Alleghe: una finestra sugli stranieri (parte seconda)

Alleghe: una finestra sugli stranieri (parte seconda)

Di Federico Xaiz, Michelle Bortot ed Enrico Bardin

Dopo aver conosciuto quattro tra i nuovi volti della stagione 2012/2013 abbiamo incontrato anche i veterani Rocco e Dennis, Steve McKenna nella nuova veste di General Menager ed infine coach Tom Pokel.

Vince Rocco

E’ da un po’ che sei qui, ormai sei italiano a tutti gli effetti. Ti piace stare qui e ti senti quindi italiano?

“Si, ormai sono 4 anni che sono qui ed ora ho anche il passaporto, ormai posso definirla la mia seconda casa; sto qui 9 mesi all’anno e 3 mesi torno dove sono cresciuto. Parlo anche in italiano ormai!”

Hai vestito la maglia della nazionale quest’anno ma stavi quasi per andare a giocare in Svezia, poi hai deciso di rimanere ad Alleghe…

“Giocare con la maglia dell’Italia è stato un onore e i mondiali sono stati una bellissima esperienza. È anche un buon modo per farsi notare da altre squadre e appunto ci è mancato poco che andassi in Svezia, poi ho deciso di rimanere qui ancora un anno. Spero di arrivare al completamento del lavoro fatto in queste 3 stagioni.”

Lo chiediamo anche a te, come ti trovi con il nuovo coach?

 “Sono state due settimane dure e abbiamo lavorato sodo, però mi trovo bene.”

Adam Dennis

 È la tua terza stagione in Alleghe, l’Italia ti sta piacendo quindi?

  “Mi piace l’Italia, mi piace la gente del luogo, mi piace Alleghe e non vedevo l’ora di tornare!”

 Anche tu, come Vince, sei ufficialmente diventato Italiano!

 ”Si finalmente! Tra l’altro mia madre è di Catanzaro; si è trasferita in Canada quando aveva 2 anni e io sono cresciuto a Toronto.”

Steve McKenna

Hai fatto “il salto”!

“Si, ho scalato la gerarchia aziendale e sono passato a gm! Comunque mi sento bene in questo nuovo ruolo, è una grande opportunità di conoscere altri aspetti di questo gioco… Inizi facendo il tuo lavoro sul ghiaccio poi passi dietro la panchina ed è sempre un’evoluzione. Però dico sempre ai ragazzi di “non smettete di fare i giocatori”; è indubbiamente più divertente stare sul ghiaccio che fuori. Ora sono contento di avere l’opportunità di far crescere le giovanili, ad Alleghe si sta molto bene e poi vedere questi bambini piccoli giocare e crescere è fantastico.

Tom Pokel

Coach, è la sua quarta stagione in Italia; in precedenza una carriera alla guida di squadre tedesche ed austriache, a suo avviso quali sono i divari da colmare tra la nostra SerieA e la vicina EBEL?

“Ci sono due differenze fondamentali:

la prima è che in leghe come la EBEL la profondità del roster è maggiore; per fare un paragone, qui possiamo avere 7 ottimi attaccanti e 3 ottimi difensori mentre nella EBEL ci sono 10 ottimi attaccanti e 5 ottimi difensori, quindi molti più giocatori che possono giocare ad un alto livello. Mentre qui si passa da una prima ad una quarta linea calando vistosamente, nella EBEL puoi avere 3 ottime linee ed una quarta appena inferiore. C’è però da dire che le prime due linee qui e lì sono assolutamente dello stesso livello inoltre in Austria ci sono regole diverse per il numero di stranieri e puoi averne anche 7 o addirittura 11, noi ne possiamo avere al massimo 6. Lì viene valutato il livello delle formazioni una ad una e quindi il numero di giocatori stranieri a seconda dei casi per creare un campionato più omogeneo. Queste regole dunque fanno si che il campionato italiano e quello austriaco siano molto diversi.

La seconda differenza è il numero di spettatori allo stadio e gli stadi stessi. Passiamo da 2500/5000 spettatori a partita rispetto ai neanche 1000 che in media vanno allo stadio in Italia. A Pontebba ad esempio passavamo dai 400 spettatori del martedì ai 1200 di alcuni sabati. Per quanto riguarda il mio lavoro è certamente più difficile motivare i miei giocatori e caricarli per bene. Li voglio sul ghiaccio con la pelle d’oca e carichi per la sfida e in questo aspetto lo stadio pieno aiuterebbe molto.”

3 amichevoli disputate in quest’ultima settimana; come valuta l’avvio dei suoi ragazzi? Su cosa bisogna ancora lavorare?

“È andata bene; abbiamo fatto 3 partite in 5 giorni, cosa abbastanza inusuale prima della stagione. Volevamo sperimentare subito la nuova atmosfera, il nuovo allenatore, i nuovi giocatori e i ragazzi più giovani per dare loro un opportunità anche di stare a contatto con la nuova atmosfera. Nella partita con il Fassa abbiamo giocato bene, un pochino meno nella seconda ma abbiamo vinto; nella terza c’è stato un calo, sicuramente il peso di 3 partite in 5 giorni si è fatto sentire. Purtroppo è un po’, se vogliamo, “sleale” da parte mia non aver schierato una squadra riposata ma io sono un coach abbastanza severo e in queste due settimane di allenamenti li ho fatti lavorare duramente con l’ottica di trarne vantaggio nei prossimi mesi. Hanno lavorato bene, e sono molto soddisfatto.

Nella partita di ieri sera ad esempio ho preferito fare i cambi dando spazio ai tanti giovani locali. In un caso come questo ho preferito lasciare da parte il risultato per avere un quadro complessivo della mia squadra e concedere al gruppo un po’ di distensione dopo queste due settimane intense. Per ora devo dire che la squadra ha risposto bene e sono soddisfatto, non ci sono cose specifiche che cambierei; mi piacerebbe che migliorassimo in tutto. Forse dovremmo giocare più d’astuzia e giocare meglio certi dischi in luoghi chiave del campo e poi gestire i powerplay in maniera più efficace.”

Infine, anche quest’anno il campionato si prospetta equilibrato, lei intravede una favorita?

“Il campionato è molto equilibrato. Non penso ad una favorita, penso piuttosto alle squadre che hanno aumentato il proprio potenziale rispetto alla scorsa stagione cioè Renon, Asiago e Valpellice. Poi c’è il Milano che sicuramente ha fatto degli ottimi acquisti tra i giocatori NHL.”

Restando in tema NHL, cosa pensa dell’influenza del sempre più vicino lockout in Italia e quali sono i possibili effetti?

“L’Italia non avendo a disposizione dei grandi budget in un certo senso “si salva” da questa influenza. Certo può essere fantastico avere dei giocatori così bravi nella tua squadra ma non si sa quanto potranno restare, magari da un giorno all’altro ritornano in America lasciando nella squadra un vuoto poi difficile da gestire.”

Si ringraziano la società, i giocatori e lo staff  per la disponibilità.

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