Intervista a Cesare Pivotto de “Il Giornale di Vicenza”

Intervista a Cesare Pivotto de “Il Giornale di Vicenza”

HT: Alla luce dei risultati finali di questo campionato un suo commento sulla stagione appena conclusa ed una valutazione qualitativa di quanto espresso sul ghiaccio.

CP: Quella andata da poco in archivio é stata l’ennesima stagione "anno zero" che però non sembra aver di fatto gettato basi attendibili per un "futuro migliore"; é stato ancora una volta un anno interlocutorio, con la speranza che "l’interlocutorio" possa portare presto a qualcosa di definitivo, e di positivo. Era evidente fin dal principio che 15 (squadre ovviamente) era un numero che suonava stonato, quantitativamente e qualitativamente, per il povero, asfittico "spaghetti-hockey". Di fatto, comunque, nonostante le perplessità della vigilia, devo dire che l’immagine finale di questo sport dopo l’assegnazione del 70° scudetto non é senz’altro peggiorata rispetto a quella delle stagioni passate e che, compatibilmente con la situazione contingente, può anche avere dei connotati positivi.

HT: Vorremmo un suo giudizio sulle singole squadre che hanno dato vita a questo campionato:

CP: Quella 2003/04 era una stagione partita segnatamente all’insegna di un Milano favorito d’obbligo, con Asiago e Bolzano un gradino sopra a Fassa, Merano ed Alleghe nel recitare il ruolo delle antagoniste per la vittoria finale. Milano alla fine ha rispettato il pronostico, vincendo il terzo scudetto consecutivo meritatamente, avverbio che si lega non solo al livello qualitativo del suo organico ma anche alla maggior capacità di tirar fuori il meglio nei momenti cruciali. L’Asiago ha recitato la sua parte, sperando fino all’ultimo (vanamente) di riuscire a bruciare sul traguardo l’ormai storica avversaria milanese, ma pagando duramente lo scotto di un gioco non sempre incisivo, di qualche elemento qualitativamente assai poco "pesante" e di una ancor giovane abitudine a vincere (quando veramente conta). Il Fassa deve considerare sostanzialmente positivo il terzo posto finale, sopratutto alla luce di una stagione tormentata dagli infortuni; forse però alla vigilia in casa ladina si puntava magari alla finale! Sorpresa per il Cortina, tornato dopo tanti anni nella massima divisione e subito capace di creare problemi alla corazzata Milano, di estromettere senza rispetto il Bolzano dalle semifinali, di conquistarsi un quarto posto più che onorevole; buoni gli arrivi ed i cambi fatti in corsa ma il castello costruito dalla dirigenza ampezzana è ora atteso per una conferma alla prova della prossima stagione. Delusione totale per il Bolzano, lontano dal podio anni luce, e non solo in termini numerici di classifica, infrantosi miseramente sullo "Scoglio dei Quarti" a Cortina; sulla carta formazione da lotta per il titolo ma … Una delle piazze storiche dell’hockey italiano che deve necessariamente provvedere ad una rifondazione. Così come ha deluso alla distanza l’Alleghe, squadra da cui ci si attendeva molto anche per un organico per buona parte di scuola indigena qualitativamente di buon livello, ma che non ha evidentemente trovato le giuste alchimie di spogliatoio. Altra altoatesina delusa il Merano, partito con malcelate ambizioni di ben figurare ma mai riuscito ad esprimere autentiche potenzialità per le zone alte della classifica. Il Renon la sua stagione l’ha già vinta entrando nei playoff (a spese del Torino-Valpe); per la squadra di Collalbo un ottavo posto che premia il buon lavoro fatto e la qualità di alcune scelte azzeccate, fra cui quel Blanchard, difensore che sembra essere un interessante argomento di mercato per la prossima stagione. Continuando a scorrere la classifica finale tocca al Varese, tornato in serie A con un’eterogenea pattuglia e con un bilancio che può essere archiviato in positivo, dopo la vittoria dei playout e la conquista del diritto a restare nel novero della massima divisione; anche per i varesini la prossima sarà una stagione di verifiche importanti in prospettiva. Ultima delle protagoniste della serie A 2004/05 sarà il Brunico, volonterosa piazza "dura a morire", certamente condizionata nella qualità da non certo facili problemi di ordine economico ma comunque orgogliosa e capace di esprimere buoni prodotti locali. Per le cinque retrocesse Torino-Valpe, Gherdeina, Egna, Caldaro e Appiano vale un po’ per tutte il discorso di una certa "forzatura" nel volerle annoverare nella massima divisione, mentre il loro habitat naturale era forse ancora quello di categoria inferiore dove far maturare esperienza ed organizzazione; squadre probabilmente poco pronte sia in quanto ad organico che ad organizzazione per competere ai livelli delle altre, con un discorso a parte per il Torino-Valpe, una multinazionale (come spesso é stata definita) introdotta con eccessiva forzatura di tempi nel campionato e che non ha avuto modo e tempo per far amalgamare tante eterogenee personalità, non sempre di valore.

HT: Qual è secondo lei il giocatore che valuta come il migliore della stagione e che ha espresso il miglior hockey?

CP: Sintetizzare in una sola persona l’immagine del miglior hockey é impresa ardua, se non impossibile, anche perché ritengo ingeneroso nei confronti di altri calare su due soli pattini una sorta di essenza dell’essere. L’importanza e la qualità di un giocatore sono poi anche da porre in relazione al modo in cui l’osservatore valuta l’hockey ed i ruoli, e così ci si chiede se sia più grande un portiere pigliatutto o un grande realizzatore, un playmaker che fa girare la squadra o un arcigno, invalicabile difensore stile "diquinonsipassa". Ritengo che quest’anno si siano visti ancora una volta tanti stranieri mediocri, a volte addirittura irritanti, ma anche giovani di buon livello affacciarsi in maniera interessante (lo ha dimostrato anche la buona qualità espressa ad Asiago dalla Nazionale Under 18 nel corso del Mondiale di categoria). Preferirei quindi segnalare dei nomi distinguendoli per ruolo. In un novero di portieri inaspettatamente forse di buon livello medio (comprese le giovani leve nazionali, come Tragust, Mussner …) il migliore rendimento é stato espresso dall’asiaghese Francois Gravel (solo un paio di incertezze proprio in finale dopo una stagione grandissima) con il milanese Muzzatti ad inseguire, se non altro per una minor continuità. Negli ambiti difensivi Milano disponeva di un pacchetto solido, esperto e ben equilibrato, ma sono state parecchie le individualità di buona caratura anche se la sorpresa più interessante é stata sicuramente il terzino canadese del Renon Sean Blanchard. Fra gli attaccanti conferme per nomi eccellenti, come i vari Chitarroni e Beattie, tanto per citarne un paio, ma un’altra di quelle sorprese positive che meritano segnalazione é a mio avviso il cortinese Jorgen Rickmo.

HT: Come giudica l’iniziativa federale di dare vita il prossimo anno ad un campionato a 10 squadre e cosa si aspetta da essa?

CP: Direi, e non sono certo il solo a dirlo, che 10 é, o dovrebbe essere, una sorta di numero ideale per l’hockey italiano, tenuta in debito conto la reale entità del movimento; le attese sono quelle di sempre: vedere del buon hockey e, guardando anche al futuro, vedere crescere il "parco giocatori italiano", magari con un pizzico di entusiasmo e fiducia in più ai giovani emergenti, anche per dare un senso al lavoro fatto spesso bene ed ai soldi investiti nei vivai.

HT: Mercato: indipendentemente dai nomi in quale direzione si dovranno muovere le singole società per prepararsi alla prossima stagione?

CP: Visto quanto detto sopra spero che le Società, anche non dimenticando la quadratura dei bilanci, trovino il coraggio di valorizzare il patrimonio di giovani italiani di cui dispongono; e poi speriamo finisca l’esterofilia ad ogni costo! Non basta certo venire da un qualsiasi stato estero per essere buoni giocatori, ergo: meno stranieri ma migliori. Migliorerà la qualità del gioco? Non lo so, ma quel che é certo é che se proprio si dovrà piangere, almeno lo si farà senza recriminare. Non é certo edificante, né saggio, vedere in campo giocatori "professionisti" incapaci di entusiasmare ed anzi al contrario in grado di far rimpiangere lo spazio negato a giovani indigeni.

HT: Capitolo nazionale; come giudica i risultati appena ottenuti ai mondiali?

CP: Positivamente. Con il solo rammarico di quella sconfitta, ma soprattutto di quei pochi minuti contro la Slovenia costati una promozione che, carte alla mano, si sarebbe anche potuta raggiungere e meritare. Il positivamente va riferito al fatto che sono stati parecchi gli italiani (fra in quali, da asiaghese, permettetemi di segnalare l’esordio positivo di Cirone ma soprattutto la consacrazione di Luca Rigoni) che hanno saputo dare un apporto importante, capaci di trovare una dimensione stimolante nel gruppo.

HT: Crede che la presenza della squadra torinese nella massima serie nazionale possa essere un incentivo per il nostro movimento in vista delle Olimpiadi?

CP: Sì, ma non necessariamente solo torinese. Voglio dire: l’hockey é uno sport decisamente spettacolare ed affascinante ma altrettanto decisamente troppo "chiuso" in ambiti ristretti di territorio per esplodere come meriterebbe , almeno secondo gli estimatori di questa disciplina. Quindi, ma sono decenni che di questo si parla (purtroppo senza risultati), ogni allargamento dell’orizzonte e della valenza territoriale é da considerare positivo. A patto però che non si leghi al solo evento o al solo momento. L’augurio é che le Olimpiadi 2006 riescano a ridare linfa vitale all’hockey soprattutto creando interesse attorno a questo sport e stimolando la nascita o la crescita di realtà nuove o la ripresa ed il consolidamento di altre "piazze". Benvenga quindi un Torino forte, ma non solo per preparare il 2006, ma benvengano anche altre "new entry" o ben-ritornino squadre che possano garantire all’hockey su ghiaccio linfa nuova ed un futuro migliore, quel futuro che questo sport merita e che aspetta da tanto, troppo tempo .

Ringraziamo Cesare Pivotto per la disponibilità

Ultime notizie
error: Content is protected !!