Martin Pavlu: la serie A e i giovani

Martin Pavlu: la serie A e i giovani

HockeyTime: Vorrei avere da te una breve sintesi del campionato, ti attendevi Bolzano campione?

Martin Pavlu: Dopo l’estate tutti eravamo d’accordo che il Bolzano sarebbe stata la squadra da battere. Strada facendo le cose non sono andate come previsto. Prima la defezione di Koalska, che se avesse potuto giocare avrebbe di sicuro risolto molti problemi al Bolzano, poi il difficile rapporto con l’allenatore, ha certamente influenzato il rendimento di tutta la squadra.

HT: E che cosa ha fatto cambiare rotta al Bolzano portandolo così allo scudetto?

MP: Quando cambi allenatore speri in una reazione da parte della squadra, può andarti bene o… In questo caso, visto che c’erano i giocatori di qualità, allontanare l’allenatore si è rivelata la cosa giusta. I giocatori da una parte sono stati responsabilizzati molto e da l’altra si sono liberati dalle regole che li tenevano prigionieri. Poi c’è sempre un momento duranti i playoff che cambia in positivo o in negativo la tua stagione. Il cambio in positivo secondo me è stata gara 2 a Alleghe vinta ai rigori.

HT: E che mi puoi dire del Ritten Sport, alla seconda finale rimane ancora con la bocca asciutta

MP: Si e vero, ma credo che tutti sapevano che il Renon era un po corto in difesa e si è visto già con il Brunico e il Fassa. La difesa doveva accollarsi un grande lavoro perché il loro modo di giocare era quello di tenere molto il disco e cercare sempre il passaggio ottimale, invece di giocare in maniera più semplice, come per esempio la difesa del Bolzano. Non sempre la difesa era aiutata dagli attaccanti e poi il Renon specialmente nella serie con il Bolzano ha preso troppe penalità. L’esempio di come fare soffrire il Renon l’abbiamo visto in gara 3 dove il Bolzano ha aggredito in maniera costante fin dal primo minuto non dando loro tempo e spazio per ragionare.

HT: Che cosa mi puoi dire invece del Fassa, la possiamo considerare la rivelazione del campionato?

MP: Il Fassa ha fatto delle scelte coraggiose che hanno pagato. Ha preso un allenatore italiano, un portiere giovane anche lui italiano per la prima volta in seria A. Ha fatto esordire un giovane difensore dell’Appiano che già alcuni anni fa avrebbe dovuto esordire in A. I giocatori fassani non sono più dei giocatori inesperti, sono alcuni anni che giocano con continuità e quest’anno si sono confermati di grande qualità. Devo dire che sono due i ragazzi che mi hanno impressionato positivamente; Marchetti e Iori. Dulcis in fundo sono stati comprati dei stranieri di qualità spendendo quello che le casse societarie permettevano.

HT: Secondo te il risultato finale del Fassa è il massimo a cui si poteva aspirare oppure rimane l’amaro in bocca per non essere arrivati alla finale?

MP: Il Fassa ha avuto la sua occasione in gara 4 giocata a Alba di Canazei. In quella partita poteva chiudere la serie. Non ne ha saputo approfittare. Credo che possono essere comunque soddisfatti dalla loro annata.

HT: Dall’altro lato della classifica troviamo invece l’Asiago, una nobile squadra che in queste ultime stagioni non ha trovato la strada per risalire la china. Ora che fai parte dello staff dei Leoni ti sei fatto un’idea delle problematiche e di eventuali soluzioni?

MP: La scelta dell’Asiago a breve e rischiosa ma a lungo termine di certo pagherà. Prima o poi devi fare giocare i giovani, perché in caso contrario non hai futuro. Asiago ha un buco di giocatori nostrani e adesso deve ricostruire, certo ci vorrà un po di tempo e molta pazienza.
Vista la stagione passata però ti dico che i frutti stanno arrivando. Quest’anno c’è stata una buona affluenza allo stadio e la gente ha ricominciato a parlare di hockey.

HT: Quindi per il pubblico è fondamentale vedere giocatori nostrani – anche se giovani – piuttosto che atleti provenienti da altre realtà?

MP: Nelle località dove noi giochiamo e cosi, ci vuole una componente locale o almeno italiana con la quale i tifosi possono avere un dialogo facile. L’unica realtà che “forse” può fare a meno è Milano, trattandosi di una grande città. Anche nell’anno dei giocatori della NHL non abbiamo avuto gli stadi strapieni. Certo come già detto in precedenza ci vuole molta pazienza per fare crescere i giovani, ma se non cominciamo a dare loro delle prospettive non ne avremo mai tanti per coprire il fabbisogno delle squadre e sentiremo sempre dire; non ci sono abbastanza giocatori italiani. Ci vuole il giusto mix, buoni stranieri e giocatori nostrani che possono imparare da loro.

HT: Quest’anno molte squadre hanno innestato nel proprio roster giovani giocatori italiani, qualcuno di loro ti ha colpito positivamente?

MP: Si, mi piacerebbe che le squadre persistessero su questa strada. Certo si sono visti i ragazzi interessanti, importante sarebbe dare anche continuità a questo. Quello che voglio dire che non serve a niente se poi il prossimo anno non si continua a dare fiducia ai ragazzi e non si continua nel loro sviluppo. Chi mi ha colpito positivamente? C’è M. Insam a Milano, Marchetti, Iori e Tragust a Fassa, il gruppetto dei giovani di Brunico, M. Tessari a Asiago. Questi sono i primi che mi vengono in mente che hanno giocato con continuità in A1.

HT: Un bel numero direi sempre confrontando la stagione 2007/08 con le passate. M. Insam è stato convocato nella nazionale senior, che ne pensi?

MP: Ottimo, spero che sia da traino ed esempio ad altri giovani. Quando Marco giocava nelle giovanili dei Vipers era uno dei tanti ragazzi che giocavano a hockey a Milano, ma dopo tre anni passati a giocare in Canada è cresciuto e non solo fisicamente. Certo bisogna avere il coraggio di mettersi in gioco e abbandonare la famiglia.
Come Marco ci sono altri ragazzi che giocano in campionati stranieri. Credo che questo ci dovrebbe fare riflettere. Noi non abbiamo nemmeno una struttura che offra ai nostri ragazzi la possibilità di studiare e giocare a hockey, come ne esistono all’estero. Se vogliamo avere un futuro migliore dobbiamo anche noi costruire strutture che diano questa possibilità ai nostri ragazzi.

HT: Per finire la questione nazionale, secondo te anche quest’anno il team è chiamato a compiere un miracolo o possiamo sperare in un mondiale più “tranquillo”?

MP: Ci vuole il solito “MIRACOLO”

Ringraziamo Martin Pavlu per la consueta disponibilità

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