Shannon Szabados: «Un duro lavoro ripagato con l’Oro»

Shannon Szabados: «Un duro lavoro ripagato con l’Oro»

di Marco Depaoli

A Vancouver le finali tutte Nord-americane hanno creato un entusiasmo e un interesse senza precedenti nella storia delle Olimpiadi soprattutto in Canada dove l’hockey è molto più che uno sport. Non solo Crosby passerà alla storia ma anche le ragazze desiderose quanto i marziani dell’NHL di regalare al proprio Paese la medaglia più preziosa. Per loro la Coca Cola ha addirittura prodotto nei giorni successivi una lattina commemorativa.
Tra queste campionesse c’è Shannon Szabados, esempio di abnegazione e di patriottismo, catapultata a sorpresa a 23 anni nell’arena del Canada Hockey Place di Vancouver col ruolo più delicato, il portiere, davanti a una Nazione intera col fiato sul collo che pretendeva quell’oro olimpico che i canadesi ritengono spettare loro di principio. L’abbiamo contattata ed è stata subito contenta di risponderci ad alcune domande nonostante per lei sia un momento magico ma nello stesso tempo pregno di grossi impegni. La ricontatteremo comunque per altre domane quando si saranno calmate un po’ le acque e sarà un po’ più tranquilla.

Viso angelico e sorridente, 173 cm per 66 kg di ricci biondi, agli occhi delle americane s’è trasformata in un mostro, chiudendo la saracinesca coloratasi di minuto in minuto sempre più d’oro. Caitlin Cahow e Monique Lamoureux, cecchini degli USA, si stanno ancora chiedendo come non siano entrati i loro tiri nel terzo periodo sole contro il portiere.

«Man mano che si avvicinavano le Olimpiadi ero sempre più nervosa – ci confessa Shannon – ma una volta che sono arrivata in finale i nervi hanno cominciato a distendersi, mi sono concentrata e ho pensato solo a divertirmi».

Già, divertirsi, ciò che fonda le basi per ogni lavoro ben fatto, soprattutto nello sport. Chiare origini ungheresi, Shannon Szabados è nata il 6 agosto 1986 ad Edmonton prima di trasferirsi a Calgary dove convive con il fidanzato Alex da 8 mesi. La passione per l’hockey è nata dentro di lei e alimentata dal padre Gary, allenatore di giovani hockeisti, che con mamma Sharyl seguono Shannon ovunque facendo di tutto per coltivare il suo sogno. “Szabby” ha cominciato a giocare a hockey a 5 anni e ha preso familiarità con la porta a 7, così felice di girare per casa con i pattini. I suoi genitori hanno constatato la sua voglia di giocare e riconosciuto il suo talento tanto da iscriverla alla scuola di portieri di Bill Ranford (gloria NHL degli Oilers della vicina Edmonton) che oltre a insegnarle i fondamentali rappresenterà il suo giocatore di riferimento.

«E’ stato il mio idolo con il quale sono cresciuta hockeisticamente, ora adoro Cam Ward» portiere degli Hurricanes dallo straordinario senso della posizione e agilità tra i pali, un po’ la caratteristica anche di Shannon.

Promettente goalie già in tenera età, a 15 anni è stata la prima ragazza a giocare il torneo Brick Super Novice e il Calgary Mac’s AAA, importanti tornei giovanili canadesi. Giocatrice molto reattiva e agile in porta nei capovolgimenti di fronte e in butterfly, l’anno dopo infrange un altro tabù per una ragazza giocando 20 secondi con i Tri-City Americans in Western Hockey League. Era il 22 settembre 2002 e costò al GM Bob Tory l’accusa di farsi solo pubblicità. La storia gli darà invece ragione: la carriera della giovanissima Szabby continua tra apparizioni tra i ragazzi, tra cui la difesa della porta del Grant MacEwan Griffins, college di Edmonton nel campionato ACAC (Alberta Colleges Athletics Conference), e l’Alberta Junior Hockey League femminile nella quale con i Fort Saskatchewan Traders vince nel 2007 il campionato contro i Camrose Kodiaks e il premio di miglior portiere della lega. Una gioia soffocata dalla rinuncia per tempi tecnici a partecipare al mondiale di Winnipeg.
Secondo Shannon (ingoalmag.com) «la differenza maggiore tra le partite dei ragazzi e delle ragazze sono le azioni più repentine dei primi, che tendono a creare meno gioco e a tirare di più e più forte senza troppi passaggi. Hai quindi molti più tiri da parare ma nello stesso tempo eviti di perdere la concentrazione. Preferisco la situazione in cui un portiere è determinante: è tutto più stimolante. In molte partite con le ragazze del Canada grazie al perfetto lavoro difensivo della squadra arriviamo a subire una decina di tiri. Prendere un gol in quelle occasioni dà ancora più fastidio».
E’ diventata una beniamina dell’orgoglio canadese anche perché a differenza della maggior parte delle sue compagne di squadra non ha voluto varcare il confine meridionale per iscriversi a un college americano, considerati più all’avanguardia per conciliare studi ed attività sportiva. Scuola canadese e ritmi forse più intensi: dalle 8 di mattina alle 4 del pomeriggio in classe, in pista dalle 17.30 alle 19.30 e di corsa a casa per i compiti. Nel (poco) tempo libero trova anche il momento di raccogliere fondi per l’Alberta Cancer Foundation.

Verso l’oro olimpico
Alle olimpiadi di Torino Shannon aveva solo 19 anni ma l’inverno successivo arriva finalmente la chiamata in nazionale ma pur sempre in un movimento generoso di campioni. La concorrenza con gli altri portieri come Charline Labonté e soprattutto con l’icona Kim St-Pierre (tre olimpiadi e 8 mondiali) può solo giovare ed essere da stimolo per migliorarsi. Szabados indossa la foglia d’acero sul petto nel 2006 a Kitchener, Ontario, in occasione del 4 Nazioni: debutto e primo shut-out (16 parate) contro gli Stati Uniti nel 3-0 d’esordio in diretta TV ma soprattutto davanti a mamma e papà in piedi ad applaudire. Seguono tre successi con l’under 22 all’Air Canada Cup nel 2006, 2007 e 2008 ma con le “Senior” scende in pista solo una volta nel 2007 per il 4 Nazioni a Leksand, mettendo poi al collo un argento virtuale come backup della St-Pierre ai mondiali finlandesi nel 2009. Durante l’inverno torna a difendere la contesa gabbia canadese durante la nuova edizione del 4 Nazioni, dove para col 95.45%. Per lei giocare alle Olimpiadi rimane comunque ancora un sogno fino a quando Melody Davidson decide che la paziente gavetta è finita e il suo momento è giunto. Il resto è storia recente.

«L’ho scoperto alle 11 di mattina poco prima della nostra finale (iniziava alle 15.30 ndr). – ricorda Shannon – Ero molto molto eccitata e felice: tutto il mio duro lavoro di quest’anno veniva ripagato

Gli occhi indiscreti del Canada non si sono fermati alla partita. Un oro olimpico nell’hockey in Canada trasforma le atlete in celebrità, rendendole facile preda di gossip e malelingue. Hanno fatto il giro del mondo le immagini delle ragazze, medaglia al collo, con birra in mano (rigorosamente canadese) e sigaro in bocca, provocando in qualcuno una reazione di scandalo per un paese che ha in 19 anni l’età minima per bere alcolici. Shannon sdrammatizza con una risata questa bolla di sapone:

«Haha. E’ vero, abbiamo avuto qualche problema per una birra bevuta (una ciascuna) e per il fatto che alcune giocatrici avevano un sigaro in mano dopo la vittoria. Abbiamo fatto le nostre pubbliche scuse e, a dimostrazione della nostra buona fede, alcuni giornali hanno fatto marcia indietro sui loro articoli dicendo che avevamo il diritto di festeggiare come volevamo. Abbiamo anche ricevuto centinaia di mail da tutto il mondo che ci dicevano che hanno apprezzato i nostri festeggiamenti».

Una festa che speriamo non sia l’ultima, dal momento che si sono levate perplessità per l’esistenza di un torneo di hockey femminile in un’Olimpiade. Secondo Szabby è solo questione di pazienza, il gap tra le nazionali diminuirà un giorno:

«ASSOLUTAMENTE! Nel 2006 la finale olimpica fu tra il Canada e la Svezia. Le nostre avversarie stanno migliorando sempre più!».

L’anno scorso alla domanda “quali sono i tuoi obiettivi?” rispose che vorrebbe giocare a hockey il più a lungo possibile con un oro olimpico conquistato in pista e la possibilità di giocare in un campionato maschile professionistico. Primo desiderio esaudito, ora sotto con il secondo.

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Hanno detto di lei:

Melody Davidson (coach Canada): «La prima cosa che mi disse quando ci incontrammo fu “l’unica cosa che chiedo è una partita quest’anno contro gli Stati Uniti”». (ctvolympics.ca)
E’ stata ripagata in più occasioni, uscendone quasi sempre vittoriosa.
Melody Davidson (coach Canada), alla vigilia della finale: «Le ho chiesto: “sei pronta per vincere?” Mi ha risposto: “puoi scommetterci”». (ctvolympics.ca)

Karen Thatcher (attaccante USA): «E’ stata fantastica. Contro di lei non c’è stato niente da fare». (ctvolympics.ca)

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Colleen Sostorics (difensore Canada): «E’ stata come una roccia». (iheartedmonton.com)

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Mark Johnson (coach USA): «E’ stata per lei una prova di fiducia, sotto un’atmosfera pressante e il peso del suo Paese tutto su di lei. Non ha ceduto nemmeno un istante». (ctvolympics.ca)
“Miracle” americano rimandato ancora.

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La sua carriera “maschile”:
2002-03 Sherwood Park Crusaders AJHL 15 partite
2002-03 Tri-City Americans       WHL  1 partita
2003-04 Sherwood Park Crusaders AJHL 53 partite
2004-05 Sherwood Park Crusaders AJHL 61 partite
2007-08 Grant MacEwan College   ACAC 21 partite
2008-09 Grant MacEwan College   ACAC 24 partite

Allenatori in carriera:
Melody Davidson (Nazionale) con assistenti Doug Lidster e Peter Smith.
Al College: Jamie Langly

Foto e altro ancora sul suo sito personale www.shannonszabados.com
Alcune foto in pagina sono tratte dalla gallery di Flickr di CTVolympics

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