La figura di Luciano Rimoldi

La figura di Luciano Rimoldi

Si è spento sabato 30 aprile, ad ottantotto anni, Luciano Rimoldi. Storica figura della Federazione Sport del Ghiaccio, ricoprì il ruolo di Presidente dal 1980 al 1992.
Ma chi era Rimoldi? E cosa fece durante i suoi mandati? “Dirigente di notevoli dimensioni  umane e di raro buon senso”, come venne descritto dal giornalista della Gazzetta dello Sport, Carlo Gobbi, Rimoldi, alla vigilia della sua prima stagione al vertice della FISG, si propose di coinvolgere nell’hockey realtà al di sotto del Po, e di puntare sulla stampa per la propaganda di questo sport; d’altronde i Mondiali di Gruppo B, in programma in quella stagione a Ortisei, incombevano e tutta l’attività agonistica era incentrata su questa manifestazione. Se al di sotto del Po la Federazione ci arrivò ad organizzare solo l’All Star Game negli anni ’90, il Mondiale cadetto si tramutò in un grande successo di pubblico e di risultati che consentì al Blue Team di tornare nel gotha mondiale a distanza di ventitre anni. Il tutto condito dalla politica degli oriundi adottata seguendo l’esempio olandese, ma con fortune migliori: grazie ad essi la Nazionale riuscì a disputare due Mondiali di Gruppo A e a qualificarsi alle Olimpiadi di Sarajevo del 1984.

La sua presidenza non fu tutte rose e fiori, Rimoldi dovette fare i conti con qualche spina, come quella che punse l’entourage Azzurro alla vigilia di suddette Olimpiadi, quando Jim Corsi e Rick Bragnalo furono accusati di professionismo e, di conseguenza, squalificati; all’estromissione dei due giocatori si arrivò dopo che alla Finlandia venne vietato di utilizzare il portiere Hannu Kampuri. Per ripicca i finnici inviarono al CIO un elenco di giocatori che comprendeva i due Azzurri. Il Presidente federale fece notare che, in una riunione tenutasi nell’autunno precedente a Gstaad (Svizzera), la Federazione internazionale decise di ritenere dilettanti quei giocatori che non avevano in corso, in quella stagione, contratti professionistici. Il tutto girava sull’interpretazione del regolamento e alla fine la Commissione decise per la squalifica dei due “Italos”. Rimoldi si sfogò con l’inviato della Gazzetta dello Sport chiedendo come mai i giocatori che sottoscrissero contratti con club della defunta World Hockey League non fossero stati sanzionati. Era possibile che la morte di un ente, avvenuta tre anni prima, non producesse più nessun effetto? A fine torneo la massima carica federale dichiarò:

“L’analisi deve essere di tipo settoriale. Nell’hockey abbiamo subito una grossa ingiustizia e ci amareggia il fatto che la IIHF non abbia mantenuto gli impegni presi a suo tempo con grave pregiudizio quindi per le possibilità della nostra squadra. A ben guardare, in pratica, l’obiettivo che ci eravamo prefissati (il quarto posto nel girone) l’abbiamo raggiunto lo stesso e solo il computo arido dei gol fatti e subito negli incontri con le altre contendenti ci ha escluso dallo spareggio per il 7°-8° posto”.

Tre anni più tardi Rimoldi dovette fare i conti con il flop dei Mondiali disputati ad Alba di Canazei, le premesse per ripetere Ortisei 1981 e ottenere la qualificazione all’Olimpiade di Calgary del 1988 c’erano tutte:

“L’assegnazione all’Italia di questi mondiali, nell’anno che precede i giochi olimpici di Calgary è stato un indiscutibile successo, un successo che si accompagna alla crescita di interesse attorno all’hockey su ghiaccio nel nostro Paese”.

Ma i dirigenti non fecero i conti con i capricci Dave Chambers: l’allenatore canadese venne ingaggiato a stagione inoltrata, in sostituzione di Brian Lefley (sì, proprio lui), il quale dopo aver accettato l’incarico a novembre, lasciò la guida della Nazionale due mesi più tardi, dopo aver firmato per il Düsseldorf. Rimoldi trovò l’accordo con Chambers che prevedeva il suo arrivo in Italia al termine dei suoi impegni con la York University. Tuttavia i suoi obblighi si protrassero e il suo arrivo fu rinviato più volte, quando il coach giunse in Val di Fassa comunicò ai dirigenti e al suo assistant coach, Alberto Da Rin, che preferiva lasciare il suo posto al cortinese e che avrebbe ricoperto lui il ruolo di assistente, oppure si sarebbe limitato a quello di osservatore. A peggiorare la situazione ci si mise “L’Alto Adige” che, dopo la gara contro la Francia, lo ritenne colpevole della sconfitta (1-3), titolò un articolo “Chambers, imputato alzatevi” e il nordamericano minacciò di andarsene. L’Italia chiuse al sesto posto (su otto partecipanti), la qualificazione olimpica sfumò e Rimoldi dovette incassare una pesante sconfitta.
Il periodo più difficile della sua presidenza Rimoldi lo visse dopo la morte di Miran Schrott avvenuta nel gennaio del 1992 sulla pista del CourmAosta; una triste vicenda che fece salire l’hockey italiano alla ribalta delle cronache dell’epoca.

Durante il suo ultimo mandato, il Presidente della FISG riuscì ad ottenere, durante il Congresso semestrale della IIHF, tenutosi ad Alghero nel settembre 1990, l’organizzazione dei Mondiali del 1994; un successo che si sommò, sette mesi più tardi, alla promozione in Gruppo A degli Azzurri e alla qualificazione alle Olimpiadi di Albertville ottenute in Jugoslavia sotto la direzione di Gene Ubriaco. La pessima figura fatta al torneo olimpico portò all’esonero di Ubriaco; il suo posto venne preso da Lefley, ritornato sul pancone Azzurro a distanza di cinque anni. Fu l’ultima decisione di Rimoldi. E chi ha vissuto quei favolosi anni, sa quanto fu lungimirante la scelta per lo Spaghetti hockey.

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