghiaccio nonostante l’abbondanza di stelle (Trevor Linden, lo stesso Pavel Bure senza dimenticare i vari Lumme e MacLean con l’arrivo di Mogilny nel finale) e quando finisce l’era di Quinn inizieranno anche i primi problemi di salute per Gino.
Lega tantissimo con la comunità di Vancouver e da allora non se n’è mai distaccato anche quando i “suoi” Canucks gli voltano le spalle scambiandolo con gli Isles dopo quasi 8 stagioni, poco più di 400 partite e quasi 2000(!) minuti di penalità ed epiche  scazzottate contro altri goon del calibro di Domi, Brashear e lo stesso Manson compreso l’aver messo KO ben 5(!) giocatori di St.Louis nei PO del ’95.
La vita di un agitatore è costellata di numerose commozioni e traumi soprattutto a livello celebrale ma nell’alto della sua umiltà non ne ha mai fatto un “exploit” o motivo di “tirarsi indietro” : solamente a fine carriera arriverà quest’ammissione dopo i brutti eventi che hanno coinvolto altri “enforcer” del passato come Belak o Probert . A riprova di ciò, lontano dalla sua Vancouver saranno sempre meno le sue comparsate sul ghiaccio e sempre più i problemi fisici sia a Long Island (due annetti e mezzo con sole 80 uscite) mentre a Phila fa sole 30 uscite in due anni per chiudere a Montréal con meno di 50 partite.

Appeso i guantoni al chiodo, Gino con moglie e figli che tutt’ora lo sostengono nelle sue molteplici attività nel campo dell’imprenditoria edile creando opportunità di lavoro e nuovi inserimenti nel sociale delle varie comunità dei nativi e per la propria tutela e salvaguardia della Cultura First Nations, gestendo pure un centro golfistico nella sua casa sempre in quel di Vancouver, città che lo ha adottato ed amato, hockeysticamente mai dimenticato (nella Top 10 dei migliori Canucks in quarant’anni e passa di militanza in NHL della franchigia canadese) e unita contro questa nuova e durissima battaglia.

Questa la traduzione della lettera aperta a chi lo ha amato e mai dimenticato
Good Luck Gino

Cari amici, compagni, fans,
Abbiamo condiviso molti momenti importanti insieme negli anni, ma oggi ho bisogno di condividere una notizia sulla più grande battaglia della mia vita.
Circa due mesi fa mi è stata diagnosticata una rara malattia terminale chiamata amiloidosi. Questa provoca la produzione ed il deposito sul mio cuore di una proteine atipica. Questo provoca l’indurimento del cuore ed i medici nono sono sicuri quanto potrò sopravvivere. Inizialmente pensavano anni, ma ora pensano possa essere molto meno. Mesi o qualche settimana.
Ho cominciato a curarmi pochi giorni dopo la “Ring of honour night” di Pat Quinn. Sono andato all’ ospedale perchè avevo l’affanno e 48 ore più tardi mi hanno fornito la diagnosi. Sono stato in ospedale da allora sotto il controllo di alcuni ottimi medici. Ho anche il supporto dei miei bambini, delle mie sorelle, della mia famiglia e degli amici
Vi parlo di questo ora perchè la notizia ha iniziato a filtrare e voglio che la conosciate da me. Voglio anche che sappiate che il mio spirito è forte anche se il mio corpo non lo è. Sto usando il mio tempo per stare assieme ai miei bambini ed a tutti quelli che amo.
Mi sento molto fortunato per come ho vissuto. Durante la mia carriera ho vissuto in alcune grandi città come Vancouver, Long Island, Philadelphia e Montréal. Nel mio cuore sono sempre stato un Canuck ed ho sempre avuto un rapporto particolare con i fan qui. Il vostro urlo “Gino, Gino” era il mio preferito. Spero di sentirlo ancora. Siete fantastici
I miei compagni sono diventati come fratelli e sono grato di aver avuto l’opportunità nell’anno passato di ritrovarmi con alcuni di loro. Non dimenticherò mai il mio primo match NHL contro Chicago ed il mio primo goal. Questo ha anche significato per me che la mia carriera nell’ hockey mi ha dato la possibilità di aprire le porte per i bambini delle comunità aborigena. Ero solo un piccolo ragazzo indiano che veniva dalla riserva. Se io ho potuto farlo, potranno farlo anche loro. La mia speranza è che la mia storia nell’ hockey aiuti a mostrare ai bambini cosa è possibile fare. Ho sempre detto loro che l’educazione è libertà.
Mi sono anche fatto alcuni grandi amici dentro e fuori dal ghiaccio. Gli amici di una vita che mi sono stati vicini quando ho vissuto il mio sogno sul ghiaccio. Questi ha reso il mio viaggio speciale e prezioso
Questo non è un addio ma ho voluto farvi sapere cosa sta succedendo. Sarò forte e spero di passare più tempo possibile con i miei bambini.
Capisco I media a cui piacerebbe saperne di più ,a spero possiate rispettare la mia richiesta di privacy per farmi concentrare sui miei figli e la mia famiglia
– Gino

 

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