Moe Mansi e quei maledetti 14 secondi

Moe Mansi e quei maledetti 14 secondi

(Monaco di Baviera) – Il rapporto di Maurizio “Moe” Mansi con la Germania ebbe inizio nel 1996; nel corso degli anni gli affetti, la carriera da giocatore prima (Kaufbeurer, Riessersee e Düsseldorf) e quella di allenatore poi (Amburgo Freezers, Riessersee e Monaco), hanno rafforzato la “relazione” tra l’ex attaccante e la terra dei Nibelunghi, tuttavia il quadro idilliaco presenta una macchia indelebile: tredici anni orsono, sempre a febbraio, la Nazionale Italiana si accingeva a disputare le Qualificazioni Olimpiche, nel 2000 l’obiettivo era quello di accedere a Salt Lake City 2002; a Lubiana l’Italia si trovò di fronte Slovenia, non ancora ai livelli attuali, Jugoslavia, agli ultimi sussulti internazionali, e la Germania di Hans Zach, head coach divenuto uno dei papabili alla guida della Nationalmannschaft durante la scorsa estate. Le cronache dell’epoca narrano di un Mansi partito alla volta della Slovenia in non perfette condizioni fisiche:

“Sì, personalmente era un periodo negativo”.

Per i media le speranze di qualificazioni erano poche. Non per gli Azzurri, le cui aspettative erano di segno opposto:

“Noi Italiani avevamo grinta, orgoglio. Per noi le chance di qualificazioni non erano poche, abbiamo sempre combattuto fino alla fine, purtroppo c’è mancato poco. Siamo scesi sul ghiaccio sempre con molta fiducia nei nostri mezzi.”

….C’è mancato poco, quei nefasti 14 secondi. Per capire meglio la situazione è necessario partire da lontano: all’esordio la pratica Slovenia venne sbrigata con un largo 7-0, Mansi segnò una rete in power play e concesse il bis con la Jugoslavia, cenerentola del torneo, contro la quale il Blue Team vinse 13-0 acquisendo, in classifica, una migliore differenza reti nei confronti della Germania (+20 Italia, +17 dei tedeschi), contro la quale, in un’epoca in cui era contemplato il pareggio, bastava un punto per qualificarsi:

“Esatto – conferma l’ex attaccante -, bastava un pareggio e così è stato fino a 22” dalla fine”. 

La Germania aprì le marcature con Fabian Brännström al 2.16, Joe Busillo impattò al 47.25 sfruttando il rebound concesso da Marc Seliger  sul tentativo di Tony Iob; ad 1’15” dal suono della sirena il coach tedesco le provò tutte togliendo il portiere per l’uomo di movimento in più. Al 59.46 il fattaccio:

“Avevamo recuperato il disco all’altezza della blu del nostro terzo difensivo – racconta Mansi, sono scattato in attacco, un giocatore avversario mi ha agganciato, ho perso l’equilibrio e, nonostante provassi a stare in piedi, sono caduto”.

Il capo arbitro Vladimir Mihalik fischiò una penalità all’ala destra:

“10’, altrimenti la Germania avrebbe giocato in superiorità”.

Dall’ingaggio successivo nel terzo difensivo Azzurro, il puck finì a Mirko Lüdemann, il quale, dalla blu, con uno slapshot scagliò il disco che venne deviato dall’indimenticato Larry Rucchin e Chris Bartolone; Mike Rosati, coperto, non fu in grado di intervenire e a 8” dalla fine la Germania staccò il biglietto per le Olimpiadi di Salt Lake City. Oltre il danno anche la beffa, a fine partita Mihalik si scusò con l’entourage Italiano per il clamoroso errore:

“Sì – afferma con amarezza l’ex numero 12 -. È venuto a giustificarsi affermando che non ha voluto comminare 2’ di penalità. Sperava che negli ultimi minuti non sarebbe successo nulla e auspicava che tutto potesse filare liscio, invece i tedeschi hanno segnato. Si è scusato, ma le decisioni corrette avrebbe dovuto prenderle durante la partita”.

Nel dopo partita non mancarono le polemiche sull’arbitraggio, la ferita aperta dal giovane arbitro emergente non si rimarginò presto:

“Non ci siamo qualificati per un episodio dubbio. Sono rimasto deluso per diverso tempo”.

La delusione traspare ancora oggi, dell’episodio Mansi non ama parlare, soprattutto con i media tedeschi. La macchia resterà indelebile anche ai segni del tempo.

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