Dopo la partita contro l’Ingolstadt abbiamo scambiato qualche parola con i portieri della nazionale italiana, Renè Baur e Thomas Tragust.
Renè Baur
HT: Ciao Renè, com’è andata la ripresa dell’attività agonistica con la Nazionale qui alla Dolomitencup? Come ti sei trovato a giocare con una squadra così giovane e con poca esperienza?
RB: E’ stata una bella esperienza perché abbiamo affrontato due squadre importanti; poi è bello ricominciare finalmente a mettere i pattini e giocare. C’erano molti ragazzi giovani e nella prima partita si sono trovati un po’ in difficoltà soprattutto a livello di organizzazione di gioco, perché dovevano assimilare il sistema di gioco che l’allenatore ha provato a trasmetterci e che abbiamo provato nei giorni della preparazione. Oggi invece siamo andati meglio: è migliorata l’intesa e forse un po’ è calata anche la tensione e così i ragazzi hanno potuto rendere meglio.
HT: Coach Goulet, come detto, sta provando a lanciare i giovani talenti italiani e dare loro le possibilità che spesso non hanno nemmeno nelle loro squadre. Una situazione del tutto particolare la vivono i portieri italiani e tu ne sai qualcosa…
RB: In Italia non c’è fiducia per i portieri locali, anche se hanno dimostrato più e più volte il loro valore: basti pensare che i due portieri titolari della nazionale (Hell e Tragust) sono ancora senza squadra… Spesso arrivano degli stranieri che non sono poi così forti, mentre si potrebbero ingaggiare e far crescere talenti locali e dar loro la possibilità di dimostrare che sono bravi e possono farcela. Ma le squadre vogliono tutto e subito: un portiere giovane che sbaglia si prende tutte le responsabilità e viene messo in panchina; uno straniero spesso gioca fino a fine campionato anche se non è in forma e così può superare anche i momenti di difficoltà che capitano a tutti.
HT: Qual è la tua opinione sul coach? Da alcuni è stato ribattezzato il “talebano dell’hockey”…
RB: Ormai sono anni che sono nel giro della nazionale, ho fatto praticamente tutti i ritiri e i raduni, ho saltato solo l’ultimo mondiale; da parte mia non posso che ringraziarlo per le opportunità che mi ha dato e per avermi fatto crescere in tutti questi anni. La mia opinione su di lui, anche alla luce del lavoro che svolge con i giovani, non può che essere positiva.
HT: Dopo Brunico e Fassa, quest’anno ti sei trasferito in serie A2 proprio qui a Vipiteno: cosa ha dettato la tua scelta? Cosa ti aspetti?
RB: Parlando sinceramente, mi aspetto un livello più basso rispetto a quello della A1, ma dopo due anni in cui ho visto poco il ghiaccio, voglio tornare a divertirmi e giocare con continuità. Poi qui a Vipiteno c’è una società seria ed organizzata e perciò penso che ci siano le condizioni giuste per fare bene. Sostanzialmente però voglio tornare a giocare perché sono sicuro che posso crescere ancora e dire la mia.
Thomas Tragust
HT: Ciao Thomas, qual è il bilancio del tuo ritorno in azzurro?
TT: Sono contento di essere tornato a giocare con la nazionale, è sempre bello essere qui. La squadra era molto giovane ed appunto per questo l’esperienza è stata ancora più bella, perché ci siamo comportati bene nonostante la preparazione non sia ancora ottimale e perché è giusto dare ai giovani la possibilità di crescere giocando contro avversari di valore.
HT: E’ inevitabile fare un passo indietro e chiederti ancora una volta della tua esperienza americana: qual è la principale differenza a livello di gioco tra la lega in cui hai giocato e l’hockey italiano?
TT: Là il gioco è più veloce, anche perché le dimensioni ridotte della pista lo consentono, e molto più duro; il livello è molto buono e ci sono molti giovani interessanti. E’ stata un’esperienza positiva, mi sono divertito e spero di essere migliorato. Peccato che ormai sia un "fuori quota" e quindi la mia avventura sia finita; andare avanti in America è sempre più dura se sei uno straniero.
HT: E’ un’esperienza che consiglieresti? Pensi che ci siano dei ragazzi in Italia che potrebbero provarci?
TT: Indubbiamente molti ragazzi potrebbero provarci. Certo non è facile trovare una squadra, ma è una cosa da provare per confrontarsi con un’altra realtà, con altri giocatori e con un’organizzazione diversa da quella italiana.
HT: A livello internazionale i giocatori italiani non godono della stessa considerazione di cui godono i giocatori di altre nazioni: cosa manca secondo te agli azzurri per poter convincere anche all’estero?
TT: All’estero spesso e volentieri si preferiscono i vari svedesi, canadesi ecc, il più delle volte a partire dal fatto che l’intero movimento loro è solido e ha una fama migliore del nostro. Ma la cosa non mi stupisce più di tanto, perché basta guardare quello che succede in Italia, dove le nostre squadre ed i nostri dirigenti per primi non puntano sui giocatori italiani per dare spazio a degli stranieri spesso non fortissimi: manca la fiducia e senza di quella è difficile impostare progetti a lungo termine.
HT: E per quanto riguarda il tuo futuro? Hai qualche contatto avviato in Italia o all’estero?
TT: Per ora preferisco non dire nulla, almeno finchè non sarà tutto più definito, posso solo dire che il mio futuro non sarà oltreoceano.
Si ringraziano i giocatori e la Nazionale italiana per la disponibilità.