Finale EBEL: Gara 2 – Quegli ultimi cinque minuti e la febbre biancorossa

Finale EBEL: Gara 2 – Quegli ultimi cinque minuti e la febbre biancorossa

Questione di temperature. Dal gelo all’inferno, tutto in cinque minuti. Raffl che si inventa un coast to coast e semina la difesa biancorossa infilando il puck sotto le gambe di Hübl. Fuori la primavera assomiglia all’estate, i 7.200 del Palaonda alzano la colonnina di mercurio fondendo il ghiaccio, ma in quel momento fa freddo e i brividi corrono lungo la schiena. Il Bolzano fa fatica, uscire dal terzo difensivo sembra un’impresa e serpeggia la convinzione che, prima o poi, i Red Bulls infieriscano con il colpo del K.O.. Scrollato di dosso il micidiale uno-due degli austriaci, però, la meravigliosa curva biancorossa e le tribune tornano una bolgia, il settimo uomo in campo per il Bolzano ricomincia a pattinare con le ultime energie insieme ai ragazzi in campo. Tanti i volti nuovi in questo HCB versione EBEL, ma c’è un ragazzone classe ’89, figlio d’arte, da quattro anni nel capoluogo altoatesino. Marco Insam è lì, a qualche metro dalla porta, braccato stretto da un difensore. Schofield lo vede, gli serve un disco d’oro e Marco non ci pensa un attimo: un missile, un siluro che fredda Brückler senza possibilità di appello. E il Palaonda diventa una bolgia infernale. Il 2 a 2 arriva a poco meno di sei minuti dalla sirena finale e il Bolzano, che si era appena fatto rimontare e sembrava ormai inevitabilmente sulle gambe, sembra volare sulle ali dell’entusiasmo, quelle ali rubate ai Red Bulls già in gara 1. C’è poi un giocatore protagonista di una gara e di un campionato eccezionale: Ziga Pance, dopo aver già segnato la rete dell’1 a 0, vede la porta e si invola verso Brückler, che gli nega la gioia del goal. Ma quella stecca andata a disturbare lo sloveno costa caro al giovane difensore canadese Michael Boivin, che viene spedito dagli arbitri nel pancone dei cattivi. Il Palaonda è in apnea mentre Egger e compagni giostrano in powerplay. C’è un lottatore nel Bolzano, uno dei tanti, un ragazzone finlandese di neanche 27 anni con una moglie e una splendida bimba, che tratta come il più delicato dei fiori: è Kim Strömberg, che in pista si trasforma e diventa un incubo per gli avversari, costantemente morsi alle caviglie dall’ala della prima linea bolzanina. Strömberg aggirando la gabbia alla rincorsa del disco impatta contro il bastone di Brückler, che si perde lontano dal goalie dei Red Bulls, poi si va riprendere di forza quel puck e lo consegna al suo capitano, un pezzo di storia biancorossa, Alexander Egger. Da buon comandante, l’altoatesino si carica sulle spalle la squadra e si inventa un diagonale da sogno per MacGregor Sharp, dimenticato dalla difesa: lui, a Bolzano da tre stagioni, probabilmente non si sarebbe mai sognato di vedere oltre settemila persone con il fiato sospeso mentre controllava il disco, se lo aggiustava e lo infilava in rete. Il cronometro, nel catino infernale del capoluogo altoatesino, segna ancora 3 minuti e 26 secondi alla sirena finale: un’eternità. Il tempo era accelerato quando Insam e Sharp avevano ribaltato il risultato, ora improvvisamente tutto si ferma e i secondi sembrano minuti. Quando Nicoletti finisce in panca puniti, poi, il time-out chiamato da coach Don Jackson sembra durare giornate intere: senza il portiere, con il sesto uomo di movimento a oltre tre giri d’orologio dalla fine (mossa azzardata?), il Salisburgo prova l’assalto finale. Ma è tutto troppo bello per rovinare la festa al Bolzano. Questo Palaonda merita un finale trionfante. Minuto 58:21, un disco si perde in neutra con la porta austriaca sguarnita. Trent Whitfield, 36 anni sulle spalle e non sentirli, ingaggia un duello da centometrista contro Brian Fahey, tre anni più giovane di lui: spalla a spalla i due si involano verso il disco, al fotofinish lo Usain Bolt biancorosso riesce a vincere lo sprint e ad appoggiare il disco in rete. E’ la liberazione, settemila persone possono fare festa dentro e fuori lo stadio. Nelle strade si suona il clacson, all’uscita degli spogliatoi più di un centinaio di tifosi aspetta i Foxes per dedicare loro il giusto tributo. Questo Bolzano ha risvegliato la città, la febbre hockeystica è più alta che mai.

Adesso, però, c’è da premere il tasto pausa. Due a zero nella serie, è vero, a un passo dalla conquista della EBEL. Ma manca la vittoria più difficile, l’ultima, contro una squadra dal dente avvelenato e soprattutto capacissima di ribaltare tutto. I Red Bulls l’hanno già fatto contro il Dornbirn ai quarti di finale, mai abbassare la guardia. Domani sera, alle 19.30, occhi puntati sull’Eisarena di Salisburgo, il Bolzano recupera Zisser dopo due turni di squalifica, i padroni di casa giocheranno alla morte. I pullman biancorossi sono pronti a partire, il Bolzano non sarà certo solo. Ma nella città di Mozart, non ce ne voglia il grande Wolfgang, questa volta la sinfonia più bella sarà quella suonata dalle lame sul ghiaccio. Tic, tac, l’orologio scorre verso gara 3.

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