Intervista a Dave Jack

Intervista a Dave Jack

di Andrea Testa

Fine degli anni ’70, l’hockey italiano sta cercando di tornare ai livelli che avevano caratterizzato il decennio post-bellico e che si erano invece man mano assopiti durante gli anni del boom economico. In formazioni composte prevalentemente di giocatori di scuola italiana c’è posto per qualche oriundo (è il periodo in cui si decide di tornare con insistenza a pescare nel mercato nordamericano per rinforzare i team e la nazionale) e per qualche canadese. Sono gli anni in cui le scelte si rivolgono quasi sempre al mercato del college hockey, gli anni per intenderci in cui arrivano, tra gli altri, Paul Dionne, Mark Stuckey, Carlo Ugolini, Giulio Francella, Kim Gellert, Dennis Giannini, Dave Tommasoni. Nell’estate del 1977, a Varese venne disputata una sorta di Summer League, invitando oriundi come Dino Serra, Rocci Pagnello, Joe Fortunato e altri in modo da valutare nuovi prospetti da inserire nei roster delle formazioni di Serie A. È proprio in quel periodo che la scelta dell’Asiago, neopromosso dalla serie B insieme al Turbine Milano, cade su Dave Jack, 23enne canadese di Moncton, New Brunswick, reduce da quattro buone stagioni all’università con RPI, dopo aver giocato a livello Ontario Junior B con i Trenton Golden Hawks e i St. Mary’s Lincolns e rifiutato di giocare in OHA con i Kitchener Rangers (da cui era stato scelto nel 1972) per non precludersi la possibilità di trasferirsi in NCAA:

“Sono venuto in Italia nel settembre del ’77, dopo aver concluso i miei quattro anni a RPI. Era un momento critico per l’hockey in Nord America che poi culminerà nel fallimento della WHA e quindi non era semplice trovare un ingaggio – ricorda – io mi ero affidato ai tempi ad un agente, Arthur Kaminsky, che si occupava di portare giovani giocatori in Europa e che era in contatto con Bruno Turina del Gardena. Alla fine mi trovò un ingaggio con l’Asiago Despar”.

In pre-season ebbe così l’occasione di giocare in una formazione di canadesi e oriundi, messi sotto contratto dalle squadre italiane, contro Armata Rossa:

“In quella squadra c’erano tra l’altro Dino Serra con cui avevo giocato quattro stagioni a RPI e che aveva ottenuto un contratto con i Diavoli Milano e Dave Conte che giocò ad Auronzo quell’inverno e che adesso è Scouting Director dei New Jersey Devils – prosegue – rimasi per un po’ in Val Gardena, in attesa dell’inizio del campionato, dove trovai come goalie l’ex NHL Ken Lockett”.

Oltre a Jack, la società asiaghese aveva messo sotto contratto per quella stagione Pat DeMarchi (prelevato dal Brunico), Mario Pugliese e Ric Jordan:

“Ricordo di aver diviso casa con Ric il primo mese; poi venne tagliato e si trasferì a giocare in Francia per fare spazio a Larry Israelsson che arrivava dal campionato austriaco – continua – ai tempi non essendoci internet il valore dei giocatori si poteva presumere, prima di vederli dal vivo, da quanto veniva pubblicato su giornali come Hockey News”.

In un campionato a nove squadre, vinto poi dal Bolzano, davanti a Cortina e Gardena, l’Asiago si piazzò al settimo posto, dietro i Diavoli e davanti a Valpellice e Brunico:

“L’hockey che trovai era sicuramente meno veloce di quello che avevo provato a livello junior in Canada. Ogni squadra poteva contare su due stranieri e su altrettanti oriundi e quindi l’intelaiatura era principalmente fatta da giocatori locali – sottolinea Jack – io ero un terzino offensivo con una buona attitudine al gioco fisico, tant’è che segnai alla fine 21 goal in quasi 40 partite. I giocatori di scuola italiana non erano abituati al gioco fisico come noi che venivano da oltreoceano”.

Tra gli avversari di quella stagione, un ricordo va a Ray McKay (allenatore giocatore dei Diavoli), a Paul Dionne, Carlo Ugolini, Kim Gellert, Giulio Francella e Mark Stuckey:

“Sono ancora in contatto con Dino Serra, un giocatore di grandissimo livello, così come lo erano Larry Israelsson e Mark Stuckey. Purtroppo dopo quella stagione non ho più avuto modo di giocare ancora in Italia e questa è una cosa che spesso mi è mancata in questi trentenni”.

Tornato in Nord America, Jack divenne coach alla Metheun High School in Massachusetts, dove cominciò in parallelo l’attività di insegnante:

“Ho continuato a giocare ad hockey fino al 1994, con i Concord Budmen nella New Hampshire Hockey League (NEHL) – prosegue – mentre adesso gioco in una lega over 40 a Manchester. Nel frattempo sono diventato il responsabile finanze e risorse umane di un distretto scolastico nel Massachusetts e vice presidente della New Hampshire Legends of Hockey”.

Molte cose sono cambiate nell’hockey moderno, rispetto alla sua versione romantica immortalata in un film come Slapshot:

“Ho fatto parte dell’ultima generazione di giocatori che non avevano l’obbligo di indossare il casco e la pettorina e nonostante fosse più rischioso di adesso, probabilmente stavamo più attenti ai contatti, ai dischi che arrivavano. Forse eravamo più capaci di proteggerci, visto che evitare di farci male dipendeva allora principalmente dalle nostre capacità – conclude – ora il fatto di essere più protetti porta i giocatori a sottovalutare certi contatti e non avvertono la necessità di proteggersi come facevamo noi”.

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