Rolly Ramoser dice “basta”

Rolly Ramoser dice “basta”

di Marco Depaoli

Sarebbe una notizia come le altre, è il ciclo della vita e delle stelle: nascita e spegnimento, prima o poi. L’addio all’hockey di giocatori come Rolly Ramoser dipingono però sui volti degli appassionati un momento di malinconia, a qualunque squadra si tenga. Che lo si sia visto come un beniamino o come un valoroso avversario. Giocatori che evocano i cosiddetti bei tempi del nostro hockey e a catena portano alla mente altri nomi altisonanti con i quali il disco passando di stecca in stecca componeva uno spartito. Giorni in cui giocatori come Ramoser, in un hockey italiano che faceva impallidire quello svizzero e tedesco, rappresentavano un promettente futuro e che ora a decadi di distanza appartengono ufficialmente al passato. Con eredi difficili da trovare.

La conferma da parte del giocatore è arrivata ieri attraverso il quotidiano Alto Adige prima e sul sito della Lega poi: tutto vero, Roland Ramoser ha annunciato il suo ritiro. 39 anni a settembre, Ramoser è stato uno dei più forti giocatori di scuola italiana degli ultimi 20 o 30 anni, secondo forse solo a Lucio Topatigh. Figlio d’arte, suo padre Jakob venne convocato più volte in nazionale da vecchia gloria di Renon, Merano e Bolzano. Il nome di “Rolly” ha cominciato ad echeggiare nei palaghiacci con addosso la maglia dei Devils berlusconiani (nella foto a sinistra). Giovanissimo, Ramoser firmò il contratto con i rossoneri già nel 1987 (avrebbe vestito la maglia numero 21) ma rimase prima a Renon per poi partire due anni per il Canada per farsi le ossa, nel vero senso della parola: nel 1989 dopo 4 mesi con i Quebec Olimpic (QMJHL) si ruppe lo scafoide e portò il gesso per 5 mesi. Venne a contatto subito col mondo professionistico a Milano nel 1991: due anni di duro lavoro e spazio in pista trovato a fatica combattendo giorno dopo giorno. Succede, quando condividi lo spogliatoio con personaggi come Napier, Tilley, Vechiarelli, Chabot, Orlando, Chitarroni, Prochazka, Eaves… di quei giocatori il cuo valore, carisma e fama oggi lo vedremmo dalle nostre parti solo sulle figurine. Tuttavia prima Sator e poi Hober avevano capito che il ragazzone, taciturno ma infaticabile sul ghiaccio, avrebbe fatto parlare di sé. E infatti, con la Polisportiva verso la chiusura, il suo ritorno in Alto Adige fu devastante. Con la sua maglia biancorossa numero 66 realizzò in campionato 89 punti in 47 partite, terzo top scorer del campionato assieme a un certo Vostrikov e dietro solo a Zarrillo e Pasin. L’anno dopo fa tornare grande il Gardena (foto a destra contrastato dall’ex compagno Sergej Vostrikov) che in Serie A con “il Professore” Dave Chambers in panchina esce in semifinale contro il Milano tornando così sul podio dopo 13 anni. In classifica marcatori Ramoser, 39 partite e 66 punti (25+41), è nono dietro a 5 mostri sacri bolzanini campioni d’Italia, il compagno Martin Jiranek, Catenacci e Iob. Per Ramoser l’italico hockey va decisamente stretto e inizia la sua avventura in Germania: 4 stagioni in Deutsche Elite Liga con il vicecampione Norimberga (foto a sinistra) e il Kassel formato Coppa Campioni.

«Nel 1998/99 con i Norimberga Ice Tigers – ha confessato Ramoser sul sito della LIHG – abbiamo fatto una grandissima stagione arrivando sino in finale, ma siamo stati sconfitti nella decisiva gara 5 dalle Aquile di Mannheim. Ecco, visto che siamo stati la grande sorpresa del campionato, è stato proprio un peccato non vincere quel trofeo».

Per il suo ritorno in Italia lo vuole la sua Renon dove gioca per due stagioni in una squadra che comincia a mettere le basi per puntare al titolo.
Il Bolzano riprende “The Kid” nel 2002 ma per qualche stagione Ramoser sembra l’ombra di se stesso tanto che qualcuno preannuncia già il suo ritiro. Ecco invece che d’incanto con la “C” sul petto ritorna ad essere il giocatore decisivo degli anni 90. Anche grazie a lui il Bolzano torna a vincere due scudetti (per un totale personale di 5 in carriera), due Supercoppe e 3 Coppe Italia. L’ultima proprio grazie a un suo gol a 47 secondi dalla fine in finale contro il Renon (nella foto di apertura e qui sotto).
Il suo ultimo anno in biancorosso però, siamo al 2009-10, non è fortunato per i Foxes e per Rolly che decide di pattinare per un ultima volta alla Ritten Arena. Il Renon Sport dopo il filotto di finali esce in gara 5 dei quarti contro il Valpellice e con la deludente stagione dei lupetti cala anche il sipario del ragazzo dell’Altopiano. Timidamente, come da suo carattere. Non ci sarà nemmeno una partita “d’addio”, come ha detto lui stesso a L’Alto Adige.
Continuerà a farsi vedere ai palaghiacci ma non lavorerà più per l’hockey, niente carriera di allenatore quindi. Si dedicherà al maso Hoferbauer a Soprabolzano, alla moglie Tanja e ai figli Tino e Nadin.

Con la nazionale da juniores ha vinto il mondiale C a Marino (Roma) risultando capocannoniere. Nel novembre ’92, a 20 anni, l’esordio in prima linea nella nazionale maggiore contro la Svizzera a Varese con tanto di gol. Ha giocato in azzurro 17 mondiali e 2 olimpiadi.

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Contro la Finlandia ai mondiali moscoviti del 2007

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