il 60° minuto: Saku Koivu saluta l’Hockey giocato

il 60° minuto: Saku Koivu saluta l’Hockey giocato

Dopo gli arrivederci dei grandissimi Ville Peltonen e Teemu Selanne, se ne va in archivio un altro gran bel pezzo di storia recente finlandese con il saluto all’hockey giocato dell’eterno ragazzo di Turku, Saku Koivu che a 39 annetti ha riposto guantoni, pattini e caschetto negli spogliatoi un’ultima volta dopo un’intera carriera che, anche lontano dalla pista ghiacciata, lo ha visto sempre affrontare le innumerevoli circostanze della vita con dedizione e sacrificio.

Cresciuto nel TPS Turku sotto l’attenta visione del leggendario Vladimir Jurzinov nel candore del “grembo materno” della sua città natale, Saku dopo la trafila nelle giovanili cittadine, si guadagna la maglia da titolare in prima squadra a 18 anni e dopo una buona stagione da rookie (con tanto di titolo finlandese) arriva la convocazione con la maglia finlandese sia ai mondiali Under 20 sia per quelli elite.
Il suo nome non passa inosservato e finisce direttamente sulla scrivania dell’allora GM dei Montreal Canadiens, il leggendario Serge Savard, che lo chiamerà al primo giro del ‘93 (n.21) proprio accanto alla Stanley Cup appena sollevata al cielo qualche settimana prima.

Lasciato a maturare nella natia Finlandia, il nome di Saku inizia a farsi conoscere alle grandi platee: col TPS saranno due stagioni memorabili con una European Cup ed un titolo nella SM Liiga in bacheca assieme ad un’incredibile sequela di premi e riconoscimenti personali, il bronzo olimpico a Lillehammer nel ’94 e soprattutto trascinando  la nazionale finlandese al primo titolo mondiale di hockey nel ’95 merito della fortissima linea Lehtinen-Koivu-Peltonen (tutti poi sbarcati con alterne fortune oltreoceano.

La stagione seguente atterra in quel di Montreal e nonostante le sue primissime difficoltà ad ambientarsi al  cospetto del gioco rude dei tagliaboschi nordamericani sui pattini (è alto solo 1,78!), la città lo adotta da subito per la sua classe e dedizione alla causa Habs che, in quegli annetti naviga in acque agitatissime dopo il celeberrimo “schiaffo” di Tremblay al leggendario Patrick Roy, il saluto al glorioso Forum ed i continui cambi ai vertici dirigenziali in casa Canadiens sempre più invischiate nelle zone medio basse nella classifica della Lega.
Qualche infortunio di troppo (specie al ginocchio) limiteranno i primi anni di Koivu mentre nella lontana Finlandia inizia a calzare a dovere i pattini lasciati in casa il fratellino minore Miikko, con Saku nominato primo Capitano europeo in una franchigia in NHL nel Settembre del ’99 e 27imo capitano nella storia dei gloriosi Canadiens.

Nel 2001, un malore durante il traning camp dei Canadiens costringe Saku a ricorrere alle cure mediche con successiva impietosa diagnosi di cancro (linfoma non-Hogkins):  si riprende grazie all’incredibile spirito combattivo che lo contraddistingue e dopo una stagione passata a lottare (e vincere) col cancro Saku, che nel mentre istituiva la Saku Koivu Foundation (con ricavi destinati alla ricerca sul cancro,ndr) si rimette la jersey #11 sulle spalle sul finire della stagione ma ancora una volta la via dei PO sarà breve per la franchigia quebecois ma venendo premiato col Bill Masterton Trophy della Lega volto a premiare la dedizione, sportività e perseveranza nel firmamento dell’NHL.

Negli anni seguenti si riprenderà nuovamente da un gravissimo infortunio oculare che gli provocherò una visione limitata periferica da una parte, ma il solo Koivu non basterà alla causa Habs che, nonostante qualche buonissima stagione regolare, naufraga con cadenza quasi annuale al primo turno in post-season; nella stagione del lockout si riaprono le porte di casa TPS mentre le fortune maggiori arrivano con la maglia nazionale col doppio argento in World Cup (2004) ed olimpico a Torino (2006) e bronzo mondiale del 2007.

Dopo 14 stagioni (di cui ben 10 quali Capitano, al pari del leggendario Jean Beliveau) le strade di Montreal e Koivu si dividono solo sulla carta ma non nel cuore e nell’estate del 2009 vola in quel di Orange County per raggiungere l’agognata la Stanley Cup; l’appuntamento con la tazza non arriverà mai e dopo altri cinque buoni annetti in quel di Anaheim con in mezzo l’ennesimo bronzo olimpico in quel di Vancouver, Saku ripresosi solo di recente da una commozione celebrale a meno di un mese dall’inizio della RS ha deciso di appendere definitivamente i pattini al chiodo per trascorrere più tempo con la sua famiglia lasciando comunque sia una porta aperta all’hockey giocato da dietro la balaustra ma comunque sia nella parte viva del gioco.

Oltre ai numeri, Saku saluta l’NHL dopo ben 1124 partite condite da 255 reti e 587 assist (in post-season solo 80 con 18+40 in cascina) venendo ricordato a qualsivoglia latitudine sulle piste ghiacciate per l’impegno,passione e spirito di sacrificio che lo hanno innalzato tra gli Dei eterni dello sport più bello del Mondo.

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