Alvise di Canossa a Spazio Hockey

Alvise di Canossa a Spazio Hockey

di Marco Depaoli:

Di seguito l’intervista al presidente del Milano Vipers Alvise di Canossa, tratta da Spazio Hockey, rubrica in onda dalle frequenze Radio Padania Libera condotta da Edoardo Tin, Marco Depaoli e Fabio Dragoni, registrata venerdì 6 febbraio 2004.

SH: «Ci stiamo avvicinando alla fase decisiva della stagione, i play-off, e il Milano ancora una volta è lì in testa in una sorta di campionato “tutti a caccia dei Vipers”».

ADC: «Sicuramente il Milano è in una condizione piuttosto buona, la squadra ha reagito bene anche durante il periodo invernale quando con molti infortuni avevamo una rosa estremamente risicata. Tutto sommato l’amalgama dello spogliatoio della squadra è tale da aver potuto resistere tranquillamente e aver condotto un periodo invernale molto buono».

SH: «Ieri c’è stata in galleria Vittorio Emanuele una conferenza stampa che l’ha vista protagonista, ospite l’assessore allo Sport di Milano Brandirali, e s’è parlato del progetto di costituire per ogni centro sportivo di Milano una sorta di “cittadina” dedicata a una determinata disciplina».

ADC: «Ieri sono state dette sicuramente delle cose molto importanti anche in termini di comunicazione legate alla situazione generale della nostra federazione. Lo sport che viene chiamato “minore” ha bisogno di una maggior visibilità, di una maggior presenza e quindi c’è bisogno di un supporto istituzionale maggiore che non significa solamente la ricerca di denaro, che diventerebbe la cosa forse più banale anche se la più difficile, ma proprio una progettualità, una pianificazione di situazioni per cui di fatto gli sport che avevano fino a qualche anno fa un posto dove potersi esprimere al meglio nella città di Milano, oggi a poco a poco stanno sparendo. E questo specialmente nell’ambito del ghiaccio è un fatto molto evidente: abbiamo perso il Saini, abbiamo perso il Piranesi, tutto sommato abbiamo perso anche il Forum. È rimasto l’Agorà con alcuni problemi abbastanza importanti. La posizione del Comune e quello che Brandiraghi ha detto è sicuramente interessante, io però non riesco veramente a capire se non c’è una pianificazione nell’ambito generale del Comune come è poi possibile creare effettivamente queste risposte».

SH: «Anche perché ricordiamo benissimo l’anno scorso in quella che fu la presentazione di Continental Cup, Brandiraghi dire che avrebbero costruito un nuovo palazzetto dello sport, o per lo meno un nuovo palazzo del ghiaccio».

ADC: «Il problema che Bruno Pizzul ieri sera ha sollevato in un suo intervento, molto utile per poi poter proseguire il confronto, è: “si, però c’è un piccolo problema, che se per caso Milano concorresse per le olimpiadi del 2016, tutti questi programmi e questi progetti si chiuderebbero immediatamente perché tutte le risorse verrebbero concentrate su quel programma”. L’altro aspetto è che, è vero, è stata presentata l’ipotesi di Rogoredo, ma se dobbiamo dare atto al Comune di un certo tipo di pianificazione, per quanto riguarda la tempistica ne riparleremo tra 7, 8 anni. Anche da un punto di vista decisionale, a livello istituzionale, i tempi poi sono lunghissimi. Oggi l’hockey, o lo “sport minore” milanese, soffre della mancanza anche di soluzioni impiantistiche che possano agevolare le giovanili, possano portare i ragazzi a impratichirsi in qualcuna di queste discipline e magari poi diventare l’ossatura centrale di quello che si diceva ieri, della ricerca della bandiera di questi sport, rappresentata dalla nazionale».

SH: «Nazionale che, come è stato detto, deve fare da traino rispetto a tutte le altre società, e non viceversa. Non devono essere le singole società a portare aventi il movimento ma ci deve essere un programma di comunicazione della nazionale, come nel rubgy, dove per il 6 Nazioni si riescono a portare allo stadio tantissime persone anche se sanno tutti delle irrisorie possibilità che ha di vincere la nazionale del pallone ovale. Ma tornando al problema dei palazzi del ghiaccio, l’Agorà ormai da anni rimane inadeguato a ospitare una squadra come il Milano Vipers. Si sentiva parlare anche di ammodernamenti di questa struttura».

ADC: «Bisognerebbe girare la domanda alla proprietà dell’Agorà, ma diciamo che dal nostro punto di vista l’impianto che fino ad oggi ci ha ospitato e ha cercato di fare di tutto per ospitarci, al momento lo riteniamo abbastanza inadeguato. Nel 2003/2004 in un programma di comunicazione, di appetibilità, di avvicinamento ad un pubblico sempre più vasto, a una realtà sportiva come può essere l’hockey, l’Agorà purtroppo non risponde minimamente a queste esigenze, non è in grado di offrire e/o garantire una qualità di accoglienza che oggi una città come Milano merita. Noi stiamo attentamente valutando soluzioni alternative perché così ci sembra molto difficile pianificare anche negli anni successivi. Questo l’assessore Brandiraghi lo sa, è una cosa che noi abbiamo comunicato più di una volta come abbiamo detto anche alla nostra federazione, più o meno un anno fa, che la comunicazione del Milano non era sufficiente a sostenere il movimento. Il Milano è stata una sorpresa quando è arrivato, ha vinto e ha fatto in modo assai degno tutto il suo percorso. La comunicazione derivava un po’ dalla sorpresa di questa nuova squadra che si presentava sulla scena in un modo vincente. Ma oggi ha un po’ esaurito la sua funzione. La federazione non ha sostituito nulla, non ha aiutato se era possibile aiutare nuove figure di società o squadre che potessero in qualche maniera supportare o aiutare anche quello che stiamo facendo. Si ritorna all’esigenza di una federazione che pianifichi, sviluppi un suo progetto di comunicazione a sostegno del movimento».

SH: « Visto che si parla di pianificazione per il futuro, per quanto riguarda le giovanili, dalla Sua gestione si è partiti un po’ come un “anno zero”. Avete iniziato con una quindicina di ragazzini, e adesso siamo arrivati ad un primo piccolo frutto, far giocare un giocatore 100% vivaio Milano Vipers in prima squadra. Per quanto riguarda il futuro, si penserà sempre di più su un prodotto fatto in casa o…»

ADC: «I Vipers hanno una duplice funzione. La parte agonistica: la prima squadra che deve essere strutturata in modo tale da garantire una qualità di gioco, una serietà, lealtà, capacità, ecc. ad alto livello. Non per nulla è una delle 7 squadre al mondo con la certificazione di qualità, fatto già di per se stesso particolare. Questo serve per trainare i giovani perché la funzione sociale che una società sportiva ha è sicuramente quella di integrare e aiutare i giovani a potersi avvicinare allo sport, in questo caso all’hockey. Noi abbiamo un giovane che oggi gioca in prima squadra, abbiamo altri due giocatori che stanno crescendo molto bene… Il problema che abbiamo adesso è che abbiamo raggiunto 128/130 ragazzi nelle varie categorie giovanili e non riusciamo più a fornire spazio ad altri per mancanza di ghiaccio. Questa è un’altra delle motivazioni per cui abbiamo diviso le soluzioni tra Sesto San Giovanni e l’Agorà, ma così non ci va più bene. Stiamo valutando una soluzione alternativa. La capienza del nostro settore giovanile potrebbe essere intorno ai 200, e quindi dare la possibilità ad altri di avvicinarsi».

SH: «Una piccola domanda politica. Nell’ultima finanziaria sono stati votati dei finanziamenti per quanto riguarda i settori giovanili di calcio e basket. Se questo provvedimento si allargasse anche agli altri “sport minori”, quanto inciderebbe sulla crescita dell’hockey non solo a Milano?»

ADC: «Sarebbe fondamentale, ma nella nuova finanziaria è stata introdotta anche una nuova normativa: per quanto riguarda le squadre dilettantistiche, le eventuali sponsorizzazioni, fino ad un importo di 200.000 euro, sono fiscalmente deducibili. Questo significa che per le squadre dilettantistiche si apre la porta di un rapporto con eventuali sponsor che possono chiaramente contribuire alla loro crescita e al loro mantenimento, ed averne anche un vantaggio fiscale. Per cui da un lato il governo è intervenuto in supporto ad attività chiamiamole professionistiche, dall’altra è intervenuto, non potendo probabilmente erogare fondi per mancanza degli stessi, agevolando il rapporto tra privato e privato. Questo potrebbe essere una chiave di lettura che dovrebbe essere comunque comunicata e in ogni modo allargata dal punto di vista della conoscenza delle aziende. E questo potrebbe garantire anche alle squadre dilettantistiche di avere un rapporto di sponsorizzazione positivo».

SH: «Tralasciando le soddisfazioni che sta portando questa, diciamo, banda di vecchietti ancora molto arzilli, occorre guardare anche al futuro. Vi state già guardando in giro su quello che potrebbe/non potrebbe offrire questo mercato?»

ADC: «Sicuramente, su due fronti. Continuiamo ad alimentare un progetto europeo, l’ipotesi di lavoro che Milano venga coinvolto sempre in un torneo a livello internazionale. Prima o poi speriamo di poterci portare anche a casa un trofeo: ormai sono tre anni che ci proviamo con alterne fortune. Un po’ per colpa nostra, un po’ per bravura degli altri, un po’ perché non ci siamo riusciti contro lo Zurigo, comunque qualche cosa abbiamo già fatto. La squadra ha quindi l’esigenza di cercare delle soluzioni tecnicamente valide. Poi c’è anche un altro aspetto interessante, che pur non dimenticando di avere un’ossatura di italiani che rimane come base di lavoro (perché questo comunque deve rimanere), per il prossimo anno si apre un mercato totalmente nuovo, ovvero i Paesi dell’Est che entrano nella Comunità europea. Questo potrebbe alimentare anche la nascita di nuove formazioni perché i costi per la costruzione di una squadra potrebbero essere ancora più bassi di quelli di questi anni».

SH: «Il campionato che ci siamo ritrovati quest’anno, con 15 squadre, è stato fin adesso migliore, come beneficio del movimento, rispetto al campionato a 6 squadre dell’anno scorso o no?»

ADC: «Senz’altro si. L’unico difetto, se vogliamo, è che alcune di queste quindici, diciamo 2 o 3, probabilmente non erano troppo all’altezza di poter giocare in serie A e questo ha determinato una serie di partite, passatemi il termine, un po’ inutili. Anche da un punto di vista dell’affluenza del pubblico e di quant’altro. L’entrata del Torino, del Varese e del Cortina ha ridato una visibilità sull’arco alpino estremamente più complessa rispetto a prima. Certo, non giochiamo 17 volte con l’Asiago come è successo l’anno scorso, perché non avrebbe senso. Credo che un campionato potrebbe essere molto equilibrato tra 10 e 12 squadre, con una fascia di squadre di prima grandezza e un secondo gruppo che, come nel calcio e come in tutti gli altri sport, fa comunque un campionato e le grandi squadre le incontrano sostanzialmente un paio di volte a stagione. Questo se è accompagnato, scusate se torno a ripetermi ma secondo me è fondamentale, da una pianificazione e una comunicazione federale che spinge il movimento attraverso l’utilizzo della nazionale. Oggi la nazionale sta giocando ai confini con l’Austria; io ritengo che la federazione dovrebbe promuovere un avvenimento di questo genere anche in una città come potrebbe essere Milano, Asiago piuttosto che in una città nuova che si avvicina all’hockey per la prima volta. Bisogna fare una serie di interventi che permettano al pubblico di avvicinarsi ad uno sport che rimane comunque ancora estremamente appetito».

SH: «Vorremmo girarle una domanda che è stata fatta dai nostri ascoltatori, riguardo ad un “rumor” letto sul sito dell’Nhl concernente un grande campione quale Mike Modano, intenzionato il prossimo anno a provare l’esperienza di un campionato europeo, magari quello italiano di cui è originario. Il Milano ci farebbe un pensierino?»

ADC: «In assoluto certamente si. Diciamo che dipende un po’ dal tipo di torneo a cui andiamo a giocare la prossima stagione. Non avrebbe senso alimentare una squadra a un livello con giocatori come questi per giocare con squadre che non se lo possono correttamente permettere, il che significherebbe distorcere i valori del campionato perché diventerebbe anche assurdo avere dall’altra parte una squadra costretta comunque a vincere. Se c’è un’iniziativa che nello spazio di un paio d’anni, un paio di stagioni, porti alcune di queste squadre, queste 8/12 squadre, a dei livelli elevati di qualità, allora giocatori di questo genere, magari alla fine della loro carriera ma che con noi potrebbero ancora fare una figura stratosferica, potrebbero tranquillamente venire a giocare nei Vipers».

SH: «Martedì si torna ad Asiago, e quando il Milano sale sull’altopiano la partita diventa fuori dal comune. Come la vede questa partita?».

ADC: «Stravolgendo un po’ la filosofia della squadra dei primi anni siamo diventati una formazione d’attacco: anche la difesa tende a spostarsi in avanti (Cowie, Insam…). L’Asiago ha un attacco fortemente meno prolifico del nostro ma una difesa arcigna tra cui si distingue, a detta di tutti, un portiere eccezionale che è Gravel. Quindi sta tutto nella nostra capacità di segnare per primi e evitare di essere presi in contropiede, perché ogni volta che siamo sorpresi in contropiede abbiamo qualche tremore. Abbiamo perso solo una partita in campionato, segniamo moltissimo, ma qualche gol di troppo lo prendiamo».

SH: «Un’ultima domanda, riferita alla storia recente della città: siamo riusciti finalmente a rivedere due colori che hanno fatto la storia del Milano. Un commento su questa vicenda, su quanto sia stata assurda e quanto in fondo sia stato bello rivedere questi colori sul ghiaccio».

ADC: «Fin dall’inizio è stato quasi l’impegno numero uno di quando io ripresi in mano la squadra, di farla rivestire con i suoi colori naturali. Ne parlavo con Massimo Moretti l’altro giorno, incontrato a San Paolo del Brasile, e abbiamo un po’ ripercorso i suoi primi anni intorno all’85/86, e quindi l’assurdità di non avere i nostri colori sulle nostre maglie. L’abbiamo trovato assurdo e pesante fin dall’inizio. Devo dire che sono molto contento anche che il dr. Quintavalle alla fine abbia capito che era una situazione non percorribile e ha provato a cercare una soluzione accettabile per tutti. Per cui di fatto siamo potuti tornare a rivestire i nostri colori rossoblu. E devo dire che rivisti in campo, erano tanti anni che non li vedevo, erano molto belli».

SH: «È un caso che si siano presentati proprio contro il Cortina?»

ADC: «No no, non è un caso. Però è diventato un avvenimento, diciamo che il Cortina che ci ha fatto rinascere ha assistito anche al definitivo ritorno di tutto il complesso società-squadra-colori come era il vecchio Milano e com’è il nuovo Milano».

SH: «Ringraziamo il presidente Alvise di Canossa per la disponibilità.»

ADC: «Se posso fare un augurio, spero di rivedere la prossima stagione sia il Torino sia il Varese giocare la Final Eight insieme a noi».

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