FACE TO FACE, storie di hockey da tutto il mondo: RAMZI ABID

FACE TO FACE, storie di hockey da tutto il mondo: RAMZI ABID

Face to Face è la nuova rubrica di Hockey Time, un percorso senza frontiere che vi guiderà alla scoperta dei protagonisti dell’hockey attraverso le loro storie, gli aneddoti e le curiosità.
In questa terza tappa sorvoleremo la Tunisia, pattineremo sui ghiacci più importanti del mondo e atterreremo in Austria. Buon viaggio!

RAMZI ABID, UN TUNISINO DI GHIACCIO
di Matteo Spinelli

E’ di Montreal, ha 31 anni e ha giocato diverse stagioni in NHL. Indizi poco incisivi, dati tranquillamente accostabili a decine e decine di giocatori di hockey sparsi per il mondo. Basta dire che è di origine magrebina, ed improvvisamente il cerchio si restringe ad una manciata di nomi, tra cui Ramzi Abid.

Ala sinistra di 1,88 per 100 kg, canadese di papà tunisino e mamma scozzese, è tra gli idoli dei tifosi di hockey musulmani, il cui numero continuerà a crescere grazie al futuro che i consanguinei si stanno ritagliando nella massima lega americana.
Il ventiquattrenne Justin Abdelkader, origini giordane, gioca per i Detroit Red Wings con cui ha già vinto la Stanley Cup; Nazem Kadri dei Toronto Maple Leafs e Mika Zibanejad degli Ottawa Senators, rispettivamente ancestri libanesi ed iraniani, sono due potenziali stelle del firmamento hockeystico mondiale. Il tempo è dalla loro, 41 anni in due, il destino nelle loro capacità di apprendimento e adattamento.
Se questi tre hanno da poco iniziato a scrivere la propria storia in Nord America, Ramzi Abid si è trasferito da quattro anni nel Vecchio Continente, dove ha dato vita ad un girovagare nelle leghe più importanti.

Attaccante fisico, di sacrificio, duro e di quantità, si è formato nelle leghe giovanili canadesi; un paio di buone stagioni con i Chicoutimi Saguenéens nella Quebec Major Junior Hockey League gli sono valse la chiamata dei Colorado Avalanche, che nel 1998 lo scelgono al secondo giro con il numero 28.
Nonostante le prestigiose attenzioni poste su di lui, l’appena diciottenne Ramzi torna a farsi le ossa nella QMJHL, dove cambia tre casacche in due stagioni, ultima quella degli Halifax Mooseheads, con cui colleziona un 57+80.
Nel 2000 i numeri si tramutano in una nuova chiamata al draft NHL; questa volta a puntare su di lui, al terzo giro, sono i Phoneix Coyotes, che non lo ritengono tuttavia ancora pronto e lo spediscono a farsi le ossa agli Springfield Falcons in AHL.
Le tante penalità della stagione 2001/2002, 214 minuti in 66 partite, non oscurano il robusto 18+25, a cui segue un 15+10 in 27 partite la stagione successiva, quella del suo esordio in National Hockey League, proprio con la maglia dei Phoenix Coyotes.

Ramzi non paga l’inesperienza, e solo un brutto infortunio ai legamenti limita il suo contributo a 10 gol e 8 assist in 30 partite. Scettici riguardo il completo recupero, i dirigenti del team dell’Arizona lo inseriscono nella stessa stagione in uno scambio che lo fa atterrare a Pittsburgh, nella casa dei gloriosi Penguins.
Dopo una magra stagione 2003/2004, solo 16 partite giocate e 5 punti, nella stagione successiva, quella del lockout NHL, ritrova con continuità il ghiaccio dell’AHL nel farm team di Pittsburgh, i Wilkes-Barre Scranton Penguins, e chiude la stagione con un onesto 26+29 in 78 partite.
La stagione seguente non cambia lega, solo team, e con il secondo di Chicago, gli Wolves, migliora l’efficacia sotto porta, 34 gol, e la qualità dei passaggi decisivi, 42, il tutto valorizzato da altre 6 partite in NHL con i furono Atlanta Thrashers.
Sono gli ultimi mesi del canadese con passaporto britannico in Nord America, che si esauriscono nella stagione 2006/2007, spesa con i Nashville Predators, 13 presenze, 1+4 e due presenze nei playoff, ma soprattutto con il loro farm team in AHL, i Milwaukee Admirals, per i quali realizza 19 gol e dispensa 30 assist in 57 partite.

Con un curriculum di tutto rispetto, scritto con sudore e spirito di abnegazione, rinfoltito da numeri importanti, 68 presenze e 14+16 in NHL, 320 caps e 118+140 in AHL, Ramzi cambia rotta, solca l’Atlantico e si accasa a Berna, stupenda capitale svizzera dove si guadagna la convocazione del Team Canada per la Spengler Cup 2007.
Con gli Orsi gioca due stagioni, 72 presenze e 29+31, inframezzate da una breve esperienza con i Rapperswil-Jona Lakers, 7 presenze ed un punto a partita, 2+5, per poi cedere al richiamo della seconda lega mondiale, la ”russa” Kontinental Hockey League, a cui prende parte nella stagione 2009/2010 con il Traktor Chelyabinsk.
Ramzi fatica ad adattarsi, e dopo 33 partite, 3 gol e 8 assist, a gennaio si trasferisce al Rögle BK, dell’altrettanto prestigiosa Elitserien svedese, che però non riesce a salvare dalla retrocessione in Allsvenskan.
Archiviata la breve e non particolarmente fortunata parentesi in Nord Europa, all’età di trent’anni scende di un gradino, nella seppur affascinante EBEL austriaca, firmando un contratto annuale con i campioni in carica, nonchè freschi vincitori della Continental Cup, i Red Bull di Salisburgo.
In stagione regolare viaggia con il freno a mano tirato, 13+18 in 48 partite, nei playoff invece contribuisce in maniera determinante alla vittoria del titolo, mettendo a referto un punto a partita nelle 17 di playoff, culminate nella combattuta serie vinta 4-3 contro il Klagenfurt.
Oltre a conquistare la EBEL, onora la Continental Cup, che il Salisburgo chiude al secondo posto dietro lo Yunost Minsk, meritandosi un posto nell’All Star Team della competizione e il rinnovo del contratto.
In Austria questo roccioso ragazzone sembra aver trovato la quadratura del cerchio, dimostrando maturità ed un’indomita voglia di lottare sul ghiaccio, il tutto corroborato nella stagione corrente da un parziale di 11 gol e 9 assist in 20 partite.

Ramzi Abid non è solo uno dei pochi musulmani ad aver giocato in NHL, è un serio professionista, un giocatore che mai ha deluso i tifosi per cui ha giocato, senza eccessiva classe, ma con una determinazione senza pari.
A 31 anni può ancora dare tanto all’hockey, vincere altri trofei e, proposito ancor più elevato, ispirare qualche bambino musulmano, convincerlo a prendere i pattini e a cimentarsi sul ghiaccio, allargando sempre più i confini di quello sport magnifico che è l’hockey.

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