Intervista a Cesare Pivotto del Giornale di Vicenza

Intervista a Cesare Pivotto del Giornale di Vicenza

HT: Alla luce dei risultati finali di questo campionato un suo commento sulla stagione appena conclusa ed una valutazione qualitativa di quanto espresso sul ghiaccio.

CP: Alla fine è risultato un campionato interessante, per certi versi anche sorprendente, ma incapace di entusiasmare, tranne forse per l’inatteso, avvincente testa a testa della serie di finale fra Milano e Cortina. Ci sono state sorprese piacevoli, squadre interessanti, ma anche tanta confusione, tanta improvvisazione; la programmazione, che ritengo base insostituibile per far crescere il movimento hockeistico sia in termini generali come nelle realtà dei singoli club, sembra essere termine sconosciuto, o misconosciuto, o ripudiato, a seconda dei tempi e delle situazioni. Forse è per questo che l’hockey italiano non decolla, tutto preso dal rincorrere chimere o smanie di grandezza senza gettare, con pazienza e professionalità, base solide.

HT: Vorremmo un suo giudizio sulle singole squadre che hanno dato vita a questo campionato:

CP: Milano si conferma sul trono d’Italia, anche in virtù di un organico superiore, costruito con un budget di gran lunga superiore a tutte le avversarie; i Vipers potevano solo perderlo questo titolo ma … onore al merito. Cortina, trent’anni dopo il suo ultimo scudetto, sfiora l’impresa clamorosa; ampezzani da applausi per i risultati ottenuti sul campo grazie ad un gruppo forte e coeso, costruito sul grande ruolo di un sempre “magico” Gravel e sull’estro e professionalità del miglior “pro” arrivato dalla NHL, Cullen. Ottimo il lavoro di tutti, ben diretti da coach Nilsson, ma anche un po’ fortunati a “non conoscere” infortuni. Potrebbe essere valutato in maniere opposte il terzo posto dell’Asiago: negativo, se si pensa alle potenzialità ed alle ambizioni della società, positivo se si analizza una stagione in cui i moltissimi infortuni ed i diversi errori di mercato (su tutto la querelle per una panchina “di nessuno”) potevano anche portare a ben peggiori conclusioni. Stagione da archiviare in fretta puntando subito ad un radicale cambio di direzione, specie nelle scelte. Bolzano è un’altra piazza delusa e deludente; non sono stati sufficienti i cambi ed una campagna acquisti imponente per dare reale forza ad una squadra discontinua e poco compatta, poco animata da un reale spirito unitario di spogliatoio; anche qui s’impongono scelte importanti. Varese ha saputo farsi apprezzare per una stagione probabilmente al di sopra delle stesse attese, cullando addirittura il sogno, non del tutto fantasioso, di giungere alla semifinale; buone alcune “scoperte”, con l’augurio che possa essere ancora una delle piazze della massima divisione. Il Fassa ha puntato, come ormai da tempo, sulla valorizzazione di “prodotti locali” senza farsi eccessivamente prendere la mano; in casa ladina probabilmente si puntava ad un piazzamento fra le quattro ma per Carpano & C. questa non è stata certo la miglior stagione. Sorpresa in positivo il Renon, squadra che ha “pescato” bene alcune pedine chiave (su tutte l’ottimo Maund) e che si è fatta giustamente apprezzare come rivelazione del torneo; un buon esempio di equilibrio e saggia gestione. Anche il Val Pusteria, a dispetto del non certo esaltante piazzamento, si è lavorato bene, considerate le premesse e di mezzi a disposizione; nulla di particolare ma, di questi tempi, esserci e non fare brutta figura è già un buon traguardo. Delusione cocente è stato invece un Alleghe irriconoscibile, un gruppo che è apparso in crisi nonostante il blasone, nonostante un bel gruppo di giocatori locali da svariati anni ossatura portante della squadra; per gli agordini si preannuncia un’estate difficile, alla ricerca di soluzioni, tecniche e non, per non ripetere un’altra stagione di questo livello. Infine Torino, ancora una volta a chiudere la fila, piazza che piace avere anche per un giusto allargamento del panorama hockeistico nazionale ma che evidentemente lamenta tutti i limiti legati alla mancanza di una solida struttura ed all’improvvisazione nella costruzione di un roster troppo eterogeneo e poco di qualità per fare meglio; una scommessa importante potrebbe essere quella di catalizzare forse fresche di giovani italiani in attesa di costruire un vivaio da cui attingere.

HT: Quali sono secondo lei i giocatori che valuta come i migliori della stagione e che hanno espresso il miglior hockey?

CP: Va detto senza mezzi termini che la colonia di NHLer arrivata in Italia per alzare i livelli qualitativi e spettacolari del gioco mi ha sostanzialmente deluso; molti di questi dorati “pro” ha clamorosamente tradito le attese di chi li aveva chiamati con tanto entusiasmo e fiducia. Qualcuno ha fatto molto bene, ha trovato le motivazioni personali e l’ambiente giusto per brillare (mi viene facile ricordare Cullen a Cortina, ma confesso che, ad esempio, mi è piaciuta molto la professionalità con cui anche Fata ad Asiago ha preso il suo impegno italiano, così come ha fatto qualche altro). Facile o meglio doveroso è anche sottolineare la grande stagione di alcuni giocatori, vedi Helfer a Milano o De Bettin a Cortina, tanto per citare esempi quasi scontati, così come l’ottima impressione destata dal goalie del Renon Maund, e quanto di buono fatto vedere da qualche giovane di belle speranze (ma ancora troppo pochi!!).

HT: Quale sarà secondo lei lo scenario che si presenterà all’avvio del prossimo campionato e quale dovrebbe essere la soluzione ideale?

CP: A meno di clamorosi ed a tutt’oggi imprevedibili exploit sarà un inizio, tanto per cambiare, all’insegna dell’incertezza, pur alla vigilia di una stagione da consegnare agli annali con la Nazionale, rientrata nel giro che conta, impegnata prima nelle Olimpiadi di Torino poi con il Mondiale Gruppo A di Riga! Non si sa ancora quali saranno le protagoniste, non si sa con quali regole, con quali limitazioni; penso, o meglio temo, che sarà ancora una volta una stagione di <transizione> (ma cosa c’è nel nostro bel paese di più definitivo del provvisorio?), con le solite sistematine tanto per dare un contentino qua ed uno là, con regole dettate di fatto dai più forti, da quelli che dicono “o così o me ne vado”. Sono da decenni, ormai, un innamorato di questo sport ma forse proprio per questo mi vedo realista e, di conseguenza, non un gran che ottimista, anche se spero di venir prontamente smentito.

HT: Vorremmo un suo commento alle prime dichiarazioni del Consigliere Federale Settore Hockey, Franz Sinn rilasciate alla radio e presenti sul nostro sito.

CP: Mi auguro che la parte buona di esse non sia solo il “proclama elettorale” di un neo-eletto; spesso in passato certe affermazioni sono state fatte da altre persone ma, come dice lo stesso Sinn, certi problemi e certe <cose> esistono da tanti, troppi anni nell’hockey italiano. La valorizzazione dei giovani, la limitazione del numero e l’attenzione alla qualità degli stranieri sono <cavalli> già cavalcati in passato senza che di fatto il nostro hockey abbia conosciuto evoluzioni tangibili. Di certo va detto che alla base di tutte anche le buone intenzioni deve stare la professionalità delle varie componenti coinvolte: una Federazione forte, decisa e con obbiettivi chiari e programmati quantomeno sulla media scadenza e società più responsabili e consapevoli del proprio ruolo, capaci di operare con realismo, non solo egoisticamente ed unicamente legate alla propria realtà ma capaci di avere un occhio di riguardo anche all’interesse generale, quello del movimento. Dovranno essere curati anche gli obbiettivi <non tecnici> di sempre: una strategia <aziendale> nei rapporti con i media (stampa, radio e televisioni) e una giustizia sportiva trasparente, efficiente, immediata ed equa, tanto per citare un paio di esempi …

HT: Mercato: indipendentemente dai nomi in quale direzione si dovranno muovere le singole società per prepararsi alla prossima stagione?

CP: Mi piacerebbe sperare che, con professionalità, si guardasse a valorizzare quanto di buono abbiamo sin qui costruito e si puntasse a <pescare> stranieri in grado, al di là dei numeri e dei (più o meno veri, autentici) blasoni, di dare reale qualità alla loro presenza, non solo in termini di gioco e di spettacolarità ma anche in termini di eredità da trasmettere. Si vadano pure a cercare gli oriundi, patrimonio importante anche per la Nazionale, ma solo se veramente bravi, di qualità; si cerchino insomma nuovi Simioni, Pellegrino, Orlando, Bagnalo, Farelli, Camazzola, Corsi, Rosati (ne cito solo alcuni fra i tanti) e non gente che ha le stesse potenzialità ma porta via il posto in campo ai giovani italiani! Scopro l’acqua calda se esorto a spendere un po’ meno per le prime squadre e ad investire risorse nel far crescere il livello tecnico dei vivai (con allenatori preparati, stages all’estero, ….) con l’evidente successiva ricaduta in chiave sportiva ma anche economica, ma anche poi ad utilizzare quanto costruito, ad impostare le squadre su questo patrimonio. Purtroppo troppo spesso appare più comodo andare a raccogliere qua e là, spesso all’estero ma altrettanto spesso senza grandi risultati, giocatori <costruiti> da altri; questo non potrà mai dare un grande futuro all’hockey italiano. Spero quindi di vedere squadre giovani, integrate da validi e seri professionisti, nel rispetto dei bilanci ma anche dello spettacolo; spero di rivedere tanti appassionati che vanno allo stadio per sostenere la propria squadra, e non solo nei play off. Saperli coinvolgere, interessare, attirare sarà un’altra importante scommessa delle società italiane.

HT: Capitolo nazionale; come giudica i risultati appena ottenuti ai mondiali?

CP: Sorprendenti! Confesso che quando ho visto la lista delle convocazioni sono rimasto un po’ perplesso su certe scelte, sia in materia di presenze che di esclusioni. I risultati hanno poi dato ragione a chi ha fatto quelle scelte, almeno ad Eindhoven; mi auguro però che per Torino, dove sarà evidentemente tutta un’altra musica, siano chiamati a far parte del gruppo anche altri giocatori.

Ringraziamo Cesare Pivotto per la disponibilità

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