Come consuetudine dal 1997, nella giornata conclusiva dei Mondiali, con una cerimonia ufficiale, la IIHF premia quei personaggi che hanno contribuito a scrivere la storia dell’hockey, siano essi giocatori, allenatori, arbitri o dirigenti inserendo i loro nomi nella propria Hall of Fame. Da quest’anno, su proposta del Comitato storico della IIHF, il Concilio della Federazione Internazionale ha deciso di istituire l’IIHF Milestone Trophy, con il quale si vogliono ricordare particolari momenti della storia internazionale dell’hockey. La prima scelta è caduta sulle Summit Series del 1972; in dieci puntate Hockeytime vuole proporre ai propri lettori la sfida che contrappose Canada e Unione Sovietica, le due superpotenze dell’hockey dell’epoca e due scuole di pensiero diverse tra loro.
di Alessandro Bonomo
In un evento di avvicinamento tra due mondi tanto diversi, hockeisticamente parlando e non solo, non poteva mancare una nutrita collezione di episodi curiosi.
Abbiamo già visto come, in occasione di dell’arrivo dei sovietici in Canada per l’inizio della serie, venne subito a crearsi un imprevisto, con le attrezzature della nazionale sovietica temporaneamente sequestrate dalla Corte del Quebec su ingiunzione di un emigrato cecoslovacco, che chiedeva di essere rimborsato per i danni subiti dalla propria autovettura ad opera dei carrarmati sovietici nel 1968.
Ma questo non è che uno dei tanti episodi di folklore di quel Settembre 1972 che cambiò irrimediabilmente la storia dell’hockey.
Vediamo alcuni episodi che ci fanno respirare l’atmosfera di quest’epoca:
1) Dick Beddoes, un celebre giornalista canadese che all’epoca delle Summit Series scriveva per il Globe and Mail di Toronto, era uno di quei commentatori che prevedevano un facile “cappotto” canadese ai danni dell’URSS.
Non solo: se i sovietici avessero vinto anche una sola partita, si azzardò a scommettere Beddoes, si sarebbe letteralmente mangiato il suo articolo dove pronosticava un facile 8-0 per la Foglia d’Acero.
Essendo un uomo di parola, dopo Gara-1 Beddoes si fece trovare sui gradini del consolato sovietico a Toronto e si mangiò davanti ai passanti il suo articolo, intingendolo in una zuppa di borscht, la tipica zuppa russa.
2) L’arrivo dei Canadesi a Mosca per la seconda parte della serie non mancò di episodi curiosi, che ci danno anche la misura del clima che si respirava in piena Guerra Fredda in quei giorni.
Una volta alloggiati presso l’hotel, i canadesi, nella convinzione di essere spiati dal KGB, cominciarono a ispezionare le stanze alla ricerca di strumenti di ascolto e intercettazione.
Frank Mahovlich, convinto di avere trovato un dispositivo di ascolto metallico sotto al pavimento, cominciò a estrarlo fino a quando non si udì un forte rumore dalla stanza di sotto: Mahovlich aveva rimosso la staffa di fissaggio del lampadario della camera di sotto, che era crollato, fortunatamente senza ferire nessuno.
Un altro giocatore canadese, Wayne Cashman, sospettando la presenza di una telecamera, gettò lo specchio del bagno fuori dalla stanza e come risultato la moglie dovette, per il resto della serie, chiedere ospitalità alla moglie di Phil Esposito per truccarsi.
3) Curiosità statistica: secondo le statistiche ufficiali sia Kharlamov che Petrov sono accreditati con 7 (3+4) punti: c’è però un errore in gara 4, dove è stato assegnato erroneamente a Petrov un assist di Kharlamov. Le statistiche reali sono, per tanto, Kharlamov 8 punti (3+5) e Petrov 6 (3+3).
4) Il mistero della birra canadese: i Canadesi nelle gare in URSS incontrarono diversi inconvenienti, che finirono però solo col compattare un gruppo di grandi ego.
Frequenti chiamate telefoniche notturne, programmi confusi negli spostamenti e nella logistica ed altro: nulla, però, finì col contrariare tanto i canadesi quanto la sparizione della birra che si erano portato da oltreoceano. La comitiva canadese, infatti, per non avere problemi lato alimentazione, si era portata dietro scorte di cibo, latte e birra in Unione Sovietica. Quando però all’Intourist, sparì buona parte del ben di Dio che i nordamericani si erano portati appresso, birra compresa, il gruppo si caricò in maniera indicibile anche per umiliare gli avversari, rei di questo affronto.
5) Chi si ricorda di Vyatcheslav Anisin? Sicuramente dalle parti di Milano e di Chiavenna i tifosi di una certa età si ricorderanno del buon vecchio Vyatcheslav.
Il centro russo, giunto verso fine carriera a Milano dopo la caduta della cortina di ferro, fece ancora in tempo a far vedere qualche lampo di classe all’appassionato pubblico del Piranesi nella stagione 1989-90.
Dopo la tappa milanese, Anisin si fermò a Chiavenna, dove fu allenatore-giocatore. Qualcuno lo ricorderà anche perché prese parte alla celebre partita revival Saima del 1993 all’Agorà.
Ebbene, non tutti sanno che Anisin (o Anissin, come lo troviamo traslitterato qualche volta in rete), faceva parte del team sovietico che giocò le Summit Series del 1972 ed anche quelle del 1974 contro la selezione WHA.
Più precisamente, assaggiò il ghiaccio a partire da gara-3: per lui una marcatura e tre assist nel corso della serie del 1972.
Curiosità nella curiosità: la moglie di Anisin, Irina Chernaieva era una pattinatrice su ghiaccio di livello mondiale, sesta alle Olimpiadi del 1972. I figli di Anisin hanno seguito esattamente le orme degli illustri genitori e sono anch’essi sportivi di livello in diverse discipline. La figlia Marina Anissina è una ex pattinatrice artistica che, con passaporto francese, ha vinto l’oro olimpico a Salt Lake City, nel 2002, in coppia con Gwendal Peizerat.
Il figlio Mikhail gioca nella Dynamo Mosca in KHL ed è stato protagonista di una grande stagione 2011-2012, spesso, mettendo a segno goal molto pesanti.
Ecco qui Vyatcheslav ballare con la figlia Marina al format sul ghiaccio di Ballando sotto le stelle molto popolare in Russia, nel 2007:
6) Serie dell’Amicizia? Le Summit Series, conosciute come Superseria in Russia, erano state originariamente chiamate Friendship Series, ma non ci volle molto, dopo i primi incontri, per rendersi conto che rappresentavano l’inizio di una grande rivalità, più che di una amicizia.
[FINE]
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