Intervista a coach Michel Goulet

Intervista a coach Michel Goulet

di Alessandro R.

MOSCA – Dopo la partita contro la Danimarca, coach Michel Goulet si è fermato con noi per fare il punto sul mondiale e sull’hockey azzurro.

HT: Partiamo dalla fine del mondiale, dalla sconfitta contro la Danimarca. Non è stata una bella prova: dopo le belle prestazioni dei giorni scorsi forse ci aspettavamo un’Italia più combattiva.
MG: Dovevamo essere pronti e giocare con la stessa grinta dei precedenti incontri. L’Italia è una vera squadra e l’ha dimostrato: avremmo dovuto dimostrarlo anche stasera. Abbiamo commesso degli errori, ma agli errori bisogna saper reagire! Il primo gol è stato colpa della sfortuna? Non mi attacco a queste giustificazioni, perchè nell’hockey sono cose che succedono. A questi livelli c’è sempre da imparare e negli spogliatoi ai ragazzi l’ho detto espressamente che devono far tesoro delle sconfitte, non solo rallegrarsi per le vittorie; bisogna ripartire da ciò che non è andato per crescere sempre. Stasera è mancata la giusta concentrazione, ma al mondiale, contro le squadre più forti del mondo, questo non deve succedere.

HT: E riguardo al mondiale dell’Italia?
MG: Ci siamo guadagnati il diritto di essere al mondiale in Canada e quindi il nostro obiettivo primario è stato raggiunto. In più abbiamo giocato due gran partite contro Russia e Finlandia, facendo vedere di cosa siamo capaci. Abbiamo mostrato degli ottimi progressi, ma il vero obiettivo è continuare a crescere: non si arriva al massimo se non si passa attraverso le sconfitte. Il nostro cammino è cominciato quattro anni fa: qunado sono arrivato l’Italia era reduce dal quarto posto dei mondiali di prima divisione in Croazia. Abbiamo cominciato un percorso di crescita insieme che ci ha portato a fare questo mondiale: il punto sta nel continuare a fare quello che abbiamo sempre fatto, e cioè lavorare duro per arrivare sempre più in alto.

HT: Alcuni dei giocatori più rappresentativi dell’Italia non sono giovanissimi e nel giro di pochi anni la nazionale andrà fortemente rinnovata: com’è la situazione in Italia per quel che riguarda i giovani?
MG: Bisogna continuare sulla strada dello sviluppo dei giovani: nella mia gestione ho lavorato con i giovani perchè sono loro il futuro. Li abbiamo inseriti nei vari raduni premondiali, negli Eurochallenghe e nelle amichevoli perchè cominciassero fin da subito ad ambientarsi e ad affrontare avversari di livello. Io li sto aspettando, sto aspettando che crescano e mi dimostrino di valere le chances che sono state date loro: per quest’anno non erano pronti per il mondiale, è troppo presto per buttarli nella mischia adesso, ma sto aspettando che "si sveglino" e comincino a giocare sul serio. Qui a Mosca abbiamo visto come il gioco sia velocissimo: mi ricordo l’agosto scorso, in Svizzera, li facevo svegliare alle 6.30 per pattinare, perchè se non sai pattinare in un certo modo non sarai mai un giocatore di hockey. E’ inoltre fondamentale che i giovani abbiano fin da ragazzini (12-14 anni) degli ottimi allenatori che sappiano insegnare loro come diventare dei giocatori di hockey e che diano loro il giusto spazio. In Italia i giovani giocano troppo poco: uno dei migliori talenti dell’hockey italiano è Ganz dell’Alleghe, ma quante volte ha passato intere partite in panchina? Perchè portarlo se poi non vede il ghiaccio? Quanto tempo ha perso il ragazzo quest’anno? Avrebbe potuto passare quel tempo in modo migliore allenandosi o studiando. Ma questo tipo di problema non riguarda solo i giovani. Prendete Lorenzi: ha fatto un ottimo mondiale (premiato con la Svizzera come migliore degli azzurri, ndr), è un gran lavoratore e si impegna sempre a fondo. Quest’anno però nei playoff ha giocato pochissimo: perchè?

HT: Altra situazione delicata è quella dei portieri: in Italia non abbiamo molti portieri capaci di giocare ad alti livelli, anche solo numericamente sono pochi. Quale potrebbe essere la soluzione del problema?
MG: Anche qui mi chiedo la stessa cosa: perchè? Dei buoni portieri in Italia ci sono: Carpano ha fatto un campionato fantastico, stasera non è stato aiutato e protetto a dovere dai compagni, ma è un ottimo portiere. Anche Adam Russo ha le carte in regola per diventare davvero forte; Hell lo conosciamo tutti ormai. Ma come detto i portieri sono pochi anche numericamente in Italia: anche qui servono degli allenatori specializzati che educhino i giovani e poi allenatori che diano loro la possibilità di giocare. Il portiere è un ruolo delicato, ed un giovane goalie impiega molto più tempo per maturare rispetto agli altri giocatori: prima dei 25-26 anni un ragazzo non ha ancora imparato i trucchi di un vero portiere e non ha l’esperienza per essere un vero difensore della gabbia. Prima non è un goalie, è solo un "puck-stopper". Ci sono dei giovani promettenti comunque e sto seguendo personalmente i progressi di Tragust e Grossgasteiger, per fare due nomi: ma la loro strada da percorrere è ancora lunga.

HT: Un’ultima domanda: in Italia tutti i tifosi di hockey si augurano che lei rimanga ancora a lungo l’head coach della nazionale. Ha già preso la sua decisione?
MG: Mi piacerebbe davvero: è un onore per me lavorare con questo staff e con questi ragazzi, sono fiero di loro. Ma non so cosa farò: in questi anni ho dato all’hockey tutte le mie energie, ho lavorato 7 giorni su sette, tutto il giorno e devo anche pensare al futuro. Certo ribadisco che dopo tutti questi anni posso dire di avere l’Italia nel cuore e che per me continuare ad allenare questi ragazzi sarebbe per prima cosa un grande onore.

Si ringraziano Michel Goulet e la nazionale italiana per la disponibilità.

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