Intervista a Riccardo Mosele

Intervista a Riccardo Mosele

di Franca P.

Sto vivendo una seconda giovinezza… intervista con l’ex giallo rosso Riccardo Mosele!

Abbiamo contattato telefonicamente l’ex attaccante asiaghese Riccardo Mosele, per rivolgergli qualche domanda riguardante il mondo che poco meno di due mesi fa gli apparteneva ancora: l’hockey su ghiaccio.

HT: Ciao Riccardo, in quest’ultimo periodo hai avuto la possibilità di vedere che il nostro campionato sta registrando un equilibrio fra le varie formazioni che non capitava da diverso tempo?
RM: Dall’esterno ho avuto modo di notare anch’io come tutti questa particolare situazione; fino al momento in cui giocavo nella mia ex squadra, l’Asiago, mi sono fatto l’opinione che il Brunico, il Renon, il Milano e il Bolzano siano le squadre meglio attrezzate sia nel reparto difensivo, che in quello offensivo. E’ veramente molto arduo poter dare un nome sulla papabile vincitrice finale, perché al momento l’ago della bilancia non sembra pendere da nessuna parte in particolare, anche se forse il Renon è quella che sta più impressionando tutti gli addetti ai lavori, dato le stupende prestazioni sin da inizio campionato, ma non è una novità, sono già due o tre anni che hanno iniziato questo percorso di crescita molto attivo e credo ci riserveranno delle grandi sorprese alla fine della stagione.

HT: Raccogliendo pareri tra i tuoi ex compagni di squadra è emerso che il merito di tale situazione sia da attribuirsi all’arrivo nel nostro campionato di portieri di grandissimo talento, che hanno saputo apportare sicurezza ed esperienza, elementi utili per costruire una squadra solida: concordi o hai altre opinioni in merito?
RM: Personalmente non ritengo che tal equilibrio sia da imputare a questa ragione, più che altro è l’hockey stesso che è cambiato, non so se in meglio o in peggio, nel senso che è meno spettacolare rispetto a 10 anni fa ad esempio. Pensiamo agli anni dei vari Ronning e Yaremchuk, loro a testa più o meno avranno fatto una sessantina di goal in una stagione, numeri che nei giorni nostri sono quasi impensabili, perché il modo di giocare di questo sport si modificato, quindi è molto più complicato per i giocatori stessi mettersi in evidenza.

HT: Passiamo alla burocrazia italiana nello sport: hai saputo che la federazione ha introdotto una sorta di nuova normativa che dice che si possono tesserare nove giocatori extracomunitari? Peccato però che non abbia specificato se ogni squadra ne può tesserare uno com’è logico pensare oppure se sia una specie di “chi prima arriva meglio alloggia”, quindi sia un numero ad esaurimento…
RM: Pasticci all’italiana direi…io sono ancora dell’opinione che sarebbe più redditizia dare l’opportunità di giocare ai giocatori nostrani che prendere più stranieri, capisco che possono apportare qualità, tecnica e maggior talento, ma poi allora non ci si può lamentare del fatto che in Italia stanno emergendo poche stelle dell’hockey. I ragazzi per crescere hanno bisogno di maturare esperienza sul ghiaccio, relegandoli in panchina troppo spesso non li si aiuta a diventare “grandi”, anche se magari durante gli allenamenti s’impegnano di più di qualche altro compagno e dimostrano veramente di voler vincere per la squadra, quindi come gruppo.

HT: A proposito di giovani nostrani, parlando della tua vecchia squadra abbiamo assistito ad un loro progressivo calo di prestazioni, culminato con una serie di sconfitte consecutive, ma all’inizio la situazione era leggermente più favorevole, sembrava in grado di reggere il confronto con altre blasonate formazioni: che cosa credi stia accadendo?
RM: Se diamo un’occhiata ai tabellini delle partite iniziali, ci si accorgerà che il grosso era fatto dalle prime due linee, se non dalla prima in particolare; è logico che dopo essere stati “spremuti” per lungo periodo ora escano fuori la stanchezza ed i momenti negativi, questo ha influito sull’Asiago, le altre linee hanno avuto difficoltà ad accollarsi il peso di sostenere l’attacco giallo rosso e sono nati i problemi. Poi non dimentichiamo che dopo la morte di Darcy ne abbiamo passate di tutti i colori, tra infortuni e cose simili, non è stato facile per i miei compagni e per me all’epoca mantenere un determinato livello di gioco.

HT: Capitolo personale: 8 novembre 2007, Riccardo Mosele comunica il ritiro dalle piste ghiacciate…decisione maturata dopo una lunga riflessione, sofferta o no?
RM: Io non mi riputo il miglior giocatore di hockey su ghiaccio in Italia, ma credo di aver sempre dimostrato di aver un buon bagaglio tecnico a disposizione, una buona esperienza e tanta volontà di mettermi in gioco. Mi reputo un ragazzo serio nel mio lavoro e lo ero anche sul ghiaccio, ma alcune volte ho come avvertito la sensazione di mancanza di fiducia nei miei confronti e questa situazione mi pesava molto, quindi, onde evitare di rimanere spesso relegato in panchina ho preferito ritirarmi dalle scene, senza polemiche sia chiaro. Io avrei avuto almeno due o tre anni a disposizione per giocare ancora, ma la mia attuale attività lavorativa oltretutto (faccio il praticantato presso un commercialista) mi ha un po’ ridotto il tempo a disposizione. Ad ogni modo nella vita non esiste solo l’hockey su ghiaccio e lo stesso non è detto che mi sia ritirato dall’hockey definitivamente…

HT: Infatti, ad in-line giochi ancora, nei Vipers Asiago sei fresco campione d’Europa…
RM: Si, una sensazione stupenda, sai io pur essendo giovane ho vinto abbastanza nella mia carriera, tra l’hockey su ghiaccio e l’in line, sto vivendo adesso però come una seconda giovinezza, la coppa Europa ha un profumo magico, quasi come quello dello scudetto vinto sul ghiaccio nel 2001. Li metterei sullo stesso piano, ho avuto la grandissima fortuna di poter accumulare tante vittorie e tanti trofei, ma la strada è sempre in salita, infatti, almeno nell’in line si può vincere ancora tanto se si vuole.

HT: Torniamo al discorso precedente, quali sono i ricordi che rimarranno per sempre nel tuo cuore?
RM: Ce ne sono un’infinità, è tutto un lunghissimo ricordo, fatto di dolore, lacrime, gioia, felicità, ne ho viste tante nell’hockey, ma se dovessi proprio scegliere un particolare momento…beh, non esiterei a dirti lo scudetto nel 2001, è stata un’emozione indescrivibile, fantastica, impossibile da dimenticare!

HT: Hai qualche rimpianto?
RM: Si, le tante finali perse con il Milano, le coppe perse.. Io sono dell’opinione che non vince la squadra più forte ma quella che ha più voglia di vincere, quella che ha più cuore fino alla fine, perché sono proprio questi due elementi a fare la differenza, è stata questa la nostra mancanza principale a quel tempo.

HT: Allora non ci resta che augurarti in bocca al lupo e un arrivederci a presto se vorrai…
RM: A te e crepi il lupo! Ciao!

Si ringrazia l’ex giocatore dell’Asiago Hockey Riccardo Mosele per la disponibilità concessa

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