Ho visto cose…

Ho visto cose…

Di Max Magi
Ho visto i playoff più belli di sempre, fatti di serie spettacolari e settime partite al cardiopalmo, poche parole e tantissimi fatti, emozioni da pelle d’oca, tante splendide sorprese e poche conferme, reti decisive all’ultimo minuto e numerosi tempi supplementari.

Ho visto i Montreal Canadiens eliminare prima i Washington Capitols recuperando due partite di svantaggio e poi i Pittsburgh Penguins risalendo da 2-3 e andando a vincere con autorità la partita decisiva alla Mellon Arena, questa volta senza l’aiuto del settimo uomo in campo, quello straordinario e assordante pubblico del Bell Centre che fa un tale baccano da non farti sentire neppure i fischi degli arbitri e portarti ogni tanto a commettere il temutissimo too many men on the ice.

Ho visto Jaroslav Halak indossare ancora una volta il costume di Batman e usare la bat-mazza e la bat-pinza per andare a bloccare tiri che un normale essere umano non riuscirebbe nemmeno a vedere, e quando i suoi diabolici bat-aggeggi non erano sufficienti l’ho visto pure fare un’uscita tanto spettacolare quanto disperata per arricchire ulteriormente il proprio repertorio di gesta da supereroe.

Ho visto 8 anni fa l’australiano Steven Bradbury vincere un’impossibile medaglia d’oro nello short-track alle Olimpiadi di Salt Lake City e pensavo che quella fosse l’impresa sportiva più assurda e incredibile di tutti i tempi, ma dopo che Kostytsin è andato a rubare con tenacia un puck preziosissimo a Kunitz nel terzo di difesa dei Penguins per dare vita alla più bella azione corale di tutta la partita, sfociata nella rete del 3-0 di Cammalleri, beh, a quel punto ho iniziato a guardarmi alle spalle per accertarmi che il buon vecchio Steven non stesse ancora una volta rimontando con lo slancio (si fa per dire) dei suoi giorni migliori, perché qui, signori e signori, siamo a livelli di nuovo miracolo.

Ho visto prima Fleury, l’abituale match winner dei playoff, venire rimpiazzato da Johnson perché 4 reti su 13 tiri sono in effetti una cifra scoraggiante anche per il portiere della nazionale greca, e poi lo stesso Johnson lasciare vuota la porta dei Penguins già a 4 minuti dalla fine perché con tre reti di svantaggio la disperazione si era completamente impadronita del povero Dan Bylsma.

Ho visto il Bell Centre, gremito di chiassosissimi tifosi québécois, esplodere di gioia alle reti di Gionta, Cammalleri, Moore e Moen, ma ora che ci penso si giocava a Pittsburgh, non a Montreal, e questo può solo significare che stasera oltre ventimila persone hanno deciso di pagare 7 dollari e mezzo per vedere tutti insieme la partita a casa degli Habs e riversarsi poi nelle strade di una città già in delirio da giorni, portando con sé entusiasmo, follia e tutte quelle emozioni che l’anno del centenario dei Canadiens sembrava voler negare del tutto.

Ho visto all’inizio di questa stagione, in occasione di un derby fra Habs e Senators, un divertentissimo video trasmesso sui display del Bell Centre in cui veniva chiesto ai Canadiens di fare lo spelling del cognome del nuovo arrivato, Mike Cammalleri, e soltanto il buon Laraque rispondeva correttamente alla domanda. Per qualche strano motivo, scommetto che ora invece lo sanno fare in modo appropriato persino gli scoiattoli che vivono nei parchi di Montreal.

Ho visto il destino provare a mettere il bastone fra le ruote dei Canadiens, perché non si può spiegare altrimenti la rete dell’abbozzo di rimonta dei Penguins, con quell’inatteso rimpallo sul pattino di un arbitro che ha liberato Kunitz tutto solo davanti a Batman, ma evidentemente ci sono momenti in cui una squadra sa essere più forte persino del destino e reagire sia col cuore che con le palle. Ecco, anche stasera i Canadiens hanno giocato appunto così: cuore, palle, e ogni tanto pure una parolina di quattro lettere che inizia per C e che non guasta mai.

Ho visto i Philadelphia Flyers recuperare uno svantaggio di tre partite, cosa che finora era successa solo altre 5 volte nella storia della NHL, e prenotare ancora una volta il loro albergo preferito a Boston per andare a portare a compimento un’impresa impossibile (una delle tante viste in questi playoff) ed eventualmente giocarsi poi contro Montreal la possibilità di tornare a vincere la Stanley Cup. Comunque vada a finire la settima partita di venerdì, onore a una squadra che non ha mai, mai, mai mollato.

Ho visto tutto questo, e nel pomeriggio pure la Svizzera battere 4-1 il Canada ai Mondiali in Germania, tanto da farmi chiedere se negli ultimi giorni non ci sia stato un allineamento di cinque pianeti e un puck, perché altrimenti non saprei come spiegare quanto accaduto ultimamente.

Ho visto l’hockey come l’ho sempre immaginato e voluto, e stasera me ne vado a dormire soddisfatto.

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