Fox Sports si tinge d’Azzurro con Roberto Marchesi

Fox Sports si tinge d’Azzurro con Roberto Marchesi

(Colonia) – A memoria d’uomo dai Mondiali del 1994, disputati in Italia, in avanti mai una troupe televisiva aveva seguito assiduamente gli Azzurri con l’inviato di turno collegato in diretta con lo studio a snocciolare le ultime notizie sul Blue Team.
Sebbene in questi anni l’hockey italiano, televisivamente parlando, sia stato abbandonato a se stesso, Fox Sports ha avuto l’ardore di raccogliere la sfida che potrebbe dare nuova linfa alla visibilità dell’hockey e un nuovo slancio ad uno sport troppo spesso bistrattato.

Alla Lanxess Arena abbiamo incontrato l’inviato del canale satellitare, Roberto Marchesi, il quale, senza nascondere imbarazzo, ha trovato divertente esporre l’idea di Fox Sports e il suo obiettivo con l’acquisto dei diritti televisivi delle partite dell’Italia.

Conoscevi l’hockey prima di questi Mondiali?

Sì, ho sempre seguito tantissimo l’NHL. Di riflesso qualcosa del Milano Vipers e Milano Rossoblu, ma da occasionale. L’NHL sì, perché con Fox Sports c’è un progetto in atto di approfondimento sugli sport americani che è sempre importante. Come è stato quest’anno con NFL, MLB e NHL, noi abbiamo fatto un lavoro costante, basta pensare a USA Sport Today, un programma di approfondimento con gli highlights, servizi, storie da raccontare. Fortunatamente abbiamo chi lo sa e lo può fare per noi, perché se è vero che io, Niccolò Trigari e Marco Russo conduciamo la trasmissione, poterne parlarne con Pietro Nicolodi e Danilo Freri, Roberto Gotta, il più grande esperto di sport americani in Italia, e quando si tratta di football c’è Nicola Ruggero, allora diventa un bello scrivere e vivere quello che stiamo facendo. La trasmissione ha un suo seguito, c’è chi le chiama nicchie, ma è riduttivo. E’ chiaro che non c’è il trasporto o il seguito del calcio, perché poi il riferimento rimane questo sport, però hanno più di una dignità, c’è tanto altro dietro ed è giusto che quella nicchia, se di nicchia si tratta, abbia comunque un prodotto di alto livello. Credo che Fox Sports risponda bene a questa domanda. L’ha fatto con il Super Bowl e lo sta facendo con questi Mondiali, tra i due sport vedo molto similitudini nella gestione delle realtà italiane di hockey e football (costo delle trasferte, noleggio dei campi o piste ecc., ecc.).

Quando hai saputo di venire a Colonia?

Circa un mese fa. Me l’avevano accennato, dovendo sistemare tutti gli incastri con gli impegni che avrei perso o non avrei potuto fare venendo via per quindici giorni. Ho una serie di programmi che faccio costantemente: la Premier League Darts era una di queste, l’appuntamento costante con USA Sport Today, anche se tanto di quella trasmissione verrà fatto con materiale registrato qua. Sono contentissimo della possibilità che mi ha dato Fox Sports di vivere questa realtà dal vivo e non solo in TV.

Come si svolge il tuo lavoro qui a Colonia?

Va tutto diviso e rapportato al giorno della settimana, il palinsesto di Fox Sports ha la precedenza; l’idea è quella di aprire a chi non sa niente di hockey e far vedere la bellezza di questo sport, perché, tornando al discorso di prima, delle nicchie, in percentuale, quanti davanti alla televisione durante una match di calcio, e il collegamento con lo studio nel pre e post partita sanno di cosa si parla? Quindi bisogna cercare di trovare quell’equilibrio nel non dare fastidio a chi di hockey ne sa quanto te, e sicuramente ne sa più di te, e al tempo stesso provare ad affascinare, coinvolgere ed emozionare chi sa solo che bisogna segnare. L’obiettivo a lungo termine a questo.
Il lavoro qui a Colonia si svolge stando con la Nazionale, mostrare come vivono gli Azzurri. Con i ritmi serrati e le partite anche in meno di ventiquattr’ore diventa anche difficile provare a disegnare altre cose. Noi abbiamo raccontato il primo giorno, gli allenamenti, qualche curiosità. Proveremo a mostrare la quotidianità: come si riposano, cosa mangiano, come si prepara una partita, come si prepara fisicamente un giocatore, che potrà sembrare banale per l’appassionato di hockey, quali protezioni indossa, il rito della vestizione. Uno spaccato che va raccontato tutto.
Ci sarà una sorta di reportage finale su quello che è stata questa esperienza, perché bisogna mostrare che tipo di realtà è questa, sia con la Nazionale italiana che tutto il resto; il paradosso è che noi stiamo seguendo la Nazionale che ha meno tifosi presenti qua, quindi mostrare l’atmosfera, l’ambiente che si crea, anche quando la nostra Nazionale si trova a giocare in un’Arena dove ci sono 12.300 paganti, di cui 12.250 hanno la bandiera della squadra avversaria. C’è la forza dei ragazzi che non hanno subìto questo contraccolpo e il messaggio che passa è che l’Italia in Top Division ci può stare, anche se poi lo sanciranno o meno i risultati sul ghiaccio.

Hai avuto modo di conoscere i ragazzi della Nazionale?

Sì, ho avuto modo di incontrarli martedì scorso all’Agorà. Secondo me loro non sono pronti a fronteggiarsi con le telecamere: quante volte gli è capitato di essere intervistati? O di sapere che stanno andando in onda su un canale di prestigio? Penso che dipenda tutto dal percepito, loro si devono anche abituare.
Si vede che sono un gruppo affiatato, compatti, con tanta carica e che c’è tanta voglia di far bene.

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