Intervista a Giorgio Pedron

Intervista a Giorgio Pedron

Vi proponiamo una lunga chiaccherata con Giorgio Pedron, voce e non solo dell’hockey fassano.

HockeyTime: In molti affermano che il Fassa è stata la squadra rivelazione del torneo. Sei d’accordo con questa affermazione?

Giorgio Pedron: Direi proprio di si. Se chiudo gli occhi e ripercorro il cammino dei ladini in campionato non posso affermare il contrario. E’ stata una stagione entusiasmante, figlia di una programmazione societaria in atto da qualche anno e che ha portato alla completa maturazione giocatori che sono nati e cresciuti all’ombra della Marmolada. I vari Marchetti, Iori, Piffer, Locatin, Felicetti,
Dantone, Ganz e Planchensteiner rappresentano un valore inestimabile per il sodalizio fassano. Ai quali vanno aggiunti gli "esterni" Tragust, Ceresa, Mascarin e Sparber che, oltre ad essersi integrati perfettamente, hanno dimostrato sul ghiaccio che la scelta di puntare su di loro è stata azzeccata. Una curiosità: il Fassa ha affrontato il campionato con il Presidente e l’allenatore più giovani (40 anni entrambi), la squadra con l’età media più bassa e con il gruppo ultras composto da ragazzini che non superavano i 14 anni. Praticamente il trionfo della gioventù.

HT: A campionato ormai concluso pensi che il risultato del Fassa poteva essere migliore?

GP: Credo che ad inizio campionato nemmeno il più ottimista dei tifosi fassani avrebbe immaginato, o sognato, che Felicetti e compagnia sarebbero stati eliminati in semifinale solo dopo gara 5.
Se però andiamo ad analizzare l’andamento della serie con il Renon resta un pò di rammarico. E’ indubbio che in gara 4, con la serie sul 2-1 per il Fassa, la squadra di Stefan Mair non ha avuto gli attributi sufficienti per chiudere la contesa davanti al proprio pubblico. I favori del pronostico erano tutti dalla loro parte per come avevano condotto la serie fino a quel momento. Invece è andata come sappiamo, solo perchè si sono fatti attanagliare dalla paura di vincere. Erano praticamente paralizzati sul ghiaccio. E’ stata l’unica partita giocata sottotono, ma quella fondamentale per far pendere poi l’ago della bilancia dalla parte degli altoatesini. Posso garantire che dopo gara 3 erano ben pochi i tifosi del Renon fiduciosi nel passaggio del turno da parte della loro squadra, e anche tra i giocatori dell’altopiano c’era parecchio sconcerto.
Comunque…va bene così.

HT: Ti attendevi questa conclusione con il Bolzano campione?

GP: Lo scorso settembre, dunque in tempi non sospetti e analizzando i roster delle squadre, ad una trasmissione radiofonica mi avevano chiesto quali erano secondo me le due formazioni più forti che avrebbero potuto giocarsi la finale. Risposi senza esitazioni, indicando quali finaliste Bolzano-Alleghe. Gli agordini hanno deluso le aspettative mentre il Bolzano è salito sul carro dei vincitori. Se in effetti andiamo a vedere le potenzialità reparto per reparto, i campioni d’Italia hanno qualcosa in più rispetto alle altre. Dal mio punto di vista, pur nutrendo simpatia e lodando il gioco espresso dal Renon, sarebbe stato più clamoroso se a vincere fossero stati i Rittner Buam. Il Bolzano ha giocato sottotono per buona parte del campionato per poi dare il meglio di se quando contava. Ho assistito a gara 4 di finale e si è visto che il Renon non aveva più birra in corpo, mentre il Bolzano ha dato l’impressione fin dai primi minuti di essere più "in palla". Credo inoltre che la semifinale con il Fassa sia stata deleteria sotto il profilo fisico per Tuzzolino e compagni, ed in finale hanno finito col pagare dazio.

HT: E qual’è secondo te la squadra "delusione" della stagione?

GP: Senza ombra di dubbio l’Alleghe e poi a seguire il Cortina, dunque le due bellunesi. E pensare che la tifoseria veneta, ad inizio campionato, sognava già la finale tra queste due squadre. Lo "zio", come amo definire Ron Ivany dai tempi del Fassa, ha incontrato parecchie difficoltà nella gestione dello spogliatoio agordino, e non è da lui perdere il controllo della situazione conoscendo il carattere e l’esperienza del coach. Non è un segreto che il rapporto con Harder e altri due o tre delle civette non sia stato idilliaco fin da subito, già dopo le prime sconfitte. Dunque qualcosa non è andato per il verso giusto a livello tecnico e di rapporti umani, che ha influito in modo pesante sull’intera stagione. Il fatto che l’allenatore abbia continuato a cambiare il line-up fino a stagione inoltrata è un sintomo negativo. Salvo poi, nonostante l’1-3 patito nella serie dei quarti, mettere alle corde in più di una circostanza il Bolzano. In sintesi: il materiale umano era di prima qualità, mentre il rendimento è stato scarso. Urge cambiare.
Altro discorso invece per gli ex campioni d’Italia, che hanno affrontato il campionato con troppa supponenza e troppo sicuri di rivincere un campionato che invece si è dimostrato subito in salita. Alle prime difficoltà i giocatori hanno perso la testa, mentre i dirigenti non sono stati in grado di gestire la situazione interna. Inoltre, giocatori che lo scorso campionato hanno fatto i miracoli, quest anno sembravano in vacanza a Cortina. E poi sostituire un elemento come Corupe, che ha fatto le fortune anche del Bolzano in questa stagione, non è cosa di tutti i giorni. Anche in questo caso urgono cambiamenti, e non è detto che siano indolori.

HT: Hai toccato il discorso Lega al suo primo anno di attività, che idea ti sei fatto quest’anno sull’operato della LIHG?

GP: Mi sembra che si stia facendo un buon lavoro. L’ottima organizzazione della Coppa Italia è stata molto apprezzata e tutti l’hanno definita un successo. Credo possa essere un buon biglietto da visita per l’immediato futuro. Tuttavia ritengo che ci sia molto altro ancora da fare. In primis il prodotto, che deve essere promozionato al meglio sotto il profilo mediatico. Renderlo appetibile coinvolgendo testate televisive e quotidiani. Investire denaro e cercare sponsor, anche se mi rendo conto che il momento non è dei migliori. Qualche giorno fa ho ascoltato alla radio un programma dedicato alla volley nel quale dirigenti, addetti ai lavori e tifosi si lamentavano nei confronti della Rai, colpevole di snobbare la loro spettacolare disciplina non dandole sufficiente visibilità. Tra me e me ho pensato: se anche la pallavolo, con tutti i soldi e i tifosi d’Italia che riesce a muovere, arriva a lamentarsi per lo scarso interesse della tv di stato, quali miracoli saremo costretti a fare noi per promuovere uno sport di nicchia come l’hockey?
E’ chiaro che la strada è tortuosa ma bisogna continuare e la LIHG, se ci crede, è il soggetto più indicato per percorrerla con successo.

HT: Parlando dei mondiali, siamo alla seconda fase e siamo costretti all’ennesimo miracolo, questa volta contro la Francia, secondo te il nostro team nazionale ha i diritti sportivi per rimanere nel gruppo che conta oppure è più verosimile per noi disputare il mondiale di prima divisione?

GP: Non scopro di certo l’acqua calda affermando che per quanto concerne il livello del nostro hockey, sia tecnico che organizzativo, la prima divisione sarebbe probabilmente più consona alle nostre potenzialità. Però non nego che come tifoso non mi dispiace affatto vedere il Blue Team confrontarsi con i più forti al mondo. Anche se molti di loro si chiedono da anni che cosa ci stiamo a fare noi nel gruppo d’eccellenza, visto che per rimanerci siamo costretti ogni volta a soffrire fino in fondo aggrappandoci a quello che tu giustamente definisci ennesimo miracolo italiano.
Miracolo che l’Italia dovrà fare anche in questa edizione dei mondiali. Tuttavia, grazie ad una serie di combinazioni favorevoli, incontrerà la Francia da tutti considerata la più debole tra le cenerentole. E, pur avendo rispetto per i "galletti", non credo che Borgatello e compagni si facciano sorprendere dai cugini transalpini. Soprattutto in una serie al meglio delle tre partite. Quindi deduco che anche questa volta ci salveremo. Debbo dire, comunque, che non condivido alcune scelte operate da Goulet. Ha lasciato a casa giocatori che avrebbero meritato la convocazione per quanto dimostrato nel corso del campionato e portato altri che sinceramente non mi hanno affatto entusiasmato. D’altro canto finchè Goulet vince e l’Italia resta tra le migliori ha ragione lui e non si discute.
Ma se perdesse?…

HT: Parole profetiche le tue, ora che siamo stati retrocessi cosa ne pensi?

GP: Caro Carlo, non penso a nulla di buono. Questa volta l’ennesimo miracolo non è arrivato e, per la legge dei grandi numeri, era evidente che prima o poi a questi livelli saremmo stati bastonati. Personalmente, come del resto tutti i tifosi ed amanti dell’hockey, sono amareggiato ma l’eliminazione non mi sorprende. Ribadisco che molte scelte di Goulet sono discutibili. Ha chiamato giocatori che avevano disputato una stagione sottotono, altri che sono ultratrentenni e ormai scarichi dopo tante battaglie, uno addirittura sopra i quarantanni e che, pur nutrendo rispetto per la classe cristallina e l’impegno profuso da superMario, non mi sembrava il caso di convocare. Dunque una squadra vecchia, mentre ha lasciato a casa ricambi giovani e importanti. Non puoi non dare chances a uomini che hanno fatto uno splendido campionato italiano e che sono in forma come Gruber, Florian Ramoser, Dorigatti, Bona, Felicetti, Iori e Marchetti, il quale a mio avviso sta pagando un conto troppo salato per un errore veniale di gioventù commesso più di un anno fa e ormai cancellato sul ghiaccio da prestazioni super. Non puoi fargli fare tutta la preparazione e all’ultimo giorno, prima della partenza per il Canada, dire a Gallace che non hai più bisogno di lui. Oltretutto con la penuria di terzini che avevamo.
Portare tre portieri senza avere le idee ben chiare su chi sarà il titolare, continuando a cambiare ogni volta in corso d’opera due goalies disorientati e mai responsabilizzati fino in fondo (persino la cenerentola Francia aveva due portieri forti, ma con le gerarchie predefinite).Promettere mari e monti a Adam Russo per poi non fargli vedere mai il ghiaccio. Secondo me un altro errore è stato quello di non portare Carpano. Non solo perchè io conosco le doti di Andrea, ma semplicemente perchè un portiere di esperienza come lui avrebbe fatto senz’altro comodo alla causa. Soprattutto in un mondiale nel quale per la prima volta dal 1982 la gabbia italiana era orfana di un goalie oriundo.
Infine il gioco di squadra, gli schemi e le superiorità numeriche: non pervenuti.
D’accordo, contro i francesi (che nonostante tutto continuo a considerare più deboli di noi) abbiamo costruito parecchio ma siamo stati un pò sfortunati e abbiamo sbattuto contro il muro eretto da monsieur Huet in formato NHL. Tuttavia, obiettivamente, con una formazione che segna la miseria di 11 reti (sei delle quali contro i cugini francesi) non puoi nutrire molte speranze di proseguire il cammino in un gruppo mondiale dove giocano degli autentici mostri della stecca.
E allora, dopo questa pagina nera del nostro hockey, bisogna avere il coraggio di rifondare con l’ausilio di forze nuove, giovani e che abbiano voglia di fare. Il materiale umano non manca, basta saper pescare.
Non so però se il pescatore sarà ancora Goulet. Fino a qualche giorno fa i risultati gli avevano dato sempre ragione, ora invece…
E qui mi fermo!
Se mi consenti Carlo, a conclusione della nostra chiacchierata, vorrei ringraziarti di cuore per avermi ospitato sul vostro sito. Inoltre,un abbraccio a tutti i colleghi radiocronisti che con me, anche durante questa stagione, hanno condiviso e raccontato con entusiasmo le gesta degli eroi del ghiaccio, come io li definisco. Un saluto a tutti i dirigenti, giocatori e tifosi di questo meraviglioso sport.

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