Chelsea Furlani: «Sogno la maglia azzurra»

Chelsea Furlani: «Sogno la maglia azzurra»

C’era un altro pezzo di Italia al prestigioso campionato internazionale EWHL, oltre alla bolzanina Valentina Bettarini, difensore delle Sabres di Vienna. Sempre nella capitale austriaca quest’anno è arrivata la giovane italo-americana Chelsea Furlani, nata a Colchester il 18 maggio 1988. Chelsea ha iniziato a pattinare all’età di 3 anni e ha impugnato la prima stecca a 5, iniziata dalla passione hockeistica del padre. Giunge nel Vecchio Continente dalla Vermount Catamount University dove in 4 anni ha segnato 49 punti (25 gol e 24 assist) in 132 partite, quarta top scorer della storia del club femminile. Una volta laureata in Scienze Motorie, come per tutte le atlete universitarie è arrivato il momento di trovarsi una nuova squadra e Chelsea ha scelto l’Europa. La neo Flyers Vienna, alta 1.65 m, l’anno scorso nel team allenato da Tim Bothwell e Mike Gilligan è stata compagna di squadra del difensore Melanie Greene ora in forza al Planegg, formazione tedesca avversaria in EWHL. Avventura europea anche per il portiere Kristen Olychuck che ha scelto il Leksands nel campionato svedese.

Il tuo cognome è chiaramente italiano

«La mia famiglia è originaria di San Costanzo, appena sotto Fano (nelle Marche ndr). Mi sono anche interessata per prendere la doppia cittadinanza in Italia per provare a giocarmi una chance per una chiamata nella nazionale azzurra, ma per ora è rimasto solo un proposito».

Della Vermount Catamount University sei stata capitano della squadra, prima junior e poi senior dal 2008 a quando ti sei laureata.

«M’ha votato la squadra e il coach ha avuto l’ultima parola. Presumo che sia il team sia il mio allenatore abbiano visto qualità in me che rappresentassero meglio ciò che ritenevano adatte per un capitano nella nostra squadra».

Il tuo impegno nelle Flyers ti ha dato l’occasione di arrivare per la prima volta in Europa. Perché questa scelta? Perché Vienna?

«Sono arrivata in Europa per poter continuare la mia carriera nell’hockey. Volevo giocare in Svizzera ma non ho ricevuto nessuna buona offerta. Ho inviato i miei dati a tante squadre e mi ha risposto Vienna».

E’ il destino di ogni universitaria americana che finisce il proprio percorso di studi. Mentre in Canada ci sono ancora opportunità di giocare nel post-laurea, in America si rischia di iniziare la propria carriera lavorativa senza possibilità di continuare a giocare. L’Europa diventa così sempre un’ottima meta. Così per Chelsea può anche aspettare un lavoro di insegnamento intorno a casa assieme alla sorella Kari. E’ stato l’assistant coach Mike Gilligan durante un allenamento a proporle l’opportunità di cercare un “ingaggio” in Europa sfruttando i suoi contatti con le società europee. S’è cercata la pista tedesca, francese e finlandese ma il tetto massimo di tre giocatrici straniere restringe le possibilità in quasi tutti i campionati del Vecchio Continente che oltretutto “fidelizzano” le proprie giocatrici rendendo il mercato praticamente chiuso. Alla fine la proposta del Vienna è stata la più convincente e ora per Chelsea è iniziata una nuova vita nella città del bel Danubio Blu e con la famiglia che la ospita in casa, con due nuovi “fratelli” e una “sorella”.
Nelle Flyers ha trovato la connazionale e coetanea Jackie Thode con la quale Chelsea ha già giocato in D1 nella Vermont Un.

Come vivete il rapporto con le “cugine” delle Sabres? Di rivalità da derby o di pacifica convivenza?

«Non è un vero problema condividere con le Sabres la stessa pista. In realtà condividiamo anche lo stesso spogliatoio. Molte ragazze delle Flyers sono amiche da molto tempo delle giocatrici delle Sabres».

Quanto cambia il metodo di allenamento americano da quello della tua nuova squadra?

«E’ molto diverso l’allenamento da quello a cui siamo abituati negli Stati Uniti. Gli allenamenti universitari duravano solitamente un’ora e mezza o oltre due. Qui a Vienna ci si allena 50 minuti o a volte un paio d’ore ma raramente. Anche l’intensità è minore. credo che tutte qui a Vienna vorrebbero alzare l’intensità dell’allenamento sul ghiaccio ma ci sono elementi di basso talento che talvolta rendono impossibile intensificare il lavoro. Quando qualcuno non capisce l’esercizio o non sa ricevere i passaggi rallenta l’allenamento.
Anche gli esercizi sono molto diversi da quelli che facevamo in America. Ai livelli del college i nostri allenamenti erano più basati su esercizi di squadra più che su quelli individuali. Abbiamo fatto molta pratica con le rispettive compagne di linea focalizzando il sistema di gioco. A Vienna gli allenamenti sono principalmente esercizi individuali così non ci si abitua a giocare con alcune compagne. I sistemi che alcune mie compagne hanno imparato sono differenti da come li hanno insegnati a me, tipo coprire in zona difensiva, l’uscita di zona, i forechecking e altro ancora. A parte tutto è una squadra con cui mi diverto e l’atmosfera è divertente per farne parte».

Oltre alle sedute di allenamento con le Flyers, Chelsea Furlani partecipa anche due o tre volte a settimana agli allenamenti delle juniores maschili di Vienna.

«L’allenatore ha detto che io e Jackie (l’altra americana delle Flyers, Jacqueline Thode ndr) possiamo pattinare con loro ogni volta che vogliamo. Parla discretamente inglese ma spesso non capisco cosa ci dice».

Ti piace vivere in Europa?

«Adoro l’Europa. E’ molto diversa da casa mia nel Vermont ma mi sto abituando alla vita di città! Gli edifici e l’architettura sono magnifici a Vienna. Sono stata di recente anche a Londra per visitare diversi posti e mi sono divertita. Voglio vedere più cose possibili di questo continente. Prima di tornare negli Stati Uniti devo assolutamente visitare il paesino della mia famiglia nelle Marche, ciò significherebbe tutto per me. Spero di venire a visitarlo tra qualche mese in primavera». 

Cosa ti manca della “Grande America” a parte la tua famiglia?

«Mi manca sì la mia famiglia, ma a parte questo ci sono molte altre cose che mi mancano. Sicuramente molto cibo americano. C’è una cultura diversa con una dieta differente ma le pasticcerie qui a Vienna sono proprio sorprendenti! Mi manca non avere la mia macchina. Ho realizzato solo ora quanto la davo per scontato. La mia famiglia (“adottiva” ndr) mi ha dato un motorino da usare ma le strade sono così complicate… molto più che nella mia cittadina».

Sei giovanissima ma come vedi il tuo futuro? Europeo o Stelle-strisce?

«Credo che tornerò negli Stati Uniti quando starà per finire la mia carriera hockeistica (che spero continui per un po’!). Adoro l’Europa e ho sempre voluto viaggiare. Questo è il mio momento per vedere il mondo ma credo che farò sicuramente ritorno negli States e mi stabilirò lì. Non sai mai ciò che il futuro ti preserverò così i miei progetti potrebbero ben cambiare!»

Cosa ti piace fare oltre che viaggiare e giocare a hockey?

«Il mio tempo libero al di fuori dell’hockey comprende la bicicletta, suonare la chitarra, produrre video, camminare in montagna, lo snowboard, sci nautico (praticamente tutte le attività all’aperto!)».

A che squadra tieni?

«La mia squadra preferita da quanto ero piccola sono i Montreal Canadians. Dopo aver lavorato nelle ultime tre estati con Tim Thomas (portiere dei Boston Bruins ndr) ho in simpatia anche i loro rivali, i Bruins.
I miei giocatori preferiti erano Guy Lafleur e Rocket Richard, dal momento che mio padre mi parlava di lui quando ero piccola e loro giocavano nei Canadians! Entrambi hanno però smesso molto prima che nascessi. La sola ragione per cui ti dico che ho una preferenza per loro è semplicemente perché da piccola mi piaceva qualsiasi cosa piacesse a mio padre in materia di hockey. Ora come ora mi piace sempre veder giocare in NHL Martin St. Louis. E’ un vero talento e proviene pure dall’UVM (Vermount University ndr)».

"Le tre Stelle" dei Montreal Canadians: Guy Lafleur, Jean Béliveau e Maurice ”Rocket” Richard in un quadro di Philippe Giroux, 2008

E il tuo modello nell’hockey femminile?

«Per le ragazze è più difficile crescere giocando a hockey perché nelle squadre giovanili in genere si gioca con i ragazzi in squadre miste, come ho fatto io. L’unico obiettivo che potresti realmente inseguire sarebbe la nazionale olimpica americana e le squadre della Nazionale in genere.
Il mio idolo è stata ed è tuttora Cammi Granato. Ricordo di averla incontrata quando ero una ragazzina e è stata una persona carinissima. Normalmente le persone “famose” come lei non danno considerazione ai propri fans. Cammi è stata l’esatto contrario. Da quel momento ho iniziato a seguirla ed a osservare il suo gioco. Da quando l’ho incontrata l’ho presa come esempio e ho pensato che anch’io semmai fossi diventata famosa avrei dovuto essere da stessa figura di esempio come lei lo è stata per me».

Chelsea Furlani
                           PG  G A p.ti PP PK
2006-2007 Vermont          32  6 4   10  0  0
2007-2008 Vermont          33  5 5   10  0  1
2008-2009 Vermont          34  6 6   12  3  0
2009-2010 Vermont          33  8 9   17  5  0
2010-2011 Flyers V. (EWHL) 12 11 7   18  1  0
2010-2011 Flyers V. (ÖSM)   4  3 3    6  1  0

foto Thomas Haumer dal sito sportsshooter.at


Chelsea Furlani al centro in un pre-partita dalla Vermount University

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